La lingua veneta assurgerebbe allo stesso status del Friulano, del Ladino, del Tedesco o dello Sloveno
L’introduzione per legge del Veneto come lingua da studiare accanto ad altre lingue curriculari come l’italiano o l’inglese non sarebbe vista come un problema dall’Ufficio regionale scolastico. Lo precisa il direttore generale Daniela Beltrame, in riferimento al progetto di legge regionale 116, quello sul bilinguismo, che sarà votato dal Consiglio regionale la prossima settimana.
«Se, come già avviene per la lingua friulana o per il ladino, l’occitano, il catalano, l’albanese, il sardo, una legge nazionale o regionale introducesse lo studio, accanto alle altre lingue straniere, anche della lingua veneta nelle scuole, ciò sarebbe un valore aggiunto e non un peso per le scuole e per gli alunni – afferma Beltrame . Il discorso non va posto in termini di contrapposizioni o di priorità tra lingue, quelle più usate e quelle meno usate, quelle più importanti a livello commerciale e comunicativo mondiale e quelle meno, ma va assunto nella prospettiva plurilinguistica, in aderenza alle Raccomandazioni Europee, ai principi a cui tutta l’azione del Ministero dell’Istruzione in questi anni si è ispirata, ritenendo che le diversità linguistiche siano un elemento di democrazia e di rispetto dell’identità culturale delle persone».
Secondo Beltrame «l’integrazione nell’offerta formativa delle scuole dell’infanzia, primarie e secondarie di primo grado dell’uso e della conoscenza di una lingua minoritaria, nel rispetto della scelta delle famiglie di avvalersi o no del relativo insegnamento non rappresenterebbe un aggravio ma un’opportunità di arricchimento formativo e di sviluppo cognitivo per tutti gli alunni, come sostenuto dalle ricerche internazionali di psicolinguistica e di sociolinguistica».