Banche popolari venete, «siamo alle solite»

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«Poco convincenti le modalità del “salvataggio”»

Di Andrea Arman, presidente del Coordinamento Associazioni Banche Popolari Venete “don Enrico Torta”

banche veneteNonostante  la questione del “salvataggio” delle banche popolari venete sia stata sottratta al potere degli azionisti ed alle regole del diritto, passando nella competenza del Parlamento dello Stato, gli argomenti e le modalità di convincimento non cambiano. Anche nei confronti degli Onorevoli si svolge la solita minaccia, quasi terroristica, che, o si fa così oppure crolla tutto e naturalmente c’è il “Bail-in”. 

Noi, come risparmiatori, questi discorsi abbiamo cominciato a sentirli dal dicembre 2015 e, stando all’illuminata opinione  dei tanti che anche in questi giorni ingolfano i giornali del loro saccente parere, già nel 2015 dovevamo fare tutto subito e senza fiatare per salvare le banche e la nazione. Poi le cose sono andate come sono andate: piani industriali ridicoli, inerzia totale da parte dei consigli di amministrazione e da parte del Governo della Repubblica Italiana, ancora minacce di disastro alle successive assemblee, compensi da milioni di Euro ai vari amministratori, aumento incontrollato del dissesto etc. Tutte cose note che, però, è bene riportare alla memoria.

In questi giorni sono intervenuti apparenti repentini cambiamenti ed il governo ha varato il contestato decreto del 25 e, sulla premessa della decisione della Banca Centrale Europea che ha  accertato  lo stato di dissesto o a rischio dissesto delle due popolari venete, ha posto in liquidazione coatta amministrativa le due banche ed ha “trasferito” quanto di gradimento a Banca Intesa – San Paolo.  Tale decreto, che giudichiamo abnorme, viene dipinto e sostenuto, dalle aree filogovernative, come la scelta buona e, tanto per cambiare, l’unica possibile altrimenti si va all’inferno. 

Noi risparmiatori siamo stati completamente dimenticati e trasferiti all’interno della “bad bank” (che sarebbe giusto tradurre in “banca dei cattivi”) e, tranne lontane ipotesi quasi miracolistiche, privati delle garanzie patrimoniali che il nostro credito avrebbe potuto avere sui beni della banca. Tale situazione è evidentemente inaccettabile anche in relazione ai procedimenti penali pendenti che sono finalizzati ad accertare la responsabilità degli amministratori delle banche nella commissione di reati  che hanno, fra l’altro, causato danno ai vecchi soci, cioè i risparmiatori delle popolari ancora cooperative.

Non solo: vi sono provvedimenti Consob e Banca Italia che sanzionano le banche e vi sono i discorsi degli uomini del Governo che apertamente affermano esservi stati comportamenti illeciti all’interno delle banche. Quindi, perché dimenticare i risparmiatori azionisti che con buona probabilità vinceranno le cause? Perché portare i Tribunali veneti alla paralisi conseguente le miglia di cause che verranno fatte? Di certo, dopo due anni di non gestione della crisi, l’urgenza di decidere non c’era ed il provvedimento BCE 23 giugno 2017 è solo funzionale alle successive decisioni del Governo, per cui siamo dell’opinione che non vi sia davvero il pericolo della tragedia. 

Le Autorità Europee – troppo spesso dipinte dai media italiani come dei mostri sanguinari – hanno buon senso e lo hanno dimostrato accettando l’assurdo percorso della crisi bancaria italiana. Pensiamo, ma non per presunzione, che l’Europa, stante la generalizzata deroga – anche al buon senso – contenuta nel decreto, nulla opporrebbe se venisse riconosciuta una riserva a favore di quei risparmiatori che avessero diritto ad essere rimborsati a ragione della mala gestio delle banche. Non quindi un aiuto di stato o un rimborso, che potrebbero rientrare fra gli aiuti non ammessi dalla norma europea – e non andiamo oltre sul punto -,  ma una riserva certa per il  risarcimento danno da fatto illecito o altra fattispecie.

Cosa osta ad una soluzione di fatto non difficile, che rasserenerebbe le famiglie, eviterebbe ulteriore peggioramento alla macchina della giustizia, potrebbe dare inizio ad un periodo di armonia sociale e di certo sarebbe giusta nel senso proprio? Probabilmente la clausola risolutiva voluta da Banca Intesa – San Paolo che gli consente di ritirarsi dal contratto qualora il Decreto Legge non sarà convertito, o sarà convertito con modifiche tali da rendere l’operazione più onerosa, o non sarà pienamente in vigore entro i termini di legge con conseguenza che il contratto sarà inefficace e l’acquisizione di Veneto Banca e Popolare di Vicenza non andrà in porto. Tale previsione contrattuale, di fatto, condiziona la libertà di decidere del Parlamento perché se non si converte il decreto nel gradimento di Banca Intesa – San Paolo salta l’accordo e l’inferno inghiottirà banche venete etc., nella solita sequela di scenari apocalittici.

Noi risparmiatori, che probabilmente siamo rimasti fra gli ultimi illusi, ci chiediamo come sia possibile che una clausola imposta da una parte privata possa limitare la sovranità del Parlamento della Repubblica. Quale stato accetterebbe mai un condizionamento tanto pesante ed umiliante come quello in cui si è cacciato il Governo Italiano conducendo la crisi delle banche venete ad un punto di (apparente) non ritorno, dove si deve accettare la volontà del soggetto privato in quanto per decreto gli è riconosciuta la possibilità di far saltare il banco del sistema bancario. Crediamo che la questione meriti un’attenta analisi da parte dei Parlamentari ed anche delle Magistrature dello Stato.

Noi risparmiatori abbiamo voluto restare fuori delle catalogazioni politiche e partitiche per non essere facile bersaglio dei comportamenti “razziali” usi nell’agone politico italiano. Noi siamo  solo cittadini e per la maggior parte veneti e friulani, ci piacerebbe poter vivere in pace e giustizia.

Coordinamento Associazioni Banche Popolari Venete “don Enrico Torta”

Il presidente Avv. Andrea Arman