Dal 2011 al 2016 la maggiore tassazione ha comportato la perdita di circa 130 milioni di euro all’anno, oltre alla perdita di indotto e alla svalutazione di beni ceduti sottocosto, spesso all’estero
Era il 2011 quando un professore universitario di economia, già commissario europeo, fresco di nomina a senatore a vita, fu chiamato al capezzale del malato Italia nel tentativo di una rianimazione finale dopo l’esautorazione del governo legittimamente eletto con un provvedimento dal vago sapore di colpo di mano. Mario Monti, in 528 giorni di (mal)governo della cosa pubblica ha creato tanti e tali danni che si trascinano ancora oggi, dalla ineguagliabile riforma delle pensioni “Fornero” ai vari balzelli e superbolli vari. Tra quest’ultimi, ancora oggi sopravvive quello sulle auto potenti oltre 250 Cv (185 kW), nonostante continui a produrre più danni che benefici all’intera economia nazionale.
Monti, nella necessità di grattare il fondo del barile, pensò bene nel dicembre 2011 di inasprire il provvedimento già emanato dal ministro Giulio Tremonti, abbassando da 225 kW (306 Cv) a 185 kW la soglia oltre cui fare scattare il balzello, oltre a raddoppiare l’importo da 10 a 20 euro per kW eccedente la soglia, seppur applicando uno scalare per fasce di età prevedendone la cancellazione per le auto vecchie più di 20 anni.
Non ci volle molto tempo per vedere il mercato delle auto prestazionali – che molto spesso sono cosa ben diversa dal lusso che si voleva colpire – crollare di netto: dal 2011 al 2014 il mercato delle auto potenti è crollato del 22,2%, mentre il calo del fatturato del comparto è stato del 32,5%. Secondo una valutazione dell’Unrae (l’organizzazione che racchiude tutti gli importatori di veicoli prodotti all’estero in Italia), l’effetto del superbollo è stato azzerare il gettito fiscale che nelle intenzioni dei governanti si voleva invece innalzare: dal 2011 il Fisco con il superbollo ha perso gettito per circa 130 milioni di euro all’anno, di cui 64 milioni di euro per mancato gettito Iva dalla vendita del veicolo nuovo, 5,2 milioni di euro di mancato gettito Ipt per l’immatricolazione e 4,8 milioni di euro in bolli vari. A questi si deve aggiungere il mancato gettito derivante dal bollo ordinario di circolazione (28 milioni di euro) e dal superbollo (altri 28 milioni di euro). Dal 2011 al 2016 il Fisco, invece di guadagnare da un assurdo e odioso balzello che allontana sempre più l’Italia da quell’Europa invidiata e inseguita allo stremo senza mai raggiungerla, ha perso circa 800 milioni di euro di mancato gettito diretto, cui vanno aggiunti i maggiori costi (che non entrano mai nella contabilità dello Stato) derivanti dalla chiusura di molte concessionarie ed officine attive nelle auto prestazionali, a migliaia di posti di lavoro persi, alla svalutazione dei beni di proprietà di cittadini costretti a svenderli all’estero per evitare di svenarsi con il superbollo – il cui importo anche di diverse migliaia di euro all’anno è spesso superiore all’effettivo valore commerciale di un veicolo – con il relativo corollario di minori imposte pagate al Fisco. Con in più la beffa che le auto prestazionali in Italia non hanno cessato di circolare, anzi: se possibile ce ne sono ancora più di prima grazie alle immatricolazioni all’estero di veicoli italiani esportati o, negli anni più recenti, all’acquisto diretto di vetture prestazionali in Austria e Germania o, ancora meglio, in Romania e Bulgaria, realtà queste ultime dove il peso del fisco e gli obblighi assicurativi sono grandemente inferiori rispetto ai paesi europei più grandi, con vantaggi non indifferenti per chi ha optato per un leasing o noleggio estero in questi paesi che, fiutata l’aria, si sono puntualmente attrezzati per offrire un servizio completo al cliente italiano. Per non dire, infine, del corollario secondario, ma sempre utile e gradito, che circolare in Italia con un veicolo noleggiato o in leasing bulgaro o rumeno difficilmente si pagheranno le multe per la violazione delle regole del Codice della strada, a meno di essere “beccati” in flagranza.
Ma questo non è tutto: per pagare il superbollo auto non era sufficiente pagare un unico bollettino agli sportelli postali o alle delegazioni Aci. No, la quota di superbollo andava versata separatamente con versamento in banca tramite modello F24, quello solitamente utilizzato per pagare le tasse, raddoppiando code e tempi di adempimento dell’odioso balzello.
Se l’Italia fosse governata da amministratori seri oltre che capaci, non ci avrebbero pensato due volte a cancellare il superbollo sulle auto prestazionali, così come nel dicembre del 2015 si è fatto per un altro odioso balzello, quello imposto nel 2011 sulle barche, che aveva avuto come risultato di desertificare le marine italiane a favore di quelle di Francia, Slovenia e Croazia (che hanno ringraziato sentitamente Monti & C.) in quanto ci si era resi conto che il provvedimento era stato decisamente controproducente.
Le barche sì, le auto prestazionali no: perché una siffatta dualità (meglio sarebbe schizofrenia) nel comportamento del Governo Renzi che ora perdura con quello Gentiloni? Si dice che il problema starebbe tutto nel mancato gettito immediato di cassa che si vedrebbe privata di una cifra scritta sulla carta che non si riesce nemmeno ad incassare (generando di anno in anno deficit), mentre in termini di competenza sarebbe oltre modo virtuosa, in quanto andrebbe a rigenerare (così come è avvenuto con la nautica) ricostruendo un mercato ammazzato dalla tassazione assurda, questo sì in grado di assicurare alle asfittiche casse statali gettito reale e nuovi posti di lavoro.
E’ troppo aspettarsi un sussulto e un rinsavimento da parte del Governo Gentiloni anche in questo frangente?