Con la mappatura genomica e l’addestramento dei ceppi batterici attivi nelle biomasse si selezioneranno i ceppi più performanti per abbattere drasticamente i costi di produzione
Partire da un’accurata mappatura dei ceppi batterici presenti in 50 centrali a biomasse, per selezionarne i più performanti e addestrarli a disgregare la lignina, ovvero il grande problema irrisolto delle centrali di produzione di Biogas. Una soluzione, quella che Biovalene di Pordenone sta definendo, che porterebbe una ventata d’innovazione nel mondo delle centrali a biogas, permettendo un drastico abbassamento dei costi di produzione e un contemporaneo innalzamento dei livelli qualitativi per questo comparto delle energie sostenibili.
«Grazie alla collaborazione con ICGB e Università di Padova stiamo definendo quelli che saranno i nuovi modelli di produzione del biogas – anticipa Fabio Messinese, amministratore delegato di Biovalene, start up pordenonese impegnata nel settore della ricerca biotecnologica. – La mappatura ci serve innanzitutto per capire “chi fa cosa” all’interno di una centrale elementi che oggi conosciamo solo attraverso processi inversi. Grazie alle ricerche sul campo abbiamo già selezionato specifici ceppi addestrandoli a una maggiore produzione di metano. Adesso stiamo lavorando sulla loro caratterizzazione genetica per rendere permanenti le loro capacità e renderli riconoscibili attraverso una loro identificazione specifica dandogli proprio un nome».
Grazie ai risultati di questi studi, le oltre 1.500 centrali di produzione di biogas distribuite in tutta Italia, dalla capacità media di produzione compresa tra i 700kW e 1mW, potrebbero rappresentare un elemento decisivo per il sostegno delle energie rinnovabili e per l’autonomia energetica della nazione. Stessa cosa in Europa, dove il numero degli impianti supera le 17.000 unità. «Il grosso problema – ricorda Messinese – è sempre stato quello dei materiali utilizzati per la fermentazione: la lignina è una componente che non viene normalmente digerita negli impianti, però caratterizza la maggior parte degli scarti che alimentano la centrale. Il compito che ci siamo prefissi è trovare la soluzione alla disgregazione della lignina sia attraverso una fase di pre-digestione sia attraverso l’allevamento di batteri più perfomanti. Ci stiamo riuscendo e, a breve, renderemo pubblici i risultati delle nostre ricerche».
Allo stato attuale, Biovalene ha già selezionato un inoculo altamente produttivo ma l’obiettivo è standardizzare i processi per renderli adottabili da tutte le centrali. «Stiamo lavorando su due fronti paralleli – conclude Messinese -. Da una parte la mappatura di 50 impianti di produzione, per individuare, nominare e potenziare i ceppi batterici presenti, contribuendo a definire scientificamente e tecnologicamente i processi attivabili nei digestori. Dall’altra l’individuazione dei processi che invece contribuiscono alla disgregazione della lignina in elementi assimilabili dai batteri. Tutto questo darà un apporto inaspettato a tutto il comparto, proiettando la ricerca e la tecnologia italiana all’avanguardia internazionale del settore».