Registrato nel 2006 è pubblicato da Parco della Musica Records
Di Giovanni Greto
Registrato il primo novembre del 2006 allo Chateau de Grignan e masterizzato all’Auditorium del Parco della Musica di Roma, è finalmente disponibile uno splendido CD, nel quale tre ispirati musicisti danno il meglio di sè.
Se Francesco Bearzatti è il leader, a lui va il merito di aver scelto la formula del trio sassofono-contrabbasso-batteria, che permette al singolo musicista di esprimersi con maggior tensione, generosità e quindi spontaneità, una qualità, quest’ultima, che avvicina l’artista a chi ascolta. Può esserci un pubblico non accostumato al Jazz. Tuttavia chiunque è in grado di percepire se ciò che sta sentendo è emesso con il massimo impegno o meno. Al diavolo la routine, dunque, una regola da rispettare sempre prima di entrare in sala di registrazione.
In poco più di 52 minuti, il disco contiene sette brani, quattro di Bearzatti, uno di Manhu Roche, uno di Joseph Bernard Baron, uno di Charlie Parker. Parto proprio da questo, “Segment”, un AABA di 32 misure, che non compare spesso in quella parte di scaletta dedicata agli standard o agli omaggi ai grandi musicisti. Dopo l’esposizione del tema, c’è come un momento di sospensione, che crea un alone di mistero dal quale si allontana un musicale e ritmico assolo di contrabbasso dalla sonorità corposa: l’ottimo Eric Surmenian, coadiuvato da un attento e motivato Manhu Roche, un batterista che non ascoltavo dagli anni ’70 e ’80 nel gruppo di Maurizio Giammarco. Surmenian dà vita ad un solo dolce e forte. Si rifà alla cantabilità del tema per lanciare con immenso swing l’assolo di Bearzatti che si conclude con apprezzatissimi breaks di otto misure tra il sassofono e la batteria. Si respira una tensione calda, che non produce nervosismo in chi ascolta e libera la mente da qualsiasi pensiero.
Tra i brani di Bearzatti, “Sonny is free” rievoca, forse, il celebre sassofonista, che non lasciava spazio a nessuno e che amava talmente la situazione in trio, da avventurarsi in assolo che non finivano mai. Nella lunga introduzione del sax tenore, sonorità morbide si alternano a suoni acuti e barriti. Ma ecco partire il tema, che delicatamente si insinua nella mente catturata dal groove e dalla melodia. Anche il brano conclusivo, “Big Lips” ricorda i calypso rollinsiani, attraverso un fraseggio fantasioso e inesauribile. Bearzatti suona sempre il sax tenore, ad eccezione che in “Contact”, malinconica composizione di J.B.Baron, che rimanda alla filmografia felliniana, in bianco e nero, degli anni ’50, per la quale opta per il clarinetto. Da sottolineare la sonorità di ogni strumento, quanto mai naturale, al punto che sembra proprio di vedere i musicisti in azione.