Al Museo Diocesano Tridentino a Trento piccola ma interessante mostra: la prima monografica mai dedicata al singolare pittore vicentino. Da visitare in abbinata a quella allestita al Castello del Buonconsiglio dedicata al Fogolino
Fino al 6 novembre 2017 è visitabile al Museo Diocesano Tridentino la mostra “Viaggi e incontri di un artista dimenticato. Il Rinascimento di Francesco Verla”, la prima monografica mai dedicata a questo singolare pittore, noto per lo più agli studiosi, ma poco al grande pubblico.
L’esposizione, curata da Domizio Cattoi e Aldo Galli, conclude un complesso percorso di ricerca sviluppato in collaborazione con il Dipartimento di lettere e filosofia dell’Università degli studi di Trento. L’indagine ha fatto emergere numerosi dati inediti, nuove attribuzioni e documenti finora sconosciuti che vanno a riempire significative lacune nella conoscenza di un artista di notevole importanza per la storia dell’arte locale. Una mostra da visitare in abbinata a quella allestita al Castello del Buonconsiglio, sempre a Trento, dedicata a Marcello Fogolino, dal titolo “Ordine e bizzarria. Il Rinascimento di Marcello Fogolino” (fino al 5 novembre 2017). La rassegna intende far conoscere al grande pubblico un altro protagonista del Rinascimento in Trentino, un artista notevolissimo la cui fama venne offuscata dalle sue vicende private.
Nato presso Vicenza, Francesco Verla ebbe una carriera itinerante che lo portò nei primi anni del Cinquecento in Umbria, dove conobbe il grande Pietro Perugino, e a Roma, governata allora da papa Alessandro VI Borgia. Qui si diede allo studio dell’arte antica e delle rovine del Palazzo di Nerone, la famosa Domus Aurea, dove scoprì quel genere di decorazioni – allora di gran moda – che erano dette “grottesche”. Queste esperienze rimarranno indelebili nella sua memoria e il pittore vicentino sarà tra i primi a diffondere a nord del Po un repertorio fatto di dolcissime figure devote e di cornici estrose e bizzarre che lo distinguono nettamente dai contemporanei.
Rientrato in patria, Verla si afferma presto come uno dei pittori più apprezzati di Vicenza, partecipando al cantiere simbolo del Rinascimento in città, quello della chiesa di San Bartolomeo, sciaguratamente distrutta nell’Ottocento. Una grande, bellissima pala d’altare dipinta per una cappella di quell’edificio è stata identificata in quest’occasione e verrà presentata in mostra.
Il precipitare della situazione politica, che vede Vicenza pesantemente coinvolta nella guerra che contrapponeva la Repubblica di Venezia e l’Impero Asburgico, spinge il pittore a trasferirsi prima a Schio, dove lascia uno dei suoi quadri più ispirati (anch’esso in mostra), e poi, nel 1513, in Trentino. Qui si fermerà per diversi anni, lavorando, oltre che nella città vescovile, a Terlago, a Seregnano, a Calliano, a Mori e a Rovereto, dove prese dimora e dove morì, ancora giovane, nel 1521. In una terra ancora profondamente legata a stilemi gotici, Francesco Verla fece da apripista al rinnovamento culturale e artistico che di lì a poco si sarebbe sviluppato mirabilmente grazie all’azione del principe vescovo Bernardo Cles.
La perdita di molti dei suoi lavori, il successivo arrivo alla corte clesiana di artisti di prima grandezza come Romanino, Dosso Dossi e Marcello Fogolino, e anche un certo imbarazzo della critica davanti alla sua diversità rispetto ai pittori veneti contemporanei, ne hanno a lungo oscurato i meriti. Per il pubblico Verla è dunque oggi un artista “dimenticato”. Da qui nasce l’urgenza di riscoprirlo e di rivalutarne il ruolo di alfiere del Rinascimento tra l’Adige e le Alpi.
La mostra riunisce per la prima volta la gran parte delle opere di Francesco Verla, alcune delle quali restaurate per l’occasione: un corpus di sedici opere – soavi pale d’altare, affreschi e bizzarri fregi a grottesche – radunato grazie a prestiti provenienti da numerose istituzioni nazionali e chiese del Vicentino e trentine. L’itinerario di visita, che intreccia opere note ad altre pressoché inedite, svela al visitatore la singolare personalità artistica del Verla e permette di misurane i debiti con Pietro Perugino e Bartolomeo Cincani, detto il Montagna, maestro della civiltà figurativa vicentina tra XV e XVI secolo. Per ricostruire al meglio i contesti storici e stilistici dell’epoca, saranno poste a confronto con le opere del Verla una pala del Montagna proveniente da San Giovanni Ilarione, già a Vicenza, una scultura lignea di bottega veronese della fine del XV secolo e un dipinto legato al mondo figurativo di Pietro Perugino.
Nel contesto dell’esposizione, a conferma del ruolo di raccordo con la realtà territoriale circostante che il museo deve svolgere, saranno infine valorizzate anche testimonianze pittoriche riferite all’artista vicentino dislocate sul territorio, come il ciclo figurativo della Chiesa di San Pantaleone a Terlago.