Il presidente Baratta disvela in anticipo i contenuti della prossima edizione
Di Giovanni Greto
Davanti ad un nutrito pubblico di addetti ai lavori, nella sede di Ca’ Giustinian il presidente Paolo Baratta ha deciso, in sintonia con le curatrici, di anticipare la presentazione della “Biennale Architettura” 2018 per favorire il miglior svolgimento possibile della XVI edizione (26 maggio – 25 novembre).
Baratta ha rivelato come il tema che interessa alla Biennale «e ci ha ossessionato nel corso degli anni, è quello del divario tra architettura e società civile. Attendiamo risposte dall’architettura, che è la più politica delle arti, perché tratta di quella linea nella quale l’interesse individuale diventa attenzione per la cosa pubblica».
“Freespace”, il titolo scelto, è una profonda riflessione sullo spazio libero, aperto, gratuito, come hanno spiegato le curatrici, Yvonne Farrell (1951) e Shelley McNamara (1952), entrambe irlandesi, alternandosi nella lettura di un testo preparato in una maniera che si avvicina a quella del decalogo biblico. Secondo l’esposizione delle linee guida, «“Freespace” rappresenta la generosità di spirito e il senso di umanità dell’architettura, capace di offrire in dono spazi liberi e supplementari a coloro che ne fanno uso; abile a trovare una nuova e inattesa generosità in ogni progetto; capace di enfatizzare i doni della natura – la luce del sole e della luna, l’aria, la forza di gravità, i materiali -, le risorse naturali e artificiali. “Freespace” invita a riesaminare il nostro modo di pensare, stimolando nuovi modi di vedere il mondo e di inventare soluzioni in cui l’architettura provvede al benessere e alla dignità di ogni abitante. Può essere uno spazio democratico di opportunità, non programmatico e libero per utilizzi non ancora definiti. Se l’architettura ha una vita attiva e passiva nello stesso tempo, “Freespace” abbraccia la libertà di immaginare lo spazio libero di tempo e memoria, collegando passato, presente e futuro, legando l’arcaico e il contemporaneo».
Ma, in concreto, che cosa vedrà il pubblico ai Giardini e all’Arsenale?
«Esempi, proposte, elementi – costruiti o non costruiti – di opere che esemplificano le qualità essenziali dell’architettura, rivelando le potenzialità e la bellezza insite in esse». Mcnamara e Farrell, che risiedono e lavorano a Dublino, dove nel 1977 hanno fondato lo studio Grafton Architects, hanno indicato come modelli di “Freespace” un edificio di Angelo Mangiarotti al civico 24 di via Quadronno a Milano; il Museo di Arte moderna di San Paolo, dell’architetto Lina Bo Bardi; il palazzo Medici Riccardi di Firenze, che rappresenta potere e ricchezza, ma le sedute di pietra che formano la maestosa facciata esterna quasi rovesciano l’edificio.
E mentre il presidente Baratta afferma che l’architettura è la più politica delle arti, perché tratta di quella linea nella quale l’interesse individuale diventa attenzione per la cosa pubblica, e che la sua assenza impoverisce il mondo e riduce il benessere conseguito con lo sviluppo economico e demografico, la coppia Farrell-McNamara invita tutti i partecipanti e tutti i padiglioni nazionali a presentare a Venezia il proprio “Freespace”, «in modo che insieme si possa rivelare la diversità, la specificità e la continuità nell’architettura sulla base delle persone, del luogo, del tempo e della storia, per promuovere la cultura e l’importanza dell’architettura in questo pianeta dinamico». E termina il proprio intervento citando un proverbio greco: “una società cresce e progredisce quando gli anziani piantano alberi alla cui ombra sanno che non potranno sedersi”.