La XXII edizione della rassegna organizzata dagli “Amici della musica” di Mestre attesi numerosi musicisti
Di Giovanni Greto
Il secondo appuntamento pomeridiano della XXII edizione de “I concerti in villa”, organizzato come sempre dagli “Amici della Musica” di Mestre, associazione responsabile della brillante stagione classica del teatro Toniolo, in collaborazione con il comune di Venezia e la delegazione di Venezia del FAI, ha avuto luogo nel Teatro di Verzura di Villa Zajotti nel cuore di Carpenedo.
Ad esibirsi è stata nuovamente invitata la violoncellista e cantante irlandese Naomi Berrill, dopo il successo del concerto in villa Matter nel 2015, durante il quale aveva presentato il suo album d’esordio “From the Ground”. In un’ora esatta, la giovane musicista ha interpretato quindici brani, bis compreso, cinque dei quali andranno a far parte del nuovo album che uscirà in autunno per l’etichetta Egea e conterrà dieci composizioni originali.
Premettendo che è sempre interessante ascoltare il musicista che senza paura affronta in solitudine il pubblico, va segnalata la difficoltà di cantare canzoni sentimentali, delicate, talvolta sussurrate, accompagnandosi col violoncello, uno strumento assai impegnativo già per sé stesso. Naomi ha sorpreso per la disinvoltura con la quale alterna l’uso dell’archetto con quello delle dita, quasi fosse alle prese con una chitarra e per lo sprezzo del pericolo nel cimentarsi con composizioni di autrici Jazz del calibro di Nina Simone (“Sugar in my Bowl”) e Billie Holiday (“Now or never”), o di un maestro della bossa nova quale Antonio Carlos Jobim (“Dindi”). Con una voce a tratti fanciullesca, Naomi riesce ad esprimere l’amore per la buona musica, chiamandosi fuori dalla gabbia del “genere”. E pur provenendo dall’ambiente classico desidera approfondire lo studio dell’improvvisazione jazzistica con un orecchio aperto alle musiche del mondo. Nella scaletta del concerto, Naomi ha inserito anche due ninne-nanna – “My curly headed baby”, una versione personale di uno spiritual negro e “Hush little baby”, tradizionale – legate ad una “Lullaby”, scritta da lei ed ispirata dal preludio della terza Suite per violoncello solo di Bach. Come lei stessa ha spiegato nel presentare i pezzi, non poteva mancare uno sguardo al folklore irlandese. Ed ecco allora, “My lagen love”, seguita da due gigue (giga), le danze assai ritmate, inserite spesso nelle Suite per strumento solista dal sommo Bach.
Ma il brano forse più commovente è stato “Che si può fare” della veneziana Barbara Strozzi, figlia adottiva di Giulio (1583-1660), letterato, fondatore di varie accademie a Roma, Udine e Venezia, che era solito ospitare nella sua casa l’Accademia musicale degli Unisoni, nella quale spesso si esibiva Barbara, che fu eccellente cantante e nota compositrice di madrigali, arie, ma soprattutto di delicate cantate.
Applausi affettuosi sono stati il preludio per un piccolo buffet, immersi nel verde del parco della villa, mentre Naomi firmava copie del suo primo CD e dava consigli musicali a mamme che le presentavano le loro figlie, musiciste in erba con la speranza di affermarsi in un futuro non molto lontano.