“Dieselgate”, il Tribunale di Venezia ammette la “class action” di Altroconsumo degli acquirenti di auto del Gruppo Vw

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Intanto, l’inchiesta si allarga a Mercedes (sotto inchiesta penale in Germania) e alla FCA (inchiesta aperta negli Usa)

dieselgate auto fumo neroNuove puntate sullo scandalo delle emissioni truccate dei motori Diesel e della pubblicità non corrispondente alla realtà. La III Sezione civile del Tribunale di Venezia competente per territorio (la filiale italiana del Gruppo Volkswagen ha sede a Verona) ha dato il via libera alla richiesta di azione collettiva proposta da Altroconsumo per le 650.000 automobili a marchio Vw, Audi, Skoda e Seat commercializzate in Italia e coinvolte nello scandalo.

I pre-aderenti raccolti da Altroconsumo sono circa 30.000. Per il collegio giudicante «i “green claims” propri della campagna di marketing pubblicitario di commercializzazione dei veicoli a marchio Vw appaiono in contrapposizione con la condotta denunciata dalla associazione dei consumatori e consistita nella installazione del dispositivo EGR, in grado di ridurre in sede di test le emissioni inquinanti dei veicoli, e appaiono tali da indurre in errore il consumatore in ordine alle caratteristiche del veicolo stesso». 

Soddisfazione da parte del portavoce di Altroconsumo, Ivo Tarantino: «Davide batte Golia, mai più emissioni truccate. Ora dall’Italia parte l’ondata che si allargherà a tutta Europa».

Lo scandalo delle emissioni truccate non riguarda solo il gruppo Volkswgen che pare non avere sofferto più di tanto a livello delle vendite (che sono in crescita): da qualche mese anche Mercedes è sotto inchiesta penale in Germania. La Procura di Stoccarda ha ordinato numerose perquisizioni alla ricerca di documenti nelle 11 sedi della Daimler fra il Baden-Wuerttemberg, Berlino, la Bassa Sassonia e la Sassonia e hanno coinvolto 23 magistrati e 230 uomini delle forze dell’ordine. L’operazione è stata condotta, secondo una nota della procura, «contro dipendenti noti e ignoti della Daimler, che sono sospettati di truffa e pubblicità ingannevole riguardante la manipolazione del trattamento delle emissioni di automobili diesel». 

L’inchiesta, con le due imputazioni appunto di frode e pubblicità ingannevole, è stata aperta nel marzo scorso. La casa di Stoccarda non ha fornito dettagli, salvo precisare che sta collaborando con le autorità. L’accusa di pubblicità ingannevole si riferisce ad alcune dichiarazioni sulle auto Mercedes in cui sarebbero stati indicati livelli di emissione più bassi di quelli effettivi. L’inserimento della pubblicità ingannevole fra i capi d’accusa sarebbe dovuto, secondo analisti del settore automobilistico, anche al fatto che le norme europee sulle emissioni dei motori diesel sarebbero sufficientemente vaghe da rendere più difficile la prova del reato di truffa legato alla manipolazione dei dati sulle emissioni, come è emerso anche nel caso della Volkswagen. 

Il mese scorso, Mercedes aveva comunicato che è in corso un’inchiesta anche da parte delle autorità degli Stati Uniti, dove le norme sono più stringenti e dove è iniziata la prima indagine a carico della Volkswagen, sull’inquinamento provocato dai suoi veicoli diesel e sull’installazione di meccanismi di manipolazione delle emissioni. L’inchiesta americana può portare al richiamo di autovetture e all’imposizione di pesanti multe. 

Cattive notizie per la Volkswagen arrivano dalla Francia dove l’autorità di controllo sulle truffe ai consumatori avrebbe inviato un rapporto alla magistratura dove si dice che Vw avrebbe incassato 22 miliardi di euro dalla vendita di vetture diesel contenenti il meccanismo di manipolazione delle emissioni. Sugli stessi veicoli, secondo il rapporto, il più grande produttore automobilistico del mondo avrebbe risparmiato 1,5 miliardi di euro che sarebbero stati necessari per mettere in regola le auto.

Problemi anche per il gruppo Fiat Chrysler in America, dove i turbodiesel prodotti a Cento (FE) dalla Vm Motori (facente parte del gruppo FCA) montati sulle Jeep Grand Cherokee e i Dodge Ram 1500 prodotti dal 2014 al 2016, pari a 104.000 propulsori, adotterebbero dispositivi di controllo delle emissioni che avrebbero portato gli ossidi di azoto (NOx) a superare “di molto” i livelli consentiti.  A differenza del procedimento intentato contro il Gruppo Volkswagen, la nuova causa (depositata a Detroit per conto dell’Epa, che ha condotto i primi test) si limita a contestare gli aspetti civili della questione, esigendo un decreto ingiuntivo e chiedendo un risarcimento non ancora specificato. Secondo l’agenzia per l’ambiente, il costruttore rischia una multa fino a 44.539 dollari a esemplare, per un totale di 4,63 miliardi.