Bolzano e Trento le città in cima alla classifica dei rialzi per il caro vita
In Italia la salute dei consumi a livello nazionale è ancora traballante, con l’inflazione che torna a scendere a livello mensile ed annuale, mentre nelle altre tre maggiori economie dell’Eurozona si registrano tendenze crescenti o stabili.
Nel mese di luglio, in Italia i prezzi al consumo sono scesi su base annua a +1,1% da +1,2% registrato in giugno, si tratta del terzo calo consecutivo. In Germania l’inflazione annua è invece salita dall’1,6% all’1,7%, mentre in Francia e Spagna si è confermata stabile rispettivamente a +0,7% e +1,5%.
In Italia l’ulteriore rallentamento dell’inflazione (per il terzo mese consecutivo) si deve principalmente ai prezzi dei Beni energetici, sia regolamentati (+5,0% da +6,2% di giugno) sia non regolamentati (+2,1% da +2,9%) e a quelli dei Servizi relativi ai trasporti (+3,2% da +4,1% del mese precedente), cui si aggiunge il calo dei prezzi dei Servizi relativi alle comunicazioni (-1,4% da +0,1%). L’inflazione di fondo, al netto degli energetici e degli alimentari freschi, scende di un decimo di punto percentuale (+0,8% da +0,9% di giugno), mentre quella al netto dei soli Beni energetici si attesta allo 0,9% (come nel mese precedente). Il lieve incremento su base mensile dell’indice generale è ascrivibile al prevalere degli aumenti, derivanti anche da fattori stagionali, dei prezzi dei Servizi relativi ai trasporti (+1,6%) e dei Servizi ricreativi, culturali e per la cura della persona (+0,8%), rispetto alle diminuzioni registrate dai prezzi dei Beni alimentari (-0,7%) e dei Beni energetici (-1,0%). Su base annua rallenta la crescita dei prezzi sia dei beni (+0,8% da +0,9% di giugno) sia dei servizi (+1,3% da +1,5%).
Secondo l’Ufficio studi di Confcommercio che ha analizzato i consumi delle famiglie tra il 1995 e il 2017, quest’anno la spesa pro capite per alimentari, abitazione e abbigliamento sarà di circa 7.800 euro, pari al 41,5% dei consumi complessivi che sono quasi 17.300 euro. In questi anni diminuisce di 4,5 punti percentuali la quota di spesa complessiva per alimentari, tabacchi e calzature che è assorbita quasi interamente dalla crescita delle spese per abitazione (+5,5%); in aumento la quota di spesa sia per alberghi e ristoranti (+2,4%), per via della crescita turistica e dei pasti fuori casa, che per i servizi sanitari e le comunicazioni (+0,2%); la spesa reale per la telefonia (apparecchi e servizi) è cresciuta in termini pro capite del 240%, passando dal 1995 ad oggi da 109 euro a 371 euro.
Sulla base delle stime Confcommercio, la spesa pro capite degli italiani per i tre capitoli di base dei consumi – alimentazione domestica, spese per la casa e vestiario e calzature – ammonterà a circa 7.800 euro, pari al 45,1% della spesa complessiva (quasi 17.300 euro), inclusi gli affitti imputati (una posta, quest’ultima, che indica il valore del flusso dei servizi forniti dall’abitazione di cui si è proprietari). Il capitolo di spesa più importante è l’abitazione, che comprende gli affitti, figurativi ed effettivi, e le spese per luce, acqua e gas (componenti che inseriamo tra i consumi cosiddetti obbligati). Tra il 1995 e il 2017 l’alimentazione domestica, la spesa per i tabacchi e per il vestiario e le calzature perdono complessivamente 4,5 punti in termini di quota sul totale. Tutta questa perdita è assorbita dalle spese per l’abitazione, che crescono di 5,5 punti in quota. Le ragioni hanno una doppia natura: la socio-demografia e l’inflazione specifica dovuta alla struttura dei mercati nei quali sono offerti i beni e i servizi di questo capitolo. La riduzione del numero medio di componenti familiari implica, a parità di altre condizioni, una riduzione dei risparmi nella gestione domestica (si pensi all’affitto pro capite, alle spese per la luce pro capite e così via). D’altra parte, una frazione della crescita di queste spese è dovuta anche a un effetto reale. I metri quadrati di abitazione fruiti da ciascun abitante sono verosimilmente cresciuti negli ultimi 20-25 anni.
L’altro aspetto che spinge in alto la quota di spesa per l’abitazione riguarda i prezzi dei beni e servizi che la compongono; prodotti e distribuiti sovente in regimi di oligopolio – luce, acqua, gas – queste spese obbligate hanno mostrato una crescita dei prezzi più dinamica del resto del paniere medio di spesa, pari a quasi il 90% rispetto a uno sviluppo medio dei prezzi nell’intero periodo inferiore al 60%. L’altro polo attrattore è rappresentato dagli alberghi e dall’alimentazione fuori casa, che cresce in quota di 2,4 punti percentuali. Le ragioni riguardano oltre la crescita della spesa dei turisti nel territorio italiano, anche la sostituzione dell’alimentazione in casa con quella fuori casa. Questa tendenza è attesa proseguire per il futuro, sebbene a ritmi più moderati rispetto al passato. Confcommercio segnala sia la crescita della quota di spesa per i servizi sanitari sia quella per le comunicazioni. Per la prima, le dinamiche sono governate dall’invecchiamento della popolazione e, soprattutto, da un’interpretazione della cura personale che è prevenzione ed estetica oltre che puramente terapeutica. Nel caso delle comunicazioni, la quota cresce di due decimi di punto e ciò apparentemente contrasta con l’idea di un’invasione della tecnologia delle comunicazioni nella vita quotidiana. L’apparente distonia è spiegata dal fatto che le quote della tabella 1 sono valutate a prezzi correnti e quindi incorporano sia i movimenti dei volumi dei beni e dei servizi acquistati sia dei loro prezzi di vendita. Nel caso della tecnologia, i prezzi sono stati – e sono ancora oggi – fortemente decrescenti e, pertanto, le quote appaiono poco dinamiche, celando il vero e proprio boom registrato dalle quantità: nel periodo considerato la spesa reale per la telefonia (apparecchi e servizi) e’, infatti, cresciuta in termini pro capite del 240% passando da 109 euro a 371 (espressi a valori del 2017).
A livello locale, le città dove l’inflazione e il caro vita è maggiore, secondo l’Unione nazionale consumatori, «si confermano, come sempre, Bolzano seguita da Trento e Genova – afferma il presidente Massimiliano Dona -. Rispetto alla media italiana, una famiglia di Bolzano ha un rialzo del costo della vita triplo. Per una famiglia di 4 componenti si ha una spesa supplementare su base annua di 1.287 euro, contro una media per l’Italia di 425 euro. Segue Trento, dove il rialzo dei prezzi dell’1,8% determina un aumento del costo della vita pari a 919 euro e Genova, dove l’inflazione dell’1,8% comporta un aggravio annuo di spesa di 805 euro. In testa alla “top ten” delle regioni più costose, in termini di rincari, il Trentino Alto Adige, dove l’inflazione del 2% significa, per una famiglia di 4 persone, una batosta pari a 1.081 euro su base annua. Segue la Liguria, new entry in questa classifica, dove l’incremento dei prezzi pari all’1,8% implica un’impennata del costo della vita pari a 724 euro e la Toscana, dove l’inflazione dell’1,5% genera una spesa annua supplementare di 685 euro».