Manifesti “Südtirol ist nicht Italien”: il Tar condanna il “nain” di Roma e apre la polemica

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alto adige cartello Sudtirol ist nicht Italien valico Brennero
Ancora polemiche sulla toponomastica in Alto Adige dopo la protesta del 2017 al valico del Brennero.

Scaramuccia verbale tra la deputata azzurra Bianciofiore e il deputato SVP Schullian

cartello Sudtirol ist nicht Italien valico BrenneroIl Tar del Lazio ha accolto il ricorso presentato dai separatisti sudtirolesi dell’Heimatbund, ai quali l’anno scorso la città di Roma aveva negato l’affissione di manifesti recanti lo slogan “Südtirol ist nicht Italien” (“Il Sudtirolo non è Italia”). 

Roma Capitale è stata condannata alla rifusione delle spese di giudizio. Lo scorso dicembre il Tar aveva già revocato il divieto di affissione. «Non si vede per quale ragione la libertà di manifestazione del pensiero e il pluralismo ideologico non possano trovare la loro legittima espressione anche attraverso le affissioni pubbliche – si legge nella sentenza, diffusa dall’Heimatbund -. Questa – commenta il partito – è una pietra miliare per la libertà di stampa e per la libertà di opinione anche per il processo in corso a Brescia contro gli indipendentisti veneti dove un magistrato ha chiesto di mettere fuorilegge i movimenti indipendentisti. Tutto il merito di questo ricorso va a Roland Lang, presidente della Südtiroler Heimatbund».

La decisioen del Tar ha riattizzato la polemica politica mai sopita in Alto Adige. Per la deputata altoatesina azzurra Michaela Biancofiore «qualora non ce ne sia accorti, a conferma dello sgretolamento dello Stato, il Tar del Lazio ha ben pensato di condannare Roma Capitale anche alla rifusione delle spese giudiziarie, per aver giustamente denunciato l’Heimatbund, la lega revanscista per l’indipendenza dell’Alto Adige – Südtirol in merito all’esposizione innanzi al Colosseo del manifesto propagandistico “Südtirol ist nicht Italien” (“l’Alto Adige non è Italia”)». Per Biancofiore «non sono ancora note le motivazioni della sentenza e le approfondiremo, ma se le istituzioni, la magistratura in particolare non difende l’unità e l’onore dello Stato significa che il Paese è decisamente alla frutta. Mi auguro che Roma Capitale faccia ricorso al Consiglio di Stato e che il massimo organo amministrativo del Paese sappia nel caso cogliere le gravi motivazioni alla base della propaganda dell’Heimatbund. E soprattutto auspico un fermo monito del Presidente Mattarella verso il moltiplicarsi lungo tutto lo Stivale di fughe autonomiste o indipendentiste che stanno minando alla base l’unità dello Stato». 

L’esponente azzurra viene rimbeccata con un ricorso alla massima latina dal deputato SVP e segretario di Presidenza della Camera dei deputati, Manfred Schullian: «contrariamente a quanto affermato dalla deputata Biancofiore, sono condivisibili e note le motivazioni della sentenza con la quale il Tar di Lazio ha annullato, su ricorso del Südtiroler Heimatbund, il divieto, espresso dalla città di Roma, di affissione di manifesti recanti lo slogan “Südtirol ist nicht Italien”. Non spetta all’ amministrazione comunale – osserva Schullian – valutare nel merito il contenuto delle affissioni che costituiscono una libera forma di manifestazione del pensiero, purché tale manifestazione non abbia l’obiettivo di suscitare reazioni violente né sia rivolta a vilipendere la nazione o a compromettere i doveri che il cittadino ha verso la Patria, oppure in fine a menomare altri beni costituzionalmente garantiti». 

Schullian  riserva alla sua collega azzurra una stoccata in punta di fioretto: «d’altra parte la stessa Biancofiore fa ampio uso di tale libertà e dunque dovrebbe riconoscere anche ad altri analogo diritto, anche se siano politicamente avversari. Un diritto che è di tutti ed è costituzionalmente tutelato. E’ una questione di principio, che prescinde dai giudizi che si possano dare sul contenuto dello slogan che io non condivido. Il principio è – conclude Schullian – che “non sia concepibile l’atteggiamento di chi reclami libertà per sé stesso e la neghi ad altri”. Tale posizione ricorda in modo lampante lo slogan “Quod licet Jovi, non licet bovi” (“Ciò che è consentito a Giove non è consentito al bue”)».