Negli ultimi tre anni, complice la crisi delle banche, la contrazione degli impieghi alle imprese è stata di 62 miliardi di euro
In questi ultimi 3 anni di grave crisi del sistema creditizio italiano (aprile 2017 sullo stesso mese del 2014), com’era prevedibile la contrazione degli impieghi bancari alle imprese italiane ha continuato ad aumentare: -62,4 miliardi di euro.
Ad eccezione del Molise (poco significativa per i numeri che esprime), la regione più “colpita” è stata il Veneto. La crisi della Popolare di Vicenza, di Veneto Banca, del Monte dei Paschi (che ha incorporato Antonveneta) e di alcune banche di Credito cooperativo locali ha innescato una stretta sul credito senza precedenti: -10,7% contro una media nazionale del -6,8%. In termini assoluti, alle aziende venete sono stati “tagliati” 10,8 miliardi di prestiti (pari al 17,3% del dato nazionale): solo la Lombardia ha registrato una diminuzione in valore assoluto superiore (-15,9 miliardi di euro), anche se va ricordato che in quest’ultima realtà territoriale è ubicato un numero di imprese attive pari al doppio di quello presente in Veneto.
«Sebbene in questi ultimi 3 anni i rubinetti del credito siano stati progressivamente chiusi – afferma il coordinatore dell’Ufficio studi della Cgia Paolo Zabeo – il sistema economico veneto ha comunque tenuto. Anzi, il manifatturiero e anche le costruzioni sono tornate a crescere, rimaniamo la prima regione turistica d’Italia, l’export vola, la disoccupazione, scesa sotto il 7%, è tra le più basse d’Italia e nel 2016 abbiamo registrato un avanzo commerciale record pari a 16,5 miliardi di euro. Senza la crisi delle due banche popolari, ovviamente, le cose sarebbero andate ancora meglio, soprattutto per le piccole e piccolissime imprese che, tradizionalmente a corto di liquidità e poco capitalizzate, sono state le più colpite da questa stretta creditizia e, conseguentemente, le meno coinvolte dalla ripresa in atto».
Una situazione altrettanto difficile si è registrata nelle Marche: la diminuzione è stata del 10,4% (pari a -2,7 miliardi di euro), in Calabria, dove la riduzione dei prestiti è stata del 9,7% (-857 milioni di euro) e in Emilia Romagna che ha segnato una variazione percentuale del -9,1% (pari a 9,2 miliardi di euro) Una delle ragioni del “credit crunch” in atto è riconducibile al forte aumento delle sofferenze bancarie registrato in questi anni. Sempre tra l’aprile del 2014 e lo stesso mese di quest’anno, le sofferenze in capo alle imprese (calcolate come differenza tra impieghi e impieghi vivi) sono aumentate di 28,8 miliardi di euro, arrivando a toccare i 160,9 miliardi di euro (aprile 2017). Osservando i dati relativi all’incidenza percentuale delle sofferenze sul totale impieghi ale imprese, la situazione più difficile si registra in Calabria (32,1%), nel Molise (31,4%), in Sardegna (29,9%) e in Sicilia (28,7%). La regione più virtuosa, invece, è il Trentino Alto Adige: l’incidenza è solo del 9,6%. Il dato medio Italia, infine, è pari al 18,8%.
A livello delle province del NordEst, le imprese più penalizzate dalla contrazione degli impieghi bancari sono state quelle residenti a Mantova (-19%), a Ferrara (-17,8%), a Rimini (-17,3 per cento) e a Belluno (-14,45). Tra le meno interessate da questo fenomeno, Parma (-1,1%). Con variazione nulla, invece, i risultati emersi a Massa Carrara e a Salerno, mentre hanno visto aumentare la disponibilità di liquidità le imprese ubicate nelle province di Trieste (+1,6 per cento), di Trento (+2,1 per cento), di Fermo (+3,2 per cento),