L’inefficienza della pubblica amministrazione italiana ha dimensioni economiche superiori all’evasione fiscale

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Zabeo (Ufficio studi): «secondo i dati del ministero dell’Economia, l’evasione al Sud sfiora il 60%, al Nord è al 27%»

pubblica amministrazione efficienza burocrazia ufficioIl malfunzionamento della pubblica amministrazione (pa) italiana continua ad avere un impatto molto negativo sull’economia italiana, frenandone la ripresa. E sebbene la comparazione presenti tutta una serie di limiti, in linea di massima si può affermare che l’incapacità, gli sprechi e la cattiva gestione della macchina dello Stato hanno una dimensione economica superiore al mancato gettito riconducibile all’evasione fiscale presente in Italia.  

Secondo l’Ufficio studi della Cgia che ha raccolto ed elencato le principali inefficienze della macchina pubblica e i conseguenti effetti economici che queste criticità producono sul sistema economico italiano, il deficit logistico-infrastrutturale penalizza il sistema economico nazionale per un importo di 42 miliardi di euro l’anno; a questo va aggiunta l’annosa questione irrisolta dei debiti della pa nei confronti dei suoi fornitori ammontano a 64 miliardi di euro, di cui 34 ascrivibili ai ritardi nei pagamenti. A questi, si deve aggiungere il peso della  burocrazia che grava sulle piccole e medie imprese (Pmi)  per un importo di 31 miliardi di euro l’anno, oltre agli sprechi, le inefficienze e la corruzione presenti nella sanità costano al sistema Paese 23,6 miliardi di euro l’anno, aggravata dalla lentezza della giustizia civile che costa altri 16 miliardi di euro l’anno.

In relazione al fatto che queste inefficienze sono tratte da fonti statistiche diverse e che in alcuni casi  i costi si sovrappongono, non è possibile sommarne gli effetti economici, ma non pregiudicano la correttezza del seguente ragionamento che il coordinatore dell’ufficio studi degli artigiani mestrini, paolo Zabeo, riassume come segue: «è possibile affermare con buona approssimazione che gli effetti economici derivanti dal cattivo funzionamento della nostra pa siano superiori al mancato gettito riconducibile all’evasione tributaria e contributiva che, secondo il ministero dell’Economia e delle Finanze, sottrae alle casse dello Stato attorno ai 110 miliardi di euro ogni anno. E’ altresì verosimile ritenere che se recuperassimo una buona parte dei soldi evasi al fisco, la nostra macchina pubblica funzionerebbe meglio e costerebbe meno. Analogamente, è altrettanto plausibile ipotizzare che se si riuscisse a tagliare sensibilmente la spesa pubblica, permettendo così la riduzione di pari importo anche del peso fiscale, molto probabilmente l’evasione sarebbe più contenuta, visto che molti esperti sostengono che la fedeltà fiscale di un Paese è direttamente proporzionale al livello di pressione fiscale cui sono sottoposti i propri contribuenti».  

Secondo Zabero «a scontare gli effetti negativi della cattiva gestione della pa è tutto il Paese anche se, in linea di massima, il Nord è la ripartizione geografica maggiormente penalizzato da questa situazione per almeno due ragioni. La prima, avendo un’economia molto orientata all’export, questi territori avrebbero bisogno di contare su servizi e infrastrutture migliori per competere con maggiore successo nei mercati internazionali.  La seconda, perché la propensione all’evasione fiscale del settentrione è nettamente inferiore che nel resto del Paese. Secondo i dati del ministero dell’Economia e delle finanze  le regioni del Sud registrano livelli di intensità  di evasione che sfiorano il 60%, vale a dire 60 centesimi di gettito evaso per ogni euro regolarmente versato, mentre la media del Nord è del 27%».