A novembre calo dello 0,7%. Preoccupazioni di Confcommercio e Confesercenti circa l’andamento delle vendite nel 2017. Indispensabile un drastico cambio di rotta delle politiche economiche del governo
Secondo la periodica rilevazione Istat, a novembre 2016 le vendite al dettaglio registrano una variazione congiunturale negativa dello 0,7% in valore e dello 0,8% in volume che, dopo l’accelerazione rilevata ad ottobre, riallinea i livelli delle vendite a valori di poco superiori a settembre. Le vendite di beni alimentari diminuiscono dell’1,2% in valore e dell’1,3% in volume; quelle di beni non alimentari calano dello 0,5% in valore e dello 0,4% in volume.
Nella media del trimestre settembre-novembre 2016 l’indice complessivo delle vendite al dettaglio segna una lieve flessione (-0,1%), sia in valore sia in volume, rispetto al trimestre precedente. Rispetto a novembre 2015, le vendite aumentano complessivamente dello 0,8% in valore e dello 0,7% in volume. Le vendite di prodotti alimentari crescono dello 0,3% in valore e dello 0,2% in volume. Quelle di prodotti non alimentari registrano un incremento dell’1,0 in valore e dello 0,9% in volume. Tra i prodotti non alimentari, l’incremento tendenziale più sostenuto riguarda i gruppi Mobili, articoli tessili, arredamento e Prodotti farmaceutici (+2,2% per entrambi i gruppi). In diminuzione soltanto il gruppo Cartoleria, libri, giornali e riviste (1,6%). Rispetto a novembre 2015 si osserva un incremento del valore delle vendite sia per la grande distribuzione (+0,3%) sia, in misura piu’ ampia, per le imprese operanti su piccole superfici (+1,0%).
Secondo Coldiretti, la deflazione taglia i consumi con la spesa alimentare domestica delle famiglie che chiude il 2016 con il segno meno ma anche un drammatico crollo del 5,2% dei prezzi riconosciuti agli agricoltori con effetti devastanti per le campagne. Su base annua – sottolinea la Coldiretti – si stima una riduzione degli acquisti di cibo e bevande dell’1% rispetto al 2015 frutto di dinamiche eterogenee tra i diversi comparti, tra cui si segnalano cali, anche di una certa intensità, per le carni (-6%), i salumi (-5%) il latte e derivati (-4%) e oli e grassi e vegetali (-2%), solo in parte compensati da un incremento degli acquisti di prodotti ittici (+3%) e della frutta (+2%).
Secondo l’Ufficio studi di Confcommercio «anche in novembre, la domanda delle famiglie mantiene un profilo molto prudente, facendo apparire il buon risultato di ottobre un evento isolato. Il 2016 dovrebbe chiudersi con un incremento dei consumi superiore all’1%, determinato dalla crescita dei servizi e dagli acquisti di auto, segmenti esclusi dall’indice delle vendite al dettaglio. Al contrario, gli acquisti ad alta frequenza, come gli alimentari e i prodotti per la casa, mostrano ancora andamenti insoddisfacenti»
Confcommercio è scettica sull’andamento del 2017: «nonostante il ritorno in territorio positivo della variazione su base annua, la fragilità della ripresa dei consumi nell’ultima frazione del 2016 proietta qualche ombra sul 2017, un anno che si presenta difficile, tanto per la riduzione della dinamica del reddito disponibile, quanto per l’incerto andamento dell’occupazione. Pure immaginando di potere neutralizzare nuove restrizioni alla politica di bilancio, resta di fondamentale importanza un cambiamento radicale negli orientamenti di politica fiscale, transitando dalla logica dei bonus selettivi verso il taglio generalizzato delle aliquote Irpef, anche a beneficio dei ceti produttivi, prima i più colpiti dalla crisi e poi trascurati nell’ultimo triennio di debole ripresa».
Giudizio negativo anche da parte di Confesercenti: «le vendite continuano a frenare. E dopo l’illusione di ripartenza di ottobre, a novembre tornano a calare, annullando i passi avanti fatti e riportandoci ai livelli – già poco esaltanti – di settembre. E confermando un 2016 complessivamente deludente sotto il profilo del commercio. Si sperava fosse l’anno del consolidamento della ripresa; ma il recupero netto e generalizzato atteso durante l’anno non c’è stato». Per Confesercenti «il rallentamento conferma il momento di difficoltà in cui ancora versano troppe famiglie italiane. La mancata ripresa del 2016 ha portato inoltre al riacutizzarsi della crisi del commercio, che dal 2012 a oggi ha “bruciato” 96.000 imprese del commercio al dettaglio e più di 100.000 posti nell’occupazione indipendente – afferma il presidente Massimo Vivoli – e per uscire dal pantano occorre una riflessione seria sul mercato interno e sul bisogno di rafforzare la domanda interna come volano per la crescita, anche con soluzioni innovative. Ci appare ormai chiara oltre ogni ragionevole dubbio, la necessità di fare un passo indietro sulle liberalizzazioni, che hanno contribuito alla crisi delle Pmi senza dare benefici».