Blitz delle forze dell’ordine che hanno arrestato 4 terroristi. La soddisfazione degli inquirenti e della politica che richiama a maggiore attenzione verso l’immigrazione irregolare
Il ponte di Rialto a Venezia doveva essere teatro del primo, eclatante attentato di matrice islamica condotto in Italia da parte di una cellula di pericolosi terroristi kosovari.
E’ lo stesso procuratore reggente di Venezia, Adelchi d’Ippolito a darne notizia, scendendo anche in alcuni particolari: «questa notte sono stati assicurati alla giustizia quattro terroristi veramente pericolosi, che stava progettando una serie di attentati in Italia e all’estero scoperti grazie alle intercettazioni telefoniche che hanno portato all’arresto dei quattro componenti di una presunta cellula jihadista a Venezia. Oltre al progetto di un attentato al Ponte di Rialto, c’erano i contatti con la Siria; uno degli arrestati, in particolare, era tornato da poco dalla Siria dove gli investigatori ritengono avesse combattuto nelle file dell’Isis».
Tutta l’indagine e l’attività di intelligence sulla cellula jihadista scoperta a Venezia è imperniata in abitazioni nel pieno centro della città lagunare, nella zona di San Marco, dove – ha spiegato il procuratore Adelchi d’Ippolito – gli arrestati incontravano simpatizzanti e pregavano. Inneggiavano all’Isis, parlando di ideologia rivoluzionaria, e ipotizzando una serie di attentati. Per i tre arrestati c’è già il provvedimento del Gip, mentre a carico del minorenne c’è un’ordinanza della Procura della Repubblica per i minori ora attesa della convalida del giudice.
L’indagine è partita nel 2016 quando uno degli indagati è rientrato da un viaggio in Siria. Polizia e Carabinieri, è stato sottolineato nel corso della conferenza stampa in Procura, hanno svolto un’attività serrata, e grazie all’intuito della Digos e hanno passato sotto la lente d’ingrandimento non solo tutti i contatti fisici degli appartenenti alla cellula, ma soprattutto quelli telematici. Ogni aspetto è stato seguito passo-passo dai reparti interforze, con il contributo determinante dei Gis e dei Nocs che, data l’alta percentuale di rischio, hanno portato ad arresti fulminei, chiusi in manciate di secondi.
«Non vedo l’ora di giurare ad Allah. Se mi fanno fare il giuramento sono già pronto a morire». Lo dice, in una conversazione intercettata dagli investigatori, uno dei tre cittadini kosovari arrestati a Venezia. Il procuratore reggente Adelchi d’ippolito ha anche riferito altri passaggi: «con Venezia guadagni subito il paradiso per quanti miscredenti ci sono, non vedo l’ora di fare una bomba». Un altro degli indagati, invece, definisce «un grande» un terrorista che in uno dei video di propaganda del Califfato prepara una bomba e la mette in uno zaino, per poi andare a farsi esplodere. Nei dialoghi, infine, gli indagati magnificano anche l’ultimo attentato compiuto a Londra. Il magistrato ha sottolineato che i quattro kosovari – tre arrestati e un minore fermato – erano impegnati «in una vera e propria attività di autoaddestramento al fine di prepararsi a compiere attività criminali e attentati da un lato attraverso esercizi fisici e dall’altro esaminando video dei fondamentalisti dell’Isis che spiegavano l’uso del coltello, come si uccide con un coltello». E’ stato accertato anche che compivano simulazioni per confezionate esplosivi fatti in casa. «Da parte di tutti c’era una grande adesione all’ideologia dell’Isis e ai recenti attentati – ha aggiunto d’Ippolito – in particolare quello a Londra del 22 marzo scorso che ha ricevuto grandi consensi e apprezzamenti». Il gruppo, hanno spiegato gli investigatori, era particolarmente ispirato nell’ultimo periodo dall’attentato terroristico avvenuto all’esterno del Parlamento britannico a Londra.
Quanto ai rischi corsi da Venezia, hanno invece sottolineato che la cellula jihadista non sarebbe stata in grado di colpire, proprio perché “attenzionata”. L’ipotesi di reato contestata è di terrorismo in associazione, confermata dall’attività digitale con contatti in tutto il mondo e dal materiale trovato nelle due abitazioni a disposizione degli indagati. Durante le perquisizioni sono state trovate alcune pistole, di cui si sta ora valutando l’effettiva efficienza. Il procuratore Adelchi D’Ippolito ha puntualizzato che, comunque, l’elemento delle armi per gli jihadisti è «del tutto secondario», in quanto il modus operandi è quello di procurarsi armi o esplosivo alla vigilia dell’azione programmata.
Il governatore del Veneto, Luca Zaia, esprime parole di ringraziamento verso l’operato delel forze dell’ordine: «il blitz della Direzione Distrettuale Antimafia e Antiterrorismo di Venezia coordinata dal procuratore aggiunto Adelchi d’Ippolito, che ringrazio a nome di tutti i veneti, ci restituisce un senso di sicurezza per il quale siamo grati a tutti gli inquirenti e alle Forze dell’Ordine che hanno portato a termine la brillante operazione. Avevamo i terroristi in casa ma, per fortuna, anche bravissimi tutori della legalità. Fa piacere sapere che la comunità veneta è protetta da magistrati e forze dell’ordine di questo livello e professionalità. Questo successo – dice Zaia – è la dimostrazione che siamo in presenza di un fenomeno terroristico diffuso e capillare, verso il quale occorre applicare la tolleranza zero. Viviamo in un Paese che ha già vissuto una tragica stagione di terrorismo politico. Ma questo è ben più pericoloso, perché di livello internazionale, ramificato, subdolo. Messo in atto da cani sciolti o organizzati che sia – aggiunge Zaia – occorre mettere immediatamente in campo leggi speciali, perché quelle ordinarie, troppo permissive, di certo non bastano a contrastare una criminalità internazionale di questo tipo. Occorrono strumenti per rendere ancora più efficace il lavoro della magistratura e ancora più pervasivo quello delle Forze dell’Ordine».
Per Zaia «siamo di fronte a delle scelte non più rinviabili da fare senza buonismi ipocriti, nella consapevolezza che con questo tipo di nemico il dialogo è sconfitto in partenza, perché per dialogare bisogna essere in due, e questi mirano solo a uccidere persone e soffocare le libertà del mondo civile».
Se Zaia e gran parte degli esponenti del centro destra invocano l’inasprimento dei controlli sugli immigrati e sulle politiche legate all’immigrazione indiscriminata, sul fronte delle sinistre sono scesi in campo i pontieri tra le culture e le colombe dell’integrazione e del mondialismo. Per il consigliere del Partito Democratico e vicepresidente del Consiglio regionale veneto Bruno Pigozzo, insieme al capogruppo Dem a Palazzo Ferro Fini Stefano Fracasso e ai colleghi Andrea Zanoni e Francesca Zottis, «sappiamo che Venezia è una città delicata, sia per il suo valore simbolico che per l’elevato numero di turisti e non a caso l’obiettivo del gruppo, secondo quanto emerso dalle intercettazioni, era il ponte di Rialto. Un episodio serio che però non deve portare Venezia a chiudersi in se stessa, cedendo alla paura. Questa città si è sempre caratterizzata per essere “città aperta”, luogo di incontro e confronto tra culture e religioni, spazio di dialogo istituzionale in favore della pace del mondo. È per questo che istituzioni e cittadini devono implementare tutte le azioni possibili per una maggiore coesione sociale – aggiungono i consiglieri del Partito Democratico -. Siamo di fronte a una minaccia diffusa che si caratterizza per l’assoluta imprevedibilità, come testimoniato dal fatto che i tre arrestati erano insospettabili. Vivevano qua da tempo, lavoravano come camerieri in alcuni locali del centro e, a detta degli inquirenti, non avevano dato segni di radicalizzazione. Questo conferma che la strada da seguire è quella indicata dal ministro Minniti, affiancando la capacità di intelligence a un controllo capillare del territorio, al quale abbiamo tutti il dovere di collaborare».