Lettera di Rossi e Kompatscher a Gentiloni: «le realtà alpine hanno necessità differenti sui rispettivi sistemi commerciali rispetto a quelle di pianura e delle grandi città»
Trentino e Alto Adige chiedono al Governo di riconoscere, con una norma di attuazione dello Statuto di autonomia speciale, le peculiarità di aree alpine anche per quanto riguarda il governo dei rispettivi sistemi commerciali.
Questo il senso della richiesta formulata con lettera indirizzata al presidente del consiglio, Paolo Gentiloni, dai presidenti delle province di Trento e Bolzano, Ugo Rossi e Arno Kompatscher, raccogliendo una proposta del vicepresidente del Trentino, Alessandro Olivi, artefice, nella precedente legislatura della riforma del commercio in Trentino. La lettera, inviata anche al presidente della Commissione dei Dodici (commissione paritetica Stato-Regioni, cui spetta il primo vaglio di tali norme) Lorenzo Dellai, sollecita «un’agevole conclusione positiva, realistica e ponderat» che porti all’approvazione della norma di attuazione in materia di orari di apertura degli esercizi commerciali.
«Fin da quando ha approvato la riforma del settore – spiega Olivi – il Trentino è stato determinato nel difendere l’impianto autonomistico sotto il profilo delle aperture e degli orari, rivendicando, spesso in una sorta di iniziale solitudine, la necessità e l’utilità di un’azione pubblica che coniughi qualità, sostenibilità e difesa del consumatore. Ciò nella convinzione che il nostro sistema commerciale, per le caratteristiche proprie del territorio, per la sua propensione ad un commercio di prossimità, si orienta molto di più a modelli alpini che metropolitani». Secondo Olivi «in tutta l’area alpina, dalla Baviera al Tirolo alle Alpi francesi si è fatta strada l’idea che sono i territori a dover graduare in maniera diversa le aperture, anche disciplinando alcune giornate in cui gli esercizi sono chiusi. Ora vediamo con soddisfazione che il dibattito si sta allargando ad altre regioni, coinvolgendo la stessa dimensione nazionale. Si fa strada una coscienza dell’utilità di riportare in capo ai territori o anche al legislatore nazionale la disciplina della materia, per difendere il pluralismo distributivo da politiche aggressive e quindi in definitiva per contrastare gli eccessi della liberalizzazione selvaggia».