Dalla Regione 25 milioni di contributi nell’ultimo quinquennio. Gazzolo: «raggiunti risultati importanti nella tutela della biodiversità e nella razionalizzazione dei costi»
Le aree protette dell’Emilia-Romagna godono di buona salute e passi avanti importanti sono stati fatti per la tutela delle specie animali e vegetali che le popolano.
Nella pianura bolognese e modenese sono tornati uccelli acquatici come il fenicottero rosa; nelle aree del crinale romagnolo e bolognese sono aumentate le popolazioni di cervo; è in crescita la diffusione di grandi predatori come l’aquila; nella fascia della bassa montagna e dell’alta collina si è registrato un incremento del 25% della superficie boscata negli ultimi quarant’anni. Non solo, è in corso un progetto europeo per proteggere alcune specie di insetti di interesse comunitario, presenti in particolare nei boschi più antichi o nei corsi d’acqua che versano in buone condizioni ecologiche.
Sono alcuni dei principali dati contenuti nella relazione sugli effetti della riforma regionale del settore, approvata con la legge n. 24 del 2011, che è stata presentata in commissione Territorio, ambiente, mobilità.
«Nell’ultimo quinquennio la Regione ha messo a disposizione 25 milioni di euro per la gestione delle aree protette – sottolinea l’assessore alle politiche ambientali, Paola Gazzolo -. Si tratta di un contributo che copre mediamente circa il 60% delle spese complessive e rappresenta un investimento importante per la tutela di un patrimonio prezioso e da valorizzare sempre più».
L’Emilia-Romagna è ricca di biodiversità, anche grazie ad una serie di caratteristiche favorevoli: la particolare collocazione geografica, di transizione tra la regione mediterranea calda e arida, e quella alpina fresca e umida; un territorio vario e articolato che si estende dal mare Adriatico ai 2.000 metri del crinale appenninico, la presenza del basso corso del principale fiume italiano, il Po.
Tra le specie vegetali, tre sono quelle di interesse prioritario per l’Unione Europea presenti con certezza in regione: la rarissima Primula appennina, tipica esclusivamente delle rupi arenacee dell’alto Appennino emiliano; la Salicornia veneta, presente in poche località dal Delta del Po alle Saline di Cervia e la Klasea (Serratula) lycopifolia, asteracea montana recentemente individuata nel piacentino.
«Siamo soddisfatti del lavoro finora svolto – afferma Gazzolo -. L’architettura istituzionale per la gestione di questi siti è ormai giunta a compimento, con il passaggio delle competenze riguardanti i paesaggi protetti e le riserve naturali dalle province ai cinque enti di gestione per i parchi e la biodiversità presenti sul territorio regionale. Abbiamo raggiunto buoni risultati anche rispetto ad una maggiore efficacia dell’azione amministrativa, grazie alla crescente razionalizzazione sia nell’utilizzo delle sedi, sia nella gestione del personale».
Un fronte sul quale la Regione continuerà ad investire, anche rispetto ad attività di educazione, promozione e sensibilizzazione. «Intendiamo proseguire lungo il percorso avviato – conclude Gazzolo – assicurando la continuità nel tempo e la certezza di risorse finanziarie adeguate».