In vetta c’è Roma con 126,3 milioni di euro, seguita da Milano con 41,4, Firenze con 30 milioni di euro e Venezia 29,2 milioni
Nel 2016 la tassata di soggiorno ha generato un gettito per le casse dei comuni di oltre 437 milioni di euro, in aumento dell’1,4% rispetto al 2015, quando i comuni incassarono 431 milioni di euro.
In vetta agli incassi il comune di Roma dove l’imposta ha prodotto un gettito di 126,3 milioni di euro; a Milano 41,4 milioni di euro; a Firenze 30 milioni di euro; a Venezia 29,2 milioni di euro; a Rimini 7 milioni di euro; a Torino 6,3 milioni di euro; a Napoli 5,9 milioni di euro.
Lo studio effettuato dalla Uil sulla tassa di soggiorno contiene anche un “excursus” storico dell’imposta che ha visto il suo battesimo nella capitale: correva l’anno 2010, quando fu istituita a Roma per ripianare il deficit comunale (Decreto Legge 78 del 2010). Fu poi reintrodotta strutturalmente per tutti i comuni dal Governo Berlusconi, con il decreto legislativo sul fisco municipale, in attuazione del federalismo fiscale (DLGS 23 del 2011, lo stesso che istituiva l’Imu). Reintrodotta, spiega la Uil, perché in Italia fu istituita per la prima volta nel 1910 per le località termali e balneari e poi nel 1938 estesa alle città d’arte. Fu abolita nel 1989 alla vigilia dei mondiali di calcio del 1990.
Ma come funziona? L’imposta di soggiorno, da istituirsi con regolamento comunale approvato dal Consiglio, può essere applicata da un minimo di 10 centesimi a un massimo di 5 euro per notte di soggiorno (fa eccezione Roma dove l’imposta può arrivare a 10 euro per notte); mentre la tariffa per la tassa di sbarco sulle isole minori è di 1,50 euro a persona. Il relativo gettito è destinato a finanziare interventi in materia di turismo, di manutenzione, fruizione e recupero di beni culturali e ambientali locali, nonché dei relativi servizi pubblici locali.
La stragrande maggioranza dei comuni ha scelto di diversificare le tariffe in basse alle “stelle” attribuite alle strutture. Si paga per una o più notti in albergo, ma non solo: anche i campeggi, i “bed and breakfast”, gli agriturismi, sono toccati dall’imposta. Se nel 2011, anno di esordio di tale imposta prevista dal Decreto sul federalismo municipale, i comuni che avevano optato per l’imposta si contavano sulle “dita di una mano” (Venezia, Roma, Firenze, Catania, Padova, Vieste, Villasimius e pochi altri), oggi, secondo il Servizio politiche territoriali della Uil sono 649 i comuni che applicano l’imposta di soggiorno, sostanzialmente gli stessi comuni del 2015 in quanto, per quest’anno, anche questa imposta è soggetta al blocco degli aumenti decisi a livello nazionale con la Legge di stabilità. A queste prime città o località turistiche, infatti, si sono aggiunte, nel tempo, altre città, che nel NordEst sono Bologna, Vicenza, Verona, Parma, Pesaro, Modena, Ferrara, Ravenna e Rimini. Ma ora la cosiddetta “manovrina correttiva” ha sbloccato l’imposta di soggiorno e già alcuni comuni ne hanno colto l’opportunità come, per rimanere nel NordEst, Riccione, Cattolica, Jesolo e i comuni della cinta di “Gardaland”.
Secondo i calcoli della Uil, a Roma per una notte in un albergo 3 stelle si pagano 4 euro di imposta di soggiorno, per un albergo di lusso 7 euro, in “B&B” 3,50 euro, in agriturismo 4 euro e in campeggio 2 euro. A Venezia, per ammirare il ponte di Rialto, l’imposta di soggiorno di un albergo costa da 2 euro a 5 euro a notte, in B&B 3 euro a notte. A Rimini e Riccione si parte da 0,70 euro a notte per un Hotel a 2 stelle, si sale fino ai 3 euro a notte per un Hotel a 5 stelle; ad Auronzo di Cadore da 1 euro a notte a 1,30 euro.
«In linea generale – afferma Guglielmo Loy, segretario confederale Uil – non siamo contrari a priori a questa imposta: piuttosto che aumentare altre tasse meglio ricorrere a questa leva fiscale, purché essa sia propedeutica a disegnare un fisco locale più equo. Tra l’altro, con questa imposta, che si prefigura come tassa di scopo, si potrebbe creare soprattutto nelle località ad alto impatto turistico quel circolo “virtuoso” in grado di mettere in moto l’occupazione locale attraverso investimenti nelle opere infrastrutturali turistiche finalizzate alla valorizzazione del patrimonio artistico e paesaggistico. A tal riguardo, si pone anche il tema della trasparenza, in quanto non tutti i comuni pubblicano sul proprio sito l’elenco degli interventi finanziati con l’imposta di soggiorno, come prescrive la Legge», conclude Loy.