Ue alza Pil eurozona 2017 al +1,7%, ma Italia è ancora “maglia nera”

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Famiglie trentine pil italia Euro pila monete crolla indice in calo
Il Belpaese arranca con crescite stentate inferiori all’1% causa l’incerta azione politica degli ultimi governi succedutesi a Roma

Euro pila monete crolla indice in caloLa crescita dell’Italia è «modesta» secondo le previsioni di primavera formulate dalla Commissione europea, che stimano la crescita del Pil del Belpaese al +0,9% nel 2017 e al +1,1% nel 2018. Anche se la domanda interna è in «espansione» e gli investimenti registrano un «notevole aumento», Bruxelles assegna all’Italia la poco lusinghiera “maglia nera” indossata dallo Stato membro Ue che cresce meno.

«L’incertezza politica e il lento adeguamento del settore bancario rappresentano rischi negativi per le prospettive di crescita italiane» spiega la Commissione Ue nel rapporto. L’Italia non tiene quindi il passo dell’Eurozona. Bruxelles alza le previsioni sull’area, portando il Pil 2017 al +1,7% dal +1,6% stimato in inverno. Ferma invece la proiezione della crescita media dell’area dell’euro nel 2018, al +1,8%. Comunque molto al di sopra dei ritmi dell’Italia. 

Il commissario Ue agli Affari economici Pierre Moscovici è ottimista: «l’Europa sta entrando nel quinto anno consecutivo di crescita, sostenuta da politiche monetarie accomodanti, da una solida fiducia delle imprese e dei consumatori e da un miglioramento del commercio mondiale». Inoltre Moscovici sottolinea come il clima sia più sereno dopo la sconfitta degli euroscettici nelle elezioni in Olanda e Francia. 

Moscovici, che è un ex ministro delle Finanze di Parigi, dà il benvenuto all’europeista Emmanuel Macron, che si è imposto alle presidenziali francesi: «farà di tutto per realizzare progressi e passi in avanti anche nell’ambito della governance e della politica economica della zona euro», dice il commissario europeo, che è fiducioso anche sul rientro della Francia sotto il tetto del 3% del Pil sul deficit. Parigi è sotto la lente d’ingrandimento di Bruxelles per aver chiuso il 2016 con un disavanzo al 3,4% del Pil. Nel 2017 l’Ue vede un disavanzo al 3%, ma nel 2018 – a politiche invariate -, dovrebbe salire di nuovo al 3,2%. «Non vogliamo mettere sotto pressione la Francia – spiega Moscovici -. Il mio messaggio per le autorità francesi è positivo, siamo a maggio e ancora la partita sui conti è aperta, si può rimanere sotto il 3% nel 2017, con uno sforzo minimo si può avere un effetto sostenibile e duraturo».

Tornando ai numeri dell’Italia, secondo la Commissione Ue la disoccupazione dovrebbe attestarsi all’11,5% nel 2017, dall’11,7% del 2016, per poi calare dell’11,3% nel 2018. Il debito pubblico, invece, è visto salire dal 132,6% del Pil nel 2016 al 133,1% nel 2017 «anche a causa delle risorse aggiuntive destinate al sostegno pubblico al settore bancario e ai risparmiatori», per poi calare al 132,5% del Pil nel 2018. Bruxelles taglia le stime sul deficit italiano dopo la manovra correttiva da 3,4 miliardi di euro chiesta dall’Ue. Il deficit è stimato al 2,2% per quest’anno, dal 2,4% di febbraio, mentre per il 2018 è al 2,3%, dal 2,6% di tre mesi fa. 

La prossima settimana è attesa la valutazione della Commissione sui conti italiani. «Considerando la situazione tutt’altro che semplice, posso dire che i nostri rapporti sono positivi, insieme cerchiamo soluzioni a tutti i singoli problemi sul tappeto. Il rapporto è costruttivo e fa ben sperare», dichiara Moscovici.

«Perché l’Italia è sempre la “pecora nera” in Europa?» si domanda Andrea Goldstein, managing director di Nomisma in merito alle previsioni primaverili della Commissione che attestano come l’Italia sia il solo tra i 28 membri dell’UE per cui la crescita prevista nel 2017 è pervicacemente ferma allo zero virgola. «La ripresa – spiega Goldstein – è consolidata ovunque, arriva all’1,7% nell’Eurozona, all’1,9% nell’UE, ma da noi non va oltre lo 0,9%. Le condizioni esterne sono favorevoli, e infatti grazie alla dinamicità della domanda globale crescono le esportazioni (ancorché non il saldo netto) e gli investimenti, favoriti dal costo del denaro storicamente bassissimo. Ma l’inflazione intacca il potere d’acquisto delle famiglie e la disoccupazione non cala sensibilmente, rendendo flebile la dinamica delle remunerazioni. In questo contesto i consumi privati rimangono deboli. La Commissione nota che il governo sta facendo la sua parte sul fronte degli incentivi fiscali agli investimenti, soprattutto per consentire la riqualificazione del parco macchine, fortemente invecchiatosi negli ultimi anni. Ma sul fronte delle riforme strutturali sembra proprio che in questa lunga fine di legislatura l’azione propulsiva stia venendo meno – conclude Goldstein – Lecito attendersi molto di più da ministri riformisti per aumentare la concorrenza, soprattutto nei servizi pubblici locali e nelle professioni liberali, ed abbattere le rendite».