Importante il ruolo di promozione del “Made in Italy” delle rappresentanze estere. Strtegico il ruolo del digitale per nuove esperienze
Riva del Garda (Trentino) ha ospitato la XXV convenzione mondiale delle Camere di commercio italiane all’estero, dal titolo “Il ruolo delle reti nella promozione del ‘Made in Italy’”, organizzata congiuntamente dalle Camere di Trento e di Bolzano in collaborazione con Assocamerestero.
Per il presidente della Camera di Trento, Gianni Bort, «gli ultimissimi dati di agosto hanno fatto registrare per il nostro Paese una brusca ripresa sia dell’export che dell’import, con risultati particolarmente lusinghieri per le vendite verso i tradizionali mercati di sbocco europei con un incremento dell’11,4% rispetto allo stesso mese del 2015. Al termine del 2015 – ha aggiunto – il valore delle esportazioni italiane ha raggiunto quota 413,8 miliardi di euro, il 3,8% in più rispetto all’anno precedente e un aumento complessivo del 22,7% dalla fine del 2010: non occorre essere economisti di lungo corso per comprendere cosa un simile giro d’affari possa rappresentare per un Paese come il nostro il cui Prodotto interno lordo si aggira intorno ai 1.700 miliardi di euro».
Secondo Bort «è giusto essere prudenti, “una rondine non fa primavera”: infatti tra la fine del 2015 e l’inizio del 2016 i principali indicatori hanno messo in evidenza una decelerazione della domanda internazionale, con conseguenze visibili, anche se intermittenti, sul volume di scambi delle nostre imprese. Ma noi oggi vogliamo essere ottimisti e fiduciosi nella capacità delle nostre imprese impegnate sui mercati esteri – ha proseguito – e parliamo di più 193.000 imprese esportatrici, di cui circa 12.000, con più di 50 addetti, coprono il 75% del valore complessivo delle nostre esportazioni. In un contesto economico nazionale – ha inoltre osservato Bort – caratterizzato da rigidità delle finanze pubbliche e da una domanda interna debole, le prospettive di crescita sono fortemente legate alla performance delle esportazioni».
Il congresso si è rivolto in particolare «a quelle 180.000 imprese, più piccole e meno strutturate, ma non per questo meno determinate e in grado di portare la qualità del “Made in Italy” nel mondo – ha sottolineato Bort -. Non dobbiamo dimenticare che la nostra rete, in Italia e all’estero, agisce sul duplice movimento di apertura e di attrazione. Da un lato, facilita il processo di predisposizione alle relazioni internazionali, per entrare nei grandi flussi globali, per proporre le specificità dei luoghi di produzione, dall’altro favorisce la possibilità di creare le condizioni affinché i confini del territorio si dilatino per attrarre investitori esterni e capitale umano».
Le problematiche interne che ostacolano lo sviluppo dell’attività internazionale delle aziende che ricorrono alle Camere di commercio estere (Ccie), oltre alla ridotta disponibilità delle risorse finanziarie necessarie, risultano la scarsa conoscenza delle opportunità offerte dai mercati esteri (per oltre la metà delle imprese, il 53,2%) e la mancanza di personale disposto ad andare all’estero (49,0%) o dotato delle conoscenze necessarie (48,8%). I dati sono di un’indagine Doxa-Assocamerestero, “Internazionalizzazione e servizi delle Ccie: la voce delle imprese”, presentata in a Riva del Garda. Lo studio, condotto su un campione totale di 2.028 Pmi italiane, di cui 1.107 che operano all’estero, fornisce una panoramica a 360 gradi sulle principali caratteristiche, i settori merceologici e le strategie di mercato delle imprese internazionalizzate, che vengono profilate ed analizzate anche in rapporto alle attività svolte dalle Camere di commercio italiane all’estero a sostegno dell’export e dell’internazionalizzazione di impresa. Per quanto riguarda in generale la tipologia di servizi offerti, le Pmi richiedono alle Ccie cui si rivolgono principalmente: orientamento al mercato (72,3%); ricerca partner-fornitori (66,2%); consulenza in materia doganale (58,9%) e contrattualistica (57,9%). Inoltre più è complessa l’operazione che le aziende effettuano all’estero, più vengono individuate le Ccie come interlocutore di fiducia e qualificato sui mercati esteri. Le aziende scelgono infatti di farsi affiancare dalle Ccie soprattutto per attivare partnership transnazionali sul tema della R&S-trasferimento tecnologico (36,5%) e per insediare all’estero parte del processo produttivo (un terzo delle imprese, il 33,7%); e svolgono la loro attività d’impresa attraverso una controllata (37,3%) oppure grazie alla presenza diretta con filiali e joint venture commerciali (37,2%). Se si guarda all’utilizzo dei diversi enti della promotion, le imprese che scelgono le Ccie (quasi la metà delle aziende internazionalizzate che conosce la rete la sceglie), ricorrono in misura maggiore rispetto alla media anche ai servizi di altri soggetti, quali ad esempio l’Ice Agenzia (58,4% contro un valore medio del 41,5%) e il Sistema camerale italiano (addirittura al 68,5% contro il 50,2% delle imprese internazionalizzate), a testimonianza di come le Camere di commercio, in Italia e all’estero, rappresentino un sistema consolidato in grado di affiancare l’azienda decodificandone le esigenze e aiutandole a far sì che l’internazionalizzazione sia una scelta consapevole e produttiva.
«Questi dati devono far riflettere. E’ importante che un’impresa quando decide di puntare sull’export, definisca una strategia sul medio-lungo periodo che le consenta di operare in modo efficace sui mercati esteri – afferma Gian Domenico Auricchio, presidente di Assocamerestero -. Per far ciò ha bisogno di avvalersi di partner qualificati ed affidabili che la accompagnino nel delicato e complesso processo di internazionalizzazione, indirizzandola con azioni e interventi mirati. In tale contesto, l’essere una comunità di imprese al servizio di altre imprese, la capacità di lavorare a livello multilaterale su 54 mercati e di creare relazioni stabili e durature con controparti locali, rappresentano il valore aggiunto della nostra Rete, che offriamo a tutto vantaggio dell’internazionalizzazione delle piccole e medie imprese».
«Far crescere il numero delle imprese italiane che esportano è uno dei primi obiettivi che il nostro Paese deve porsi per incrementare la presenza italiana all’estero». Ad affermarlo Giorgio Mencaroni, vicepresidente vicario di Unioncamere, secondo cui «la priorità per conseguire questo risultato è favorire la rivoluzione digitale, fattore oggi sempre più centrale nel processo di rinnovamento che stanno compiendo i sistemi produttivi territoriali. La Convention è il momento in cui ogni anno la rete delle Camere di commercio italiane all’estero incontra il territorio, come dimostra l’Indagine da noi condotta con la Doxa: è proprio questo saper interpretare le istanze delle aziende che ci fa preferire quando queste hanno bisogno di assistenza specializzata e business scouting all’estero».
Per il direttore generale di InfoCamere, Paolo Ghezzi, «è una sorta di rinascimento digitale la spinta incalzante del progresso tecnologico attualmente in atto e anche un processo tutt’altro che semplice, specialmente se si considerano le piccole dimensioni del 90% delle imprese italiane». La relazione di Ghezzi ha aperto la prima sessione dedicata a “Le sfide: digitale, innovazione, internazionalizzazione”. Ghezzi ha anche ricordato l’importanza dell’ammodernamento digitale subìto dal Registro delle imprese delle Camere di commercio, definendola «una vera e propria anagrafe digitale in grado di fornire informazioni ufficiali per garantire la trasparenza del mercato e la sicurezza nei rapporti di business».
Tra i relatori della sessione è intervenuto anche Andrea Granelli, esperto e fondatore di Kanso srl, che ha spiegato come la sfida del digitale sia «innanzitutto una sfida culturale: per questo motivo bisogna educare al digitale. Non è tanto importante conoscere le sigle, usare con abilità il mouse o conoscere le funzioni dei programmi più in voga quanto piuttosto saper valutare fra le diverse opzioni digitali, conoscerne le precondizioni attuative, saper fare “business case”, identificare effetti collaterali e lati oscuri: in poche parole bisogna saper creare un “Digital State of Mind”».
La seconda sessione, dedicata a “I territori, in Italia e nel mondo, come chiave di successo nel mercato globale” è stata introdotta dall’intervento istituzionale di Thomas Aichner, presidente di Idm Südtirol-Alto Adige, l’azienda di servizi per le imprese della Provincia autonoma di Bolzano e della Camera di Commercio, che è intervenuto sottolineando che «per avere successo un territorio deve proporsi con un profilo credibile. L’Alto Adige ha lanciato il marchio ombrello Alto Adige che rispecchia i suoi valori, la sua cultura e i suoi punti di forza».
Paolo Nicoletti, direttore generale della Provincia autonoma di Trento, ha rimarcato «l’importanza del ruolo dei territori e delle politiche regionali nella strutturazione di strategie integrate di sostegno alla competitività e allo sviluppo internazionale dei propri attori imprenditoriali, terziari e tecnologici».
La parola è quindi passata ai rappresentanti delle Camere di commercio italiane all’estero, suddivise per zona geografica, a cominciare dall’Area Patto andino e Centro America, per poi proseguire con l’Area Mediterraneo, Asia e Sud Africa, Sud America, America del Nord ed Europa. I delegati hanno riferito circa le iniziative specifiche destinate ai rispettivi territori e hanno accennato anche a temi inerenti il lavoro di intermediazione, svolto nel rispetto delle specificità culturali ed economiche dei territori locali, e finalizzato al potenziamento dell’export delle imprese italiane. Hanno inoltre approfondito il tema della percezione del “Made in Italy” all’estero e di quali sono i prodotti e i settori di maggior interesse per le diverse aree; si sono quindi soffermati sull’influenza delle esportazioni nell’Area UE ed extra-UE con l’avvento dell’era post-Brexit, sul fenomeno dell’“Italian sounding” e sui suoi effetti economici.
Chiusura del convegno agli esponenti del governo: importante affrontare argomenti tanto attuali potendo contare su una pluralità di voci che contribuiscono, ciascuna per sua competenza, a dare completezza alla discussione. Concordi su queste conclusioni Pierpaolo Baretta, sottosegretario al ministero dell’economia e delle finanze, e Benedetto Della Vedova, sottosegretario al ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale, e Andrea Olivero, viceministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. Appuntamenti come questo, secondo Baretta, Della Vedova e Olivero, offrono un aiuto concreto alla costruzione di un quadro compiuto ed esaustivo, premessa fondamentale per coloro che sono poi incaricati di agire in sede governativa.