Secondo la Cgia di Mestre l’Italia è il paese più caro d’Europa per i consumi energetici, con riflessi negativi sulla competitività del sistema produttivo nazionale
Secondo i dati elaborati dall’Ufficio studi della Cgia, per le piccole imprese italiane i costi dell’energia elettrica e del gas sono tra i più elevati in Ue. Rispetto alla media dei paesi dell’area euro, in Italia l’energia elettrica costa, per ogni 1.000 Kw/ora consumati (Iva esclusa), 155,6 euro: la tariffa più elevata tra tutti i 19 paesi messi a confronto che ci costringe a pagare il 27,8% in più della media Ue.
Va un po’ meglio, invece, il risultato che emerge dall’analisi del prezzo del gas metano: sempre tra i paesi dell’area euro, le Pmi italiane sono al terzo posto (dopo Paesi Bassi e Portogallo) per il costo più elevato. Se la tariffa italiana ogni 1.000 Kw/ora (Iva esclusa) consumati è pari a 55,5 euro, scontiamo un differenziale di prezzo rispetto alla media dei paesi presi in esame del +13,7%.
«Grazie soprattutto alle piccole imprese – segnala Paolo Zabeo, coordinatore dell’ufficio studi della Cgia – siamo, dopo la Germania, il secondo Paese manifatturiero d’Europa. Nonostante la crisi e le difficoltà che le assillano, le nostre attività hanno continuato a conservare la posizione e si sono rafforzate soprattutto nei mercati internazionali, sebbene i costi energetici siano tra i più elevati d’Europa».
Dalla CGIA si evidenzia come le piccole imprese, indicativamente quelle con meno di 50 addetti, danno lavoro al 65,3% degli italiani occupati nel settore privato e costituiscono il 99,4% del totale delle imprese presenti nel nostro Paese.
«Come è possibile – prosegue Zabeo – che non si intervenga in maniera decisa per tagliare efficacemente i costi energetici a chi costituisce l’asse portante dell’economia del Paese? E più in generale, come fa la Commissione europea ad accettare che nell’area euro, ad esempio, la piccola impresa paghi l’energia elettrica mediamente il 60% in più delle grandi aziende se, anche in questi ultimi 10 anni, la stragrande maggioranza dei nuovi posti di lavoro in Europa sono stati creati dalle Pmi?»
Sebbene il Governo Renzi nella primavera del 2014 abbia ridotto la spesa elettrica dei soggetti collegati in media e bassa tensione con una potenza impegnata superiore ai 16,5 Kw, secondo le stime della Cgia, questo provvedimento ha interessato poco più di 700.000 aziende: solo il 15% circa del totale delle imprese presenti in Italia.
La componente fiscale è una delle cause che contribuisce a mantenere le tariffe così alte in Italia. Per la bolletta elettrica, ad esempio, ogni 100 euro di costo a carico delle Pmi, 43,5 euro sono ascrivibili a tasse e oneri: la media dell’Area euro, invece, è del 34,1%. Sul fronte del gas, invece, le cose migliorano: se nel Belpaese l’incidenza percentuale della tassazione sul costo totale a carico delle aziende è di 18,6%, nell’Area euro si attesta al 13,5%.
Gli svantaggi in capo alle Pmi italiane non sono solo nei confronti delle attività di pari dimensioni presenti in Ue, ma anche verso le poche grandi imprese rimaste nei confini dello Stivale. Nel campo dell’energia, ad esempio, se le piccole imprese italiane con un consumo medio annuo compreso tra i 500 e i 2.000 Mw/ora “sopportano” un costo di 155,6 euro ogni 1.000 Kw/ora, le grandi imprese, con consumi tra i 70.000 e i 150.000 Mw/ora, pagano “solo” 95,6 euro: in altre parole, il 62,8% in meno delle piccole imprese.
Anche per quanto concerne il gas, il divario di costo è a vantaggio delle imprese di grande dimensione. Secondo le fasce di consumo annuo, una piccola impresa con consumi inferiori a 26.000 metri cubi (mc) sostiene un costo pari a 55,5 euro ogni 1.000 Kw/ora (Iva esclusa). Se i consumi, invece, sono all’interno dell’intervallo tra 26.000 e 263.000 mc, il prezzo scende a 40,4 euro per diminuire a 27,3 euro per coloro che operano nella fascia 263.000 e 2.627.000 mc. Per le grandi imprese, che registrano dei consumi annui tra i 2.637.000 e i 26.268.000 mc il prezzo è di 23,2 euro.