Bufera sulla dichiarazione di Serracchiani «stupro più grave se da migrante»

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Tempesta per un’affermazione di buon senso della governatrice, attaccata durante dalla sinistra. Intanto una corte germanica manda assolto un turco accusato di stupro, perché la sua cultura non lo considera tale

stupro aggressione violenza sessuale donnaUn giovane iracheno di 26 anni aggredisce a morsi una ragazza di 17 anni, attirata con l’inganno nella stazione di Trieste, e tenta di violentarla nel bagno di un vagone ferroviario in disuso. Lei si difende in tutti i modi e, sotto choc, ferita a un ginocchio, riesce a fuggire. Passano pochi minuti e la Polizia arresta l’iracheno, un richiedente asilo. Succede a Trieste nella notte fra martedì e mercoledì.

Duro il commento della presidente della Regione Friuli Venezia Giulia, Debora Serracchiani: «la violenza sessuale è un atto odioso e schifoso sempre, ma risulta socialmente e moralmente ancor più inaccettabile quando è compiuto da chi chiede e ottiene accoglienza nel nostro Paese». Parole di mero e comune buon senso, ma che scatenano sulla governatrice accuse violentissime di razzismo e una bufera sui social che neanche un successivo tweet («non esistono stupri di serie a o serie b. Sono tutti ugualmente atroci. In questo caso all’atrocità si aggiunge rottura patto di accoglienza») riesce a fermare. 

Contro la governatrice scende in campo Roberto Saviano che, sui social scrive che «Matteo Salvini saluta l’ingresso di Debora Serracchiani nella Lega Nord. Spero la candidi lui, perché se la candida ancora il Pd, significa che il Pd è diventato la Lega Nord». Salvini risponde attaccando Serracchiani e Pd («hanno sulla coscienza ogni reato e ogni violenza commessa da questa gentaglia») e lo stesso Saviano («a prescindere dalla razza, castrazione chimica e buonanotte, con buona pace dei Saviani e Boldrine»). Gli attacchi arrivano anche dal M5S con Roberto Fico («i telegiornali Rai affrontino il caso delle parole razziste di Serracchiani»), da Forza Italia, da Sinistra Italiana e dal sindaco di Milano, Giuseppe Sala («ha sbagliato»). Articolo 1-Mdp chiede le scuse di Serracchiani, alla quale giunge la solidarietà del deputato Pd Paolo Coppola («polemiche assurde e pretestuose»). 

Serracchiani replica ancora a mezzo social, respingendo con forza le accuse di razzismo: «i razzisti pensano che una violenza fatta da uno straniero sia peggiore di quella fatta da un italiano, per me la violenza è sempre e comunque da condannare, senza colore e senza graduatorie. Ho sentito il dovere di dire una cosa di buon senso, anche se scomoda». Già. Per ribadire meglio il concetto di buon senso, Serracchiani il giorno dopo puntualizza nuovamente: «quando si parla di accoglienza dobbiamo mettere da parte le ipocrisie: se si vuole essere accolti bisogna rispettare le regole e questo noi dobbiamo chiedere. Chi non rispetta le regole deve ovviamente pagarne le conseguenze. Non significa parlare di diversità di colore o provenienza: dico semplicemente che un furto in casa è sempre odioso, ma se lo compie la persona che ho accolto in casa mia il giorno prima questo mi dà ancora più fastidio. Credo sia normale». 

Intanto, il buon senso sembra andato a farsi friggere in Germania, dove sta prendendo piede un nuovo diritto penale, quello in base al quale un reato è da considerarsi tale solo in relazione alle tradizioni culturali della persona che lo commette. Una china maledettamente pericolosa, visto che ci vanno di mezzo i cittadini del posto i quali non trovano più lo Stato a difenderli. 

Nella cittadina di Brandeburgo sulla Havel una donna tedesca è stata violentata da uno spacciatore di droga turco di 23 anni. I fatti risalgono all’agosto del 2016 quando la donna si recò nell’appartamento dello spacciatore per comprare della droga. Dopo l’acquisto degli stupefacenti, il giovane turco aveva manifestato l’intenzione di consumare un rapporto sessuale con la vittima. Ma la donna aveva chiaramente espresso il suo rifiuto allo spacciatore, il quale non ha trovato di meglio che passare alle vie di fatto dopo il respingimento delle sue avance, afferrando la vittima per un braccio e scaraventandola sul letto, stuprandola ripetutamente nonostante le inutili resistenze della donna. 

Sulla ricostruzione della vicenda, non ci sono dubbi. Il giudice della Corte di Brandeburgo sulla Havel ha creduto alla versione della donna, e lo ha ribadito nel dibattimento processuale. Ma non è bastato per condannare lo stupratore. Per il giudice, quanto avvenuto ha due diverse letture: da un lato la versione della donna vittima di stupro riconosciuta come vera; dall’altra quella dell’imputato secondo il quale non si è trattato di uno stupro, ma di «sesso selvaggio» consumato in «maniera amichevole». Per la Corte, non conta la violenza subita e il reato patito dalla vittima, ma il fatto che lo stupratore ha pensato in quel momento di avere il consenso della vittima nonostante questa lo incitasse a smettere. A giustificazione dell’imputato, la mentalità presente nel «circolo culturale turco» per la quale, sostiene il giudice, lo stupro non è tale, ma piuttosto è una forma di «sesso selvaggio». Quindi il reato penale non si è manifestato perché lo stupratore ha pensato che non ci fosse alcuna violenza, e questo è sufficiente per provare la mancanza di intenzionalità, rilasciando a piede libero lo spacciatore-stupratore anche se ha riconosciuto che è un «duro colpo» per la vittima.

Una sentenza che farà sicuramente discutere soprattutto per le motivazioni di ragione culturale addotte per giustificare lo stupro. Anche in Svezia a Hovrätten recentemente si è verificato un caso simile, dove uno stupratore iracheno è stato rilasciato perché «non in grado di capire e interagire con altre persone». Nelle corti nord europee le tradizioni culturali dello stupratore o la sua volontà sembrano sufficienti a giustificare le loro violenze. Il rischio è che la giurisprudenza creativa approdi ora anche più a sud.