Secondo la Cgia, dal 24 agosto 2016 al 31 gennaio 2017 lo Stato ha incassato ben 1,8 miliardi di euro utilizzando solo quelle istituite per finanziare ricostruzioni post terremoto negli ultimi 50 anni
Dall’inizio di settembre del 2016 fino al 31 gennaio di quest’anno, gli italiani hanno versato all’erario 1,8 miliardi di euro interamente ascrivibili alle accise sui carburanti introdotte per finanziare la ricostruzione di 5 aree colpite da altrettanti terremoti avvenuti in Italia in questi ultimi 50 anni. Accise, secondo la Cgia di Mestre, che ancora adesso, sebbene siano state rese permanenti, si pagano perché dovrebbero finanziare i lavori del dopo-sisma del Belice (avvenuto nel 1968), del Friuli (1976), dell’Irpinia (1980) dell’Abruzzo (2009) e dell’Emilia Romagna (2012).
Visto che buona parte di queste ricostruzioni sono terminate da molti anni, «almeno in linea puramente teorica – dichiara il coordinatore dell’Ufficio studi della Cgia, Paolo Zabeo – possiamo affermare che per i primi interventi di messa in sicurezza e di avvio dei lavori di ricostruzione nelle aree del centro Italia colpite dal terremoto del 24 agosto scorso e dalle scosse che si sono abbattute successivamente, in soli 5 mesi gli italiani hanno versato nelle casse dello Stato 1,8 miliardi di euro. Pertanto, sostenere che non è facile trovare le risorse economiche per affrontare queste emergenze non corrisponde al vero. Pur sapendo che queste entrate provenienti dall’applicazione delle accise non hanno alcun vincolo di spesa e in larga parte finiscono nel capitolo delle uscite pubbliche, resta il fatto che gli italiani continuano a pagare delle imposte che sono state introdotte per fronteggiare gli effetti negativi provocati da calamità naturali che, in massima parte, sono stati risolti. Preso atto di ciò – continua Zabeo -, correttezza vorrebbe che queste risorse, che continuiamo a pagare ogni qual volta ci rechiamo ad una stazione di servizio con la nostra auto, fossero utilizzate per fronteggiare le nuove emergenze come quelle che hanno colpito il centro Italia a partire dal 24 agosto scorso e non voci di spesa che nulla hanno a che vedere con le finalità per cui sono state introdotte».
La stima dell’importo di 1,8 miliardi di euro di gettito fiscale da accise sui carburanti in soli 5 mesi è stato calcolato prendendo a modello i dati e le stime dei consumi di gasolio per autotrazione e di benzina registrati a partire dal 1 settembre 2016 fino al 31 gennaio 2017: l’Ufficio studi dell’Associazione artigiani mestrina ha stornato dal prezzo alla pompa la quota riconducibile alle 5 accise introdotte per la ricostruzione post-sisma e gli effetti sull’Iva incassati dal fisco. Accise, sottolineano dalla Cgia, che sono state applicate per finanziare la ricostruzione post terremoto del Belice, del Friuli, dell’Irpinia, dell’Abruzzo e dell’Emilia Romagna.
«Ogni qual volta ci rechiamo a fare il pieno alla nostra autovettura – sottolinea il Segretario della CGIA Renato Mason – 12 centesimi di euro al litro ci vengono prelevati per finanziare la ricostruzione delle zone che sono state devastate negli ultimi decenni da questi eventi sismici. Con questa destinazione d’uso gli italiani continuano a versare all’erario circa 4 miliardi di euro all’anno. Se, come dicono gli esperti, questi fenomeni distruttivi avvengono mediamente ogni 5 anni, è necessario che queste risorse siano impiegate in particolar modo per realizzare gli interventi di prevenzione nelle zone a più alto rischio sismico e per fronteggiare i primi interventi nelle zone appena colpite».
Sempre in tema di fisco e di accise, la Cgia ribadisce la sua contrarietà al possibile aumento che queste ultime potrebbero subire nelle prossime settimane per far fronte alle richieste dell’Ue di correzione del nostro disavanzo per un importo complessivo di 3,4 miliardi di euro. «Se oggi Bruxelles ci chiede di rivedere i nostri conti pubblici – conclude Zabeo – ciò è in parte dovuto al fatto che il Parlamento ha approvato una legge di Bilancio per il 2017 molto generosa sul fronte della spesa. I vari bonus erogati con una certa magnanimità e l’innalzamento della “no tax area” per i pensionati, ad esempio, ci costeranno poco più di 1,3 miliardi di euro. Quasi lo stesso importo che il Governo Gentiloni vuole recuperare con il ritocco all’insù delle accise sui carburanti».
Dalla Cgia si ricorda poi che entro la fine di quest’anno il Governo dovrà recuperare altri 19,5 miliardi di euro, per evitare che dal 1 gennaio 2018 scatti la clausola di salvaguardia che “provocherà” l’innalzamento dell’aliquota ordinaria dell’Iva dal 22% al 25% e quella ridotta dal 10% al 13%. Se non evitati, questi aumenti faranno salire alle stelle anche i prezzi dei carburanti e il costo della vita. Un motivo in più per non anticiparne l’aumento già dalla fine di questo mese visto che, tra le altre cose, gli italiani continuano a pagare le accise introdotte per la guerra di Abissinia (1935), per la crisi di Suez (1956), per il disastro del Vajont (1963), per l’alluvione di Firenze (1966), per la missione in Libano (1983), per la missione in Bosnia (1996) e per il rinnovo del contratto degli autoferrotranvieri (2004).