Radiografia del settore su dati 2015 a cura di Itinerari previdenziali. Politici in testa, A seguire notai, docenti universitari e giornalisti. Ma molto è destinato a cambiare con l’avvento del “contributivo”
Pensioni queste sconosciute: troppi i trattamenti, troppe le differenze all’interno di categorie, trppe le disparità tra gli iscritti alla previdenza sulla base della carriera, dell’anno di assunzione ed altro ancora. Una vera e propria giungla su cui cerca di fare periodicamente luce Itinerari previdenziali presieduta dall’ex sottosegretario al Welfare Alberto Brambilla che quest’anno ha preso in esame i dati del 2015.
In cima alla classifica dei maggiori trattamenti pensionistici stanno i notai, seguiti dai docenti universitari e dai giornalisti. Si tratta quasi totalmente di trattamenti retributivi (ovvero calcolati solo sulla media degli ultimi cinque anni di reddito percepito), maturati prima della riforma che ha portato il calcolo della pensione con il sistema contributivo (calcolato sui contributi effettivamente versati durante tutto il periodo lavorativo), che porterà a liquidazioni decisamente più bassi di quelli consentiti con il retributivo: dal 75-80% dell’ultima retribuzione (talvolta anche di più) del sistema retributivo, si passerà ad una media di 40-50% dell’ultima retribuzione del sistema contributivo, con la necessità di integrare il reddito pensionistico con altre forme previdenziali, ad iniziare da quella integrativa alimentata dal TFR e da versamenti aggiuntivi da parte degli iscritti. Ma esistono, secondo itinerari previdenziali, ancora molte sacche di privilegio di pensioni integrate da prestazioni assistenziali, dove il montante derivante dai contributi versati è molto più basso di quanto viene effettivamente corrisposto al pensionato.
Itinerari previdenziali ha calcolato gli importi medi delle pensioni percepite nel 2014 e nel 2015 dalle diverse categorie di lavoratori e il rapporto tra pensione media e reddito medio. Come si vede, la graduatoria è guidata dai notai (le cui pensioni, sottolinea Itinerari previdenziali, “sono totalmente coperte da contributi”): il loro reddito medio nel 2015 è stato pari a quasi 145.000 euro, per una pensione che nello stesso anno si è attestata a quasi 78.000, (54% circa del reddito percepito).
Al secondo posto della graduatoria i docenti universitari, con una pensione media che nel 2015 di 65.000 euro, mentre al terzo posto stanno i giornalisti, dotati di un istituto previdenziali autonomo, l’Inpgi, che nel 2015 ha erogato, a fronte di un reddito annuo medio di quasi 68.000 euro, una pensione di poco più di 52.000 euro (77% dello stipendio). Il rapporto tra pensione e reddito che balza più eclatante è quello degli iscritti al fondo Volo (piloti, assistenti e tecnici di volo, prevalentemente Alitalia, come fa notare Itinerari previdenziali), pari al 260%, poiché nel 2015 la pensione media risultava di quasi 46.000 euro contro i quasi 18.000 euro di reddito medio.
Fin qui i “normali” lavoratori dipendenti ed autonomi. Se si prendono in considerazione anche gli enti e gli organi costituzionali, al primo posto della classifica dei pensionati svettano, al posto dei notai (che si vedono più che doppiati), si trovano i giudici della Corte costituzionale seguiti dai senatori in pensione, dai deputati e dai consiglieri regionali; poi tornano i notai, seguiti dai pensionati della Suprema Corte, a loro volta seguiti dal personale in quiescenza di Camera, Senato e Presidenza della Repubblica.
Itinerari previdenziali segnala anche il “piazzamento” dei dipendenti in pensione della Regione Sicilia: per finanziare le pensioni dei 16.500 dipendenti in quiescenza, l’ente in condizioni finanziarie disastrate ha speso oltre 677 milioni di euro, tra pensioni dirette e indirette, il che significa un assegno medio di 41.000 euro a persona.
Brambilla evidenzia poi che «le pensioni dei dipendenti e i vitalizi dei parlamentari cessati dal mandato rappresentano una posta di bilancio tutt’altro che residuale: a Montecitorio ha raggiunto nel 2015 la quota di 410 milioni di euro, mentre a Palazzo Madama quasi 217 milioni». A ben guardare, però, la spesa per le pensioni dei dipendenti è nettamente superiore a quella sostenuta per i vitalizi degli ex parlamentari: alla Camera la prima ammonta a 265 milioni, a fronte di 145 milioni spesi per i 2.116 assegni vitalizi (sommando i quasi 1.464 diretti e i 652 assegni di reversibilità); al Senato, invece, a fronte di 138 milioni spesi per le pensioni dei dipendenti, ve ne sono quasi 79 milioni stanziati per i 1.269 assegni vitalizi diretti e indiretti maturati da ex senatori.
Poi ci sono le prestazioni erogate dalla Presidenza della Repubblica al personale in quiescenza, in tutto 1.783 persone, che valgono in media 51.660 euro a testa. Ma chi percepisce di più, come già detto, sono i giudici della Corte costituzionale con 175.000 euro di ammontare medio di ciascuna delle 25 pensioni dirette in pagamento («cui se ne aggiungono altre 10 di reversibilità, di importo ovviamente inferiore», avverte Itinerari previdenziali). I giudici costituzionali sono seguiti a buona distanza da deputati e senatori, i cui vitalizi medi ammontano rispettivamente a 81.830 euro e 68.103 euro.