Giua, ecco l’ultimo lavoro della giovane cantautrice ligure

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giua e improvvisamente
“E Improvvisamente” distribuito da Incipit Records/Egea

 

giua e improvvisamenteMerita di essere ascoltato più volte l’ultimo CD, il secondo distribuito da Egea, di Maria Pierantoni Giua, in arte soltanto Giua. La cantautrice ligure (Rapallo, 20 settembre 1982), nonostante l’ancora giovane età, ha alle spalle un nutrito curriculum – colpisce il Premio Recanati per il festival della canzone d’autore, ottenuto a soli 22 anni nel 2004 – ed è stata selezionata per l’edizione di quest’anno del Premio Tenco in due categorie: “canzone singola” con “E improvvisamente” e “miglior album assoluto” con quest’ultimo lavoro.

Il disco ha una durata ideale, né troppo lunga, né troppo corta. Contiene dodici canzoni, tutte musicalmente composte da Giua, cinque interamente sue anche nel testo, cinque a quattro mani con Pier Mario Giovannone, chitarrista, poeta, percussionista, vocalista, nonché il suo compagno nella vita quotidiana, una con il testo del solo Giovannone, una con Oscar Prudente, scritta interamente a quattro mani.

La formazione basica vede Giua alla voce e alla chitarra acustica, Stefano Cabrera del Gnu Quartet al violoncello e responsabile degli arrangiamenti, Pietro Martinelli al contrabbasso, Rodolfo Cervetto alla batteria. Un quartetto, dunque, che vede allineati ben tre strumenti a corde lignei. In più intervengono parecchi ospiti, a cominciare dalla voce di Zibba, aliàs Sergio Vallerino, cofondatore nel 1998 del gruppo Animalibre, nel brano che dà il titolo all’album. È la stessa Giua, nel video di presentazione vedibile sul web, a spiegare il testo della canzone: «Le cose spesso accadono al di là di quello che decidiamo. E improvvisamente ti ritrovi in un posto dove pensavi di non arrivare mai. E improvvisamente incontri qualcuno per cui vale la pena di vivere. E improvvisamente ti viene in mente una melodia, un pensiero, un qualche cosa che inizi a seguire e ti ritrovi in un posto meraviglioso».

“Fragole e vento”, permette di venire a conoscenza di una singolare artista, americana, Victoria Davitt, in arte Victoria Vox, specializzatasi in ‘mouth trumpet’. Vale a dire che con la bocca riesce ad emettere il suono di una tromba, morbido e sorprendentemente fedele a quello dello strumento. La canzone preferita per chi scrive è “Finisterre”. Delicata, di una dolcezza infinita, è quella composta assieme ad Oscar Prudente. In primo piano, l’acustica e la voce di Giua e le morbide chitarre elettriche di Daniele Fiaschi ad interagire in una specie di controcanto. In lontanaza, il suono di violoncelli. Un unico appunto: un finalestrumentale con sonorità elettroniche, di oltre due minuti. Sarebbe stato meglio fermarsi ai tre versi conclusivi: “respirami/ricordami/ tu sei qui”. 

Simpatico il reggae “Tutti vanno via dall’Italia”, che merita di essere citato per la presenza, verso la fine, del coro popolare della Maddalena. Si tratta di un ensemble vocale fondato nel 2014 dalla coppia Giovannone/Giua. È composto dagli abitanti dello storico quartiere popolare genovese, attualmente attraversato da tensioni e caratterizzato dalla prostituzione di giorno e dallo spaccio di notte. Una iniziativa lodevole, per una corale aperta a tutti, senza limiti di età, nazionalità, professione, con lo scopo di favorire l’armonia sociale e l’integrazione.

“Disamore infinito” è un ironico, swingante rimprovero allo strapotere di twitter e facebook, che impedisce a una lei di “lasciarti e fare finta di niente perché tu rimbalzi sullo schermo quattrocentomila volte”.

“Scivola sud”, su testo del solo Giovannone, vede la presenza della chitarra classica di Armando Corsi, maestro di Giua per quindici anni, con il quale la cantante aveva inciso nel 2012 “TrE”. Corsi è presente anche nella conclusiva “A me mi piaci tu”, assieme al padre della cantante, Gianfranco Pierantoni Giua, al cuatre. Non poteva mancare, quest’ultimo, che ha lasciato l’Italia per il Venezuela, e che ebbe il merito di avvicinare la figlia  alla musica. È un brano gioioso, dai ritmi latini, nel quale Giua cita con la voce un famoso Cha-Cha-Cha/Merengue, uno di quei pezzi immancabili nel repertorio delle orchestre da ballo popolari. Il brano termina dopo due minuti e cinquantadue secondi, ma il lettore CD non si ferma, perché dopo un silenzio di quindici secondi, Giua si congeda con una composizione sussurrata, per sola voce e chitarra. Ancora una volta, emerge l’aspetto più intimo di un’artista, a prima vista solare, ma che forse, nell’anima, riserva un posto anche alla malinconia.