A Udine convegno del centro sinistra sulle autonomie speciali e riforma costituzionale

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carta di udine Serracchiani Costa Iacop Kompatscher Rossi Demuro
«Il concetto di intesa ci rende più forti rispetto allo Stato»

 

carta di udine Serracchiani Costa Iacop Kompatscher Rossi DemuroLe regioni Friuli Venezia Giulia e Sardegna e le provincie di Trento e Bolzano, tutte a guida centro sinistra, hanno sottoscritto a Udine la “Carta di Udine”, un documento in cui i rappresentanti delle rispettive autonomie speciali prendono atto congiuntamente degli effetti della riforma costituzionale e dove si chiarisce che lo strumento costituzionalizzato dell’intesa fungerà da salvaguardia della specialità.

Il documento è stato firmato in apertura del convegno “Riforma Costituzionale e Autonomie speciali” nell’auditorium Comelli della Regione dalla presidente Debora Serracchiani, dai presidenti delle province di Trento e Bolzano, Ugo Rossi e Arno Kompatscher, e per la regione Sardegna,  dall’assessore agli affari generali e riforma, Gianmario Demuro.

«La “Carta di Udine” – ha spiegato Serracchiani – è un documento importante a cui abbiamo lavorato come presidenti delle Regioni e delle Province autonome anche su sollecitazione, come nel caso del nostro Consiglio regionale, per specificare meglio gli effetti che la riforma costituzionale ha sulla specialità. Il risultato – ha aggiunto – è un documento da cui si evince non solo che non applichiamo direttamente la riforma costituzionale alle regioni a Statuto speciale, ma che la riforma costituzionale rafforza la loro specialità. Con il concetto di intesa diventiamo più forti rispetto allo Stato: questo è molto importante perché, come dicono anche molti costituzionalisti e altri presidenti di Regione a Statuto ordinario, questa riforma rafforza le speciali. La riforma entrerà in vigore con il prossimo mandato, il che significa – ha specificato Serracchiani – che abbiamo mesi, un anno abbondante, per poter fare tutto il lavoro attorno all’intesa non soltanto individuando il metodo ma, soprattutto, i contenuti».

«Noi puntiamo come regioni a Statuto speciale – ha evidenziato Serracchiani – ad avere anche ulteriori competenze ed il Friuli Venezia Giulia alcune richieste le ha già avanzate. Questo lavoro sinergico produrrà un rafforzamento particolarmente importante per noi».

Nella “Carta di Udine” viene ribadito anzitutto come le Autonomie speciali siano «nel tessuto profondo della Carta Costituzionale ed intendono fornire un contributo di modernizzazione istituzionale per valorizzare un modello di regionalismo naturalmente asimmetrico e differenziato».

Ma, si ricorda anche nella “Carta”, «le Autonomie speciali devono essere sempre considerate come parte del tutto e mai come corpo separato». In questo senso, anche il percorso di riforma costituzionale in esame rappresenta un salto di qualità nella piena applicazione dei principi costituzionali fissati nell’articolo 5 della Costituzione. La “Carta” fa riferimento in particolare al Senato delle regioni e delle autonomie locali, che «al di là dell’esercizio pieno delle funzioni legislative in alcune materie fondamentali, in particolare per le leggi costituzionali, che viene mantenuto, svolge indubbiamente un ruolo di riequilibrio istituzionale nella possibilità di richiamare ogni provvedimento legislativo approvato dalla Camera, nel rapporto con l’Unione europea e nell’attività di valutazione dell’impatto delle politiche pubbliche e comunitarie sul territorio».

Un elemento non secondario, proprio per dare maggiore equilibrio al sistema, è dato dalla forte incidenza del Senato delle regioni e delle autonomie nei processi di nomina degli organi di garanzia (elezione del presidente della Repubblica e nomina di 2 giudici costituzionali sui 5 di nomina parlamentare). «Il legislatore costituente – si legge ancora nella “Carta” – ha pienamente confermato, nel nostro ordinamento, il valore delle autonomie speciali. Resta la differenziazione e non viene messa in discussione la specificità». Anzi, l’articolato iter parlamentare ha anche consentito di salvaguardare gli Statuti di autonomia, introducendo il principio dell’intesa nel processo di revisione, il mantenimento delle norme più favorevoli introdotte con la riforma costituzionale del 2001 e la possibilità del trasferimento di ulteriori competenze attualmente statali con la procedura semplificata dell’articolo 116 comma 3 della Costituzione.

I sottoscrittori della “Carta” sono convinti quindi che «proprio una corretta applicazione del principio dell’intesa consentirà alle Autonomie speciali di divenire laboratorio, magari attraverso una strategia costituzionale comune, per la sperimentazione di altre forme avanzate di autonomia a geometria variabile e virtuosamente competitive».

Infine, in un quadro di relazioni Stato-Autonomie speciali caratterizzato dal principio dell’intesa e dal metodo negoziale improntato alla leale collaborazione, «diviene esigenza funzionale il rafforzamento del ruolo delle Commissioni paritetiche, sede istituzionale del confronto e della sintesi».

Il convegno di Udine su “Riforma costituzionale e autonomie speciali” «è una tappa fondamentale della riflessione sul regionalismo e sulle Regioni a Statuto speciale» ha detto il ministro degli Affari regionali e autonomie, Enrico Costa, concludendo il convegno. «Leggendo la riforma costituzionale – ha osservato Costa – vedete che c’è lo strumento giuridico che consente di andare verso una visione dinamica degli Statuti, il che impone, parallelamente, al Governo e al Parlamento di porsi dei tempi certi per le norme di attuazione». Proprio «gli strumenti giuridici – secondo il ministro – garantiscono intese solide». Costa ha rilevato che l’aspetto chiave della riforma costituzionale, per ciò che riguarda il rapporto con le Regioni a Statuto speciale, «è quello dell’equilibrio e della leale collaborazione», secondo il principio che ha sintetizzato in «nessuna revisione in solitudine». Costa ha apprezzato «il taglio del convegno» odierno «in quanto confronto sui temi» e ha evidenziato, infine, che quando si toccano temi istituzionali «non ci sono colori politici».

Che la riforma offra opportunità sulle quali bisogna riflettere è anche il parere espresso sia dal presidente del Consiglio regionale del Friuli Venezia, Franco Iacop, che dal sindaco del comune di Udine, Furio Honsell. Entrambi, nei loro saluti introduttivi, hanno ricordato come il Friuli Venezia Giulia sia geloso e orgoglioso della propria specialità, una prerogativa che non è minata dal testo di riforma. 

«Il rapporto che intercorre tra lo Stato, le Autonomie speciali e il Governo è stato discusso anche nel nostro Consiglio regionale», ha detto Iacop, rappresentante dei presidenti di tutti i Consigli regionali, evidenziando come all’interno della riforma le autonomie speciali non solo conservano la propria intangibilità, ma «diventato patrimonio e valore specifico del regionalismo in Italia». 

Le possibilità offerte dal testo che sarà sottoposto a referendum sono, per Elena D’Orlando, docente di diritto regionale all’Università di Udine, essenzialmente racchiuse negli «assetti istituzionali asimmetrici e differenziati». Punto cruciale è comunque la riscrittura degli Statuti, definita dalla professoressa «vera clausola di salvaguardia delle autonomie speciali». Da D’Orlando è poi giunto l’avvertimento a non confidare ciecamente al «governo delle leggi», poiché esso risulta poco efficace se non c’è anche un investimento su se stesso dell’intera comunità regionale, chiamata «ad indicare la strada verso la quale vuole che si indirizzi il suo futuro». 

Ribadendo invece come la riforma non preveda la modifica degli statuti speciali, Franco Pizzetti, docente di diritto costituzionale all’Università di Torino, ha espresso la propria convinzione che il quadro delineato dalla riforma renda la specialità delle Regioni «più viva». Importante, inoltre, la composizione del Senato, che dovrebbe diventare chiara espressione dei Consigli regionali.

L’intesa è uno strumento che da garanzia alle Autonomie speciali. Come ricordato da Demuro, la Costituzione si fonda anche sulla diversità «aspetto riconosciuto anche dalla riforma che garantisce le Regioni a Statuto speciale attraverso l’intesa». L’assessore sardo ha quindi sottolineato come quest’ultima sia già stata sperimentata in modo positivo nel tempo, ad esempio in campo finanziario «ma che nel caso di questa riforma costituzionale è stata rimodulata per le Autonomie speciali. Questo significa – ha detto Demuro – che si è deciso di voler investire in questo campo». L’assessore sardo ha ribadito il valore dell’intesa «che deve essere quindi vista come strumento di garanzia per il rilancio della specialità; quest’ultima non deve essere considerata come un fortino all’interno del quale rinchiudersi perché a sua tutela vige l’ascolto e la condivisione che ci deve essere tra lo Stato e la Regione come previsto dalla Costituzione stessa».

Per il presidente della Provincia di Trento, il tema va affrontato sgombrando il campo dalla paura che porta con se il cambiamento. «In Germania – ha ricordato Rossi – questo processo è stato attuato già una cinquantina di volte e ciò non ha mai messo in discussione la democrazia ma, anzi, ha saputo interpretare i cambiamenti avvenuti nella società». Per quanto motivo, Rossi ha esortato i colleghi presenti al tavolo ad affrontare la sfida con una visione apartitica «poiché quando c’è in gioco la specialità non ci deve essere la politica ad interferire». Altro aspetto su cui si è soffermato Rossi è quello legato al fatto se la riforma dia maggiori o minori possibilità di manovra alle Autonomie speciali. «Senza dubbio – ha detto – l’ambito operativo è sicuramente maggiore. Il nostro compito deve essere quello di metterci contenuti innovativi ma che, al contempo, ci tutelino». Rossi si è poi soffermato sugli aspetti positivi della riforma «perché semplifica i procedimenti legislativi». Infine, ha ricordato quali devono essere le parole d’ordine da tenere in considerazione ovvero «nessun arretramento sulle conquiste ottenute sino ad oggi poiché i nuovi statuti e le intese devono rispettare le singolarità delle Autonomie speciali. Ma, al contempo, nessun arroccamento, poiché sarebbe un gravissimo errore. Il percorso in 70 anni dimostra come autonomie sono state utili al territorio e laboratorio per il Paese».

Compiendo un excursus storico sulla provincia di Bolzano, il presidente Arno Kompatscher ha ricordato come gli accordi di diritto internazionale tra Austria e Italia già garantiscono a questo territorio l’autonomia «e che ora si rinforzerà perché presente in modo esplicito anche in una norma della Costituzione italiana». Quindi ha evidenziato come siano cambiate le condizioni rispetto al 2001, quando la riforma federalista si trovò di fronte all’impasse a seguito della mancanza dell’intesa nella riforma degli Statuti, cosa che invece ora è prevista e che quindi tutela i cambiamenti nelle Autonomie speciali. Infine Kompatscher, evidenziando i cambiamenti avvenuti sia nella società e in ambito giuridico, ha esortato a «sfruttare queste opportunità affrontando le sfide che ci aspettano attraverso la revisione degli statuti con la garanzia dell’intesa».carta di udine firma SerracchianiKompatscher Rossi Demuro