L’Italia importa oltre 2,3 milioni di tonnellate dall’estero rispetto ai 5,3 di produzione nazionale
Aumentano del 15% le importazioni di grano duro dal Canada destinate alla produzione di pasta senza alcuna indicazione in etichetta sulla reale origine. E’ quanto emerge da un’analisi della Coldiretti, sulla base dei dati Istat relativi ai primi due mesi del 2017, nel sottolineare l’importanza del decreto dai ministri delle Politiche agricole Maurizio Martina e dello Sviluppo economico Carlo Calenda per l’introduzione in Italia dell’obbligo di indicazione della materia prima per la pasta trasmesso all’Unione Europea, contro il quale si stanno già muovendo le lobby canadesi che trovano purtroppo terreno fertile anche in Italia.
Più della metà del grano duro importato in Italia – sottolinea la Coldiretti – proviene dal Canada dove peraltro viene fatto un uso intensivo di antiparassitari come il glifosate nella fase di pre-raccolta, vietato in Italia perché accusato di essere cancerogeno. Ma la mancanza dell’etichetta di origine non consente di conoscere un elemento di scelta determinante per le caratteristiche qualitative, ma impedisce anche ai consumatori di sostenere le realtà produttive nazionale e con esse il lavoro e l’economia nazionale.
L’81 % dei consumatori italiani – continua la Coldiretti – ritiene che la mancanza di etichettatura di origine nella pasta possa essere ingannevole secondo la consultazione pubblica on line sull’etichettatura dei prodotti agroalimentari condotta dal ministero delle Politiche agricole. «Si tratta di un provvedimento fortemente sostenuto e atteso dalla Coldiretti per garantire maggiore trasparenza negli acquisti e fermare le speculazioni che hanno provocato il crollo dei prezzi del grano italiano al di sotto dei costi di produzione», ha affermato il presidente di Coldiretti, Roberto Moncalvo.
Il taglio dei prezzi pagati agli agricoltori sotto i costi di produzione ha provocato praticamente la decimazione delle semine di grano in Italia con un crollo del 7,3% per un totale di 100.000 ettari coltivati in meno che peseranno sulla produzione di vera pasta italiana nel 2017, oltre che sull’ambiente, sull’economia e sul lavoro delle aree interne del Paese. In pericolo – precisa Moncalvo – non ci sono solo la produzione di grano e la vita di oltre trecentomila aziende agricole che lo coltivano, ma anche un territorio di 2 milioni di ettari a rischio desertificazione e gli alti livelli qualitativi per i consumatori garantiti dalla produzione “Made in Italy”.
L’Italia è il principale produttore europeo e secondo mondiale di grano duro, destinato alla pasta con 5,1 milioni di tonnellate su una superficie coltivata pari a circa 1,4 milioni di ettari che si concentra nell’Italia meridionale, soprattutto in Puglia e Sicilia che da sole rappresentano il 41% della produzione nazionale, seguite dalle Marche. Nonostante ciò, sono ben 2,3 milioni di tonnellate di grano duro che arrivano dall’estero in un anno senza che questo venga reso noto ai consumatori in etichetta.