Rapporto “Crea” Università Tor Vergata promuove il federalismo in sanità

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Soddisfazione di Zaia e Coletto: «avanti con i costi standard. Duro colpo al neo centralismo. Bene puntare sull’autonomia»

 

spesa sanità euro soldi stetoscopioIl federalismo in sanità è positivo secondo l’analisi proposta da Federico Spandonaro, economista sanitario dell’univerità Tor Vergata e presidente di Crea Sanità, il Consorzio per la ricerca economica applicata in sanità che ha presentato a Roma il XII Rapporto.

«Trovare, a livello politico, un convinto assertore del federalismo – spiega nell’introduzione al Rapporto – sembra essere impresa quasi disperata. Questa convinzione, per quanto diffusa, sembra però trovare pochi o nulli riscontri oggettivi. Accusare il federalismo dei mali residui della sanità italiana, che poi sono effetti derivanti dalle note e irrisolte “questioni” della società italiana (prima di tutto la questione meridionale e poi quella fiscale) è almeno ingeneroso. Pensare che riaccentrare il potere in sanità sia la panacea di tutti mali  – sostiene Spandonaro – è aspettativa miope, destinata a infrangersi sull’evidenza di quelli che sono i veri nodi al pettine per garantire la durabilità del Ssn». 

Il Rapporto del Crea è salutato con ovvia soddisfazione dal governatore del Veneto, Luca Zaia: «si tratta di un nuovo duro colpo al centralismo, già sonoramente sconfitto dall’esito del referendum, ma pervicacemente ancora perseguito in Italia, dove non ci si vuole arrendere all’evidenza che gli Stati dove si vive meglio sono quelli federali, come Stati Uniti, Germania, Svizzera, ai cui modelli dovrebbe guardare tutta Italia, ai quali guardiamo noi con il referendum che terremo per ottenere più autonomia, quindi più federalismo, per il Veneto». Per Zaia «abbiamo così un’autorevole conferma accademica di quanto sostengo da sempre e cioè che, nella realtà dei fatti, il federalismo comporta un’equa distribuzione del benessere, valorizza e quindi unisce, è centripeto. Il centralismo, al contrario, è centrifugo e porta solo ad un’equa suddivisione del malessere. Assodato che (almeno per chi sa usarlo bene come il Veneto) anche quel poco di federalismo contenuto nella riforma del Titolo Quinto della Costituzione che abbiamo salvato con la vittoria del “No”, fa bene – aggiunge il Governatore – è giunta l’ora che il Governo imponga per legge i costi standard, o che tutte le Regioni abbiano il coraggio e la forza di applicarli, perché si tratta dell’unica risposta davvero federalista alla necessità di eliminare gli sprechi e ottimizzare la spesa, in sanità come in tutti gli altri settori della spesa pubblica». Secondo Zaia «i costi standard sono i migliori alleati del federalismo virtuoso, e il centralismo italico è il loro peggior nemico. Per questo motivo faranno di tutto per non applicarli, ma non dobbiamo arrenderci. In questo senso gli esiti del Rapporto di Tor Vergata sono una ulteriore sferzata di energia. Voglio proprio vedere come faranno i filosofi parolai del centralismo a confutare i dati di fatto snocciolati dal CREA».

Per l’assessore alla sanità della regione del Veneto, Luca Coletto, «il Rapporto Crea certifica che il federalismo in sanità non ha fallito, ed è anzi riuscito a risanare gli aspetti finanziari e a migliorare anche l’applicazione dei Livelli Essenziali di Assistenza (i LEA). Il federalismo ha prodotto esempi virtuosi, come il Veneto che anche nel 2015 ha chiuso il bilancio sanitario in attivo di 12,5 milioni di euro, la Lombardia, l’Emilia Romagna, la Toscana che, con le loro buone pratiche, possono ora far da traino alle Regioni più in difficoltà, ma non da tappabuchi per gli sprechi, che devono cessare con l’applicazione rigorosa dei costi standard in tutto il Paese».

Per Coletto «Tor Vergata ha indicato chiaramente la via futura: serve sempre più federalismo in sanità e in generale: non fermare chi è più avanti, ma aiutare chi arranca, con una cura da cavallo. I costi standard vanno applicati alla lettera, perché in caso contrario verrebbero vanificati anche gli effetti dei Piani di Rientro, come se una persona grassa, dopo una dieta da trenta chili, ne riprendesse quaranta».