«L’economia italiana ha interrotto la fase di crescita e nei prossimi mesi l’andamento sarà debole». Le opposizioni chiedono le dimissioni del Governo Renzi
Cina amara per il premier Matteo Renzi e a rendere indigesta la trasferta è stato il bollettino dell’Istat. Sia prima della partenza del Rottamatore che adesso al termine del G20, l’Istituto nazionale di statistica ha messo una sorta di pietra tombale sulle velleità renziane.
Prima confermando l’andamento asfittico della crescita del Pil, nonostante la riclassificazione di alcune voci che gli uomini del Premier speravano che si avvicinassero all’agognato 1%, ora con un’analisi che non lascia appelli: «l’economia italiana ha interrotto la fase di crescita, condizionata dal lato della domanda dal contributo negativo della componente interna e dal lato dell’offerta dalla caduta produttiva del settore industriale. L’indicatore anticipatore dell’economia rimane negativo a luglio, suggerendo per i prossimi mesi un proseguimento della fase di debolezza dell’economia italiana».
Dopo la crescita registrata nei trimestri precedenti, nel secondo trimestre il prodotto interno lordo, sottolinea l’Istat, «ha subito una battuta d’arresto, segnando una variazione nulla su base congiunturale. La variazione rispetto al secondo trimestre 2015 è stata pari allo 0,8%, in calo rispetto all’1% registrato nel primo trimestre». Alla variazione congiunturale del Pil, spiega l’istituto di statistica, «ha contribuito positivamente la domanda estera netta (+0,2 punti percentuali): le importazioni sono aumentate dell’1,5% e le esportazioni dell’1,9%. L’apporto degli investimenti e dei consumi finali nazionali è stato nullo. La dinamica della domanda interna è stata caratterizzata dalla sostanziale stabilità dei consumi finali nazionali, sintesi di una crescita dello 0,1% dei consumi delle famiglie e di una flessione dello 0,3% della spesa della Pa, e dalla contrazione congiunturale degli investimenti fissi lordi (-0,3%), determinata principalmente dalla diminuzione della spesa per macchinari, attrezzature e altri prodotti (-0,8%). Gli investimenti in costruzioni hanno registrato una variazione nulla mentre la componente dei mezzi di trasporto ha segnato una variazione positiva (+1,4%)». In definitiva, l’Istat ha sentenziato l’encefalogramma piatto del Paese.
L’industria in senso stretto, prosegue la nota, «ha mostrato segnali di debolezza registrando una riduzione significativa del valore aggiunto (-0,8% rispetto al primo trimestre). Le attese per il prossimi mesi permangono deboli. Il clima di fiducia delle imprese manifatturiere e’ infatti peggiorato nel mese di agosto non evidenziando segnali di particolare vivacità tra le componenti. Il valore aggiunto delle costruzioni ha invece segnato un lieve incremento congiunturale (+0,1%) dopo il forte calo registrato nel trimestre precedente (-0,5% rispetto al quarto trimestre 2015). Ad agosto, il clima di fiducia ha segnato un peggioramento mantenendosi comunque sui livelli più elevati degli ultimi mesi. Anche il comparto dei servizi ha registrato una variazione congiunturale positiva (+0,2), confermando una tendenza espansiva che persiste da 5 trimestri, seppure con andamenti differenziati a livello settoriale. Le attività finanziarie e assicurative hanno segnato la diminuzione più marcata (-0,6%), anche se di intensità minore rispetto ai trimestri precedenti. Flessioni di minore entità hanno caratterizzato i servizi di informazione e comunicazione e la PA, difesa, istruzione e sanità (-0,2% per entrambi i comparti). Incrementi significativi riguardano le attività professionali e di supporto (+0,5%), il commercio, il trasporto e l’alloggio (+0,4%) e le attività immobiliari (+0,4%)».
Notizie negative anche sul fronte dell’occupazione, nonostante i miliardi di euro iniettati per la decontribuzione: Nel mese di luglio, rileva l’Istat, «la dinamica del mercato del lavoro ha mostrato una battuta d’arresto. Gli occupati totali sono diminuiti di circa 63.000 unità (-0,3%) dopo 4 mesi consecutivi di aumento. Nel trimestre maggio-luglio, l’occupazione è comunque aumentata in misura significativa (+0,7% rispetto al trimestre precedente, pari a +157.000 unità). La riduzione degli occupati in luglio ha riguardato esclusivamente gli indipendenti (-68.000) e in misura maggiore la componente femminile (-51.000). I disoccupati totali sono diminuiti determinando un calo del tasso di disoccupazione che si è attestato all’11,4% (-0,1%). Nella fascia di età 15-24 il tasso di disoccupazione è cresciuto per il terzo mese consecutivo (+39,2%) mentre per gli occupati con 50 anni e più il tasso di occupazione è aumentato per la settima volta dall’inizio dell’anno. Le retribuzioni sono rimaste sostanzialmente stabili rispetto a giugno».
Lo scenario per i prossimi mesi, secondo l’Istat, non lascia ipotizzare recuperi significativi della dinamica dei prezzi. Ad agosto, le aspettative degli operatori registrano maggior cautela tra le imprese circa possibili rincari entro l’anno in corso mentre tra i consumatori si segnala un leggero ridimensionamento delle attese di stabilità o diminuzione dei prezzi. La fase deflativa è proseguita anche in agosto. La stima preliminare dell’indice dei prezzi al consumo per l’intera collettività nazionale (NIC) ha confermato una variazione annua negativa per il settimo mese consecutivo, anche se prossima allo zero (-0,1% come in luglio). La dinamica dell’inflazione complessiva continua ad essere fortemente influenzata dall’andamento dei prezzi dei prodotti energetici ancora in caduta tendenziale sebbene in leggera attenuazione (-6,5%, da -7,0% in luglio). L’inflazione di fondo risente della debolezza del ciclo economico e della dinamica dei costi esterni, oscillando intorno allo 0,5% dalla fine dello scorso anno.
La dinamica inflativa italiana continua a risultare inferiore a quella media dei paesi Uem: per l’area euro il tasso tendenziale dell’indice armonizzato al consumo si è stabilizzato al +0,2% in agosto, a fronte di una crescita nulla per l’indice (IPCA) in Italia.
Le campane a morto dell’economia nazionale hanno dato la stura alle dichiarazioni delle opposizioni, mentre la maggioranza è rimasta stordita in silenzio. «L’Istat delinea un quadro disastroso della salute del Paese: va male il Pil, va male l’occupazione, vanno male i consumi, va male l’inflazione. E sarà così anche per i prossimi mesi: la notizia grave di oggi è che l’Istat non vede la luce in fondo al tunnel – tuona Renato Brunetta, presidente dei deputati di Forza Italia -. Renzi e Padoan hanno detto bugie agli italiani, ci hanno imbrogliati e non hanno l’umilta’ di fare mea culpa neanche davanti all’evidenza. Tre i passaggi più preoccupanti della “Nota” dell’Istat. Il primo relativo alla fiducia dei consumatori, che da gennaio è crollata di 9 punti. Dove sono, ci chiediamo, gli effetti degli 80 euro e dei tanti bonus distribuiti da Renzi nei suoi mesi di governo? Non esistono. E l’Istat – aggiunge Brunetta – non poteva dare certificazione più esplicita del fallimento della politica economica di questo traballante esecutivo. Crisi di fiducia che secondo l’Istat deriva dai “giudizi negativi dei consumatori sul clima economico e sulla disoccupazione”. Anche questo secondo passaggio a conferma che, checché ne dica Renzi, la “svolta buona” nell’economia italiana non c’è stata. Le chiacchiere del premier sono una cosa, la realtà un’altra. E poi, dulcis in fundo: l’inflazione. Non si riesce a ipotizzarne una ripresa neanche nei prossimi mesi. Quindi continuerà non solo la bassa crescita del Pil in termini reali, ma anche la deflazione. E il combinato disposto di questi due fatti drammatici porta a un ulteriore dato preoccupante: quello della crescita nominale, che nel 2016 finirà per essere pari solo a un quarto di quello immaginato dal Governo. Un disastro per il rispetto dei parametri di Bruxelles. Come commentano la Nota di oggi Renzi e Padoan, continueranno imperterriti a negare l’evidenza? Il loro gioco dura da troppo tempo, gli italiani ormai lo hanno capito. E al referendum costituzionale voteranno con le tasche, per mandarli a casa».
Duro commento anche dalla Lega Nord per bocca del segretario del Carroccio lombardo Paolo Grimoldi: «la nota mensile dell’Istat suona come una sentenza di fallimento per il Governo Renzi, una sentenza di fallimento per la sua politica economica fatta solo di grandi annunci e mirabolanti slides ma che non ha portato ad alcuna ripresa economica, produttiva ed occupazionale e non ha prodotto neppure un minimo abbassamento delle tasse. L`economia non cresce, i consumi sono fermi, perdiamo posti di lavoro, la produzione industriale è in calo, il debito pubblico ha raggiunto il record di 2.248 miliardi. Basta, Renzi – aggiunge Grimoldi – getti la spugna e vada a casa, prima di farci fare la fine della Grecia e costringerci a portare i libri del Paese in Tribunale. Ora serve tornare al voto, subito, per dare fiducia al Paese, ai consumatori, agli investitori e alle imprese: ripartiamo con un Governo eletto dai cittadini, prima che sia troppo tardi».