Dolce polemica tra il serio e il reale circa la paternità del Tiramisù

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Scoppia la contesa tra il Veneto e il Friuli Venezia Giulia a seguito della richiesta (accolta) di quest’ultima di inserirlo tra i prodotti agroalimentari tradizionali. Interrogazione al Senato. Zaia: «è una vergogna»

tiramisuLe cronache ferragostane si devono occupare anche di paternità circa uno dei dolci più famosi al mondo, il “Tiramisù”, inventato in quel di Treviso nello storico locale Le Beccherie, che ora, su richiesta della regione Friuli Venezia Giulia, diventa pure in Prodotto agroalimentare tradizionale (Pat) caratteristico del territorio friulano, scatenando le polemiche con il Veneto.

Ma andiamo con ordine. Sabato 5 agosto, l’assessorato alla risorse agricole del Friuli Venezia Giulia annuncia al mondo che il “Tiramisù” su richiesta della regione è stato inserito nella lista dei Pat. Per l’assessore Cristiano Shaurli si tratta di «un risultato importantissimo, una novità che ci riempie di soddisfazione».

La “novità” è contenuta nel decreto del ministero delle Politiche agricole, pubblicato sulla Gazzetta ufficiale del 29 luglio scorso, che ha aggiornato l’elenco nazionale dei prodotti agroalimentari tradizionali, includendovi anche il “Tiramisù” nelle due versioni storicamente originarie del Friuli Venezia Giulia: quella carnica, conosciuta come “Tiramisù” o “Tirimi sù”, un trancio al mascarpone le cui origini vanno ricercate nella Tolmezzo degli anni ’50 dello scorso secolo, presso l’albergo ristorante “Roma”; e quella “bisiacca”, semifreddo in coppa noto come “Coppa Vetturino Ti’rime Su”, servita sempre negli anni ’50 alla trattoria al “Vetturino” di Pieris, in provincia di Gorizia. 

I Pat sono quei prodotti riconosciuti a partire dal 2000 dal ministero delle Politiche agricole, in collaborazione con le regioni, i cui metodi di lavorazione, conservazione, stagionatura sono praticati in un territorio, in maniera omogenea con procedure tradizionali per un periodo continuativo non inferiore a 25 anni.

Per Shaurli «essere in quell’elenco ha una forte valenza culturale, perché oltre a riconoscerne il nome e l’esistenza, ne evidenzia la tipicità, l’appartenenza storica a un territorio, e può anche rappresentare il viatico a un successivo e ancora più importante riconoscimento».

L’iter di riconoscimento del “Tiramisù” friulano quale Prodotto agroalimentare tradizionale è iniziato con una domanda presentata dalla delegazione di Udine dell’Accademia Italiana della Cucina, che ora, attraverso il delegato Massimo Percotto, parla di «ufficializzazione della verità storica sulle origini di un dolce simbolo dell’Italia nel mondo, riferimento permanente alla nostra cultura ed alla nostra maestria gastronomica». L’istruttoria della domanda è stata quindi curata dall’Agenzia regionale per lo sviluppo rurale (Ersa), che ne ha verificato la rispondenza ai requisiti stabiliti dal regolamento ministeriale, e dalla Direzione centrale per le risorse agricole, che ha provveduto alla trasmissione al ministero.

Per il presidente del Veneto, Luca Zaia, l’iniziativa della Regione Friuli Venezia Giulia per il riconoscimento della originalità territoriale del Tiramisù «è una vergogna». Zaia chiede che il decreto del ministro per le Politiche agricole pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 29 luglio sia revocato «altrimenti lo impugneremo». Il presidente veneto ha ricordato che la domanda era stata presentata dall’Accademia della cucina del Friuli Venezia Giulia e poi vagliata da una struttura regionale «legittimamente, ma non è legittimo che venga promulgato un decreto ministeriale senza ascoltare le controparti». 

Alla dolce bordata di Zaia ha rsposto a stretto giro di cucchiaio Shaurli: «sono incomprensibili le polemiche e i nervosismi di Zaia sul riconoscimento del Tiramisù come prodotto tradizionale del Friuli Venezia Giulia. L’iter partito dall’autorevole richiesta dell’Accademia della Cucina – prosegue Shaurli – è stato seguito con attenzione e professionalità dall’Ersa e la documentazione prodotta ha portato a un atto, già pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana, che sancisce l’origine di un piatto e afferma che, seppur famoso ormai in tutto il mondo, questo è nato e appartiene alla tradizione del Friuli Venezia Giulia e al “saper fare” dei suoi abitanti. Non c’è nessun antagonismo o “guerra” in atto, solo l’orgoglio e la volontà di dar merito a chi ha creato quello che è diventato uno dei capisaldi del “Made in Italy” nel mondo. Riconosco certo le capacità “commerciali” dei veneti – puntualizza Shaurli – ma ovviamente conosco anche il “saper fare” friulano, e ne sono orgoglioso». 

Al bellicoso Zaia, Shaurli offre la pace dinanzi ad un “Tiramisù”: «al presidente Zaia ricordo che siamo generosi, perché anche il “Prosecco”, come da disciplinare di tutela, è nato e ha origine in Friuli Venezia Giulia e senza quel nostro comune del Carso nessuna denominazione di origine sarebbe stata possibile. Certo, possiamo essere anche una piccola regione, ma abbiamo grandi qualità, storia e tradizioni che abbiamo intenzione di continuare a tutelare. Se poi il nervosismo dovesse rimanere, invito il presidente del Veneto a venire a rilassarsi sulle nostre splendide montagne. Da Tarvisio a Sappada – conclude – le opportunità non mancano». 

La disfida al cucchiaio sulla primogenitura del “Tiramisù” approderà anche al Senato (in Aula, oltre che alla buvette) su iniziativa del senatore Franco Conte (Ap) che ha presentato una interrogazione al ministero delle Politiche agricole Maurizio Martina, per chiedere, «i motivi per cui è stata riconosciuta al Friuli la tipicità e se il ministero ha rispettato tutti i passaggi di verifica, anche in contraddittorio, che sono previsti ed auspicabili in situazioni in cui nascono contestazioni sulle origini di un prodotto». Conte ricorda al ministro Martina che il “Tiramisù”, come lo conosce il mondo e lo sanno i puristi, è Trevigiano, e contesta quindi la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale che aggiorna i Pat che riconosce al Friuli origini e paternità del goloso dolce. Il senatore sottolinea che «molta letteratura vuole che la paternità del famoso dolce sia data alla città di Treviso» e «su quali siano le reali origini del tiramisù – rimarca – moltissimi non hanno dubbi; lo scrittore, ed esperto di enogastronomia Bepi Maffioli propose per primo l’identificazione storica del “Tiramisù” verso la fine degli anni Sessanta come descritto nel suo libro “La cucina trevigiana”, che raccoglie la storia della cucina trevigiana dal VI secolo alla storia più recente. Secondo Maffioli – prosegue Conte -, la paternità del tiramisù appartiene alla città di Treviso dove la creazione del dolce avvenne verso la fine degli anni Sessanta presso uno storico ristorante locale da parte del pasticciere Roberto “Loly” Linguanotto. Il nome del dolce fu coniato in dialetto veneto “tiramesù” e poi italianizzato in “tiramisù” per le eccezionali capacità ristoratrici e nutrizionali del dessert. Tale identificazione venne ripresa non solo in Veneto, ma in Italia e nel mondo per proporre il “Tiramisù” senza essere mai contestata». 

Chi si frega le mani è il titolare del ristorante “Le Beccherie” di Treviso dove l’allora titolare del locale, Alba Campeol, in collaborazione con il pasticcere Roberto “Loli” Linguanotto, dettero vita al dolce che comparve per la prima volta sul menù del ristorante nel 1971, la cui ricetta originale del locale è stata depositata con atto notarile presso l’Accademia Italiana della Cucina, visto che dalla polemica politico culinaria porteranno tanti a degustare il “Tiramisù”.