Adeguamento sismico obbligo non sempre rispettato

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terremoto arquata

Evitare i crolli e l’implosione degli edifici durante le scosse telluriche è possibile e conveniente. Serve una nuova campagna nazionale decennale accompagnata da incentivi e defiscalizzazioni

 

terremoto arquataQuanto nuovamente accaduto al confine tra le regioni Lazio e Marche con le scosse di terremoto che hanno letteralmente sbriciolato interi borghi riporta alla luce un fatto passato in terz’ordine, quello del mancato adeguamento antisismico di gran parte del patrimonio immobiliare italiano, specie quello situato nelle zone a rischio.

Nel corso degli ultimi anni, non si contano le tragedie con protagoniste il sisma: prima di Amatrice, Accumuli e Arquata, l’Aquila, l’Emilia, l’Irpinia, il Friuli, ma a tutt’oggi non è obbligatorio l’adeguamento sismico degli edifici esistenti. È invece obbligatorio farlo in caso d’interventi di ristrutturazione rilevante. Ed è obbligatorio applicare le norme sulle nuove costruzioni, pubbliche e private. 

Secondo la norma vigente, sarebbe pure obbligatorio verificare la staticità di edifici e infrastrutture definiti strategici, quelli che in caso di calamità naturale devono restare in piedi per consentire di gestire le emergenze e assicurare il ricovero delle persone, come stadi, prefetture, ospedali, scuole. Peccato che dal 2004 (epoca di emanazione dell’ordinanza della presidenza del consiglio dei ministri) ad oggi si sia fatto poco o nulla, in quanto sulla prevenzione ci si guadagna poco o nulla in termini d’immagine e di consenso, ma ci si complica – e molto – la vita tra scartoffie e autorizzazioni varie. E il crollo di edifici pubblici appena ristrutturati come successo poche ore fa dimostra quanto questa disposizione sia disattesa.

Come al solito, in Italia si è puntato più all’immagine degli edifici (compici anche le varie Soprintendenze) che alla sostanza delle strutture portanti. E sì che adeguare a livello antisismico anche un edificio storico è possibile e tutto sommato poco costoso. Il più delle volte, basterebbe legare il perimetro delle pareti costruite con pietre, mattoni e calce con delle catene, mettere dei rinforzi verticali in acciaio dalle fondazioni al tetto, inserire nelle solette interpiano dei tiranti o reti elettrosaldate per evitare l’implosione della struttura con conseguente seppellimento degli occupanti in caso di scosse nemmeno troppo forti come nel caso dei giorni scorsi. Si parla di oneri di circa 25/30.000 euro ad intervento per un edificio monofamiliare, ovviamente di più per edifici pluripiano e realizzati in contiguità con altri come nei centri storici dei borghi italiani. Ma comunque sempre inferiori ai costi di sgombero delle macerie e ricostruzione totale e al costo umano e sociale del trauma del terremoto e della morte di persone.

Già alcuni anni fa, si era ipotizzato un piano ventennale di prevenzione che prevedeva 4 miliardi di euro di investimenti, 2 per l’idrogeologico (altra mancanza italiana) e 2 per quello antisismico. Ma non se ne è fatto nulla, salvo continuare a pagare circa 3 miliardi all’anno per coprire i risarcimenti per le calamità occorse, senza contare il costo sociale ed umano dei morti.

Anche se la situazione del bilancio italiano non è delle più lusinghiere, qualche risultato positivo si potrebbe ottenere prendendo ad esempio quanto fatto con il bonus ristrutturazione riqualificazione energetica, con un passo in più, stabilendo l’obbligatorietà delle azioni di riqualificazione antisismica nelle zone ad alto rischio e lasciandone la facoltatività in quelle che non lo sono o lo sono a basso livello. Un’obbligatorietà accompagnata da un credito fiscale decennale che copra il 100% degli oneri, in modo tale che i singoli privati possano recuperare i costi dell’intervento in rate annuali per dieci anni, con la possibilità di riuscire a farsi anticipare dal sistema bancario il costo totale dell’opera pagando un tasso molto contenuto, vista la garanzia fiscale prestata dallo Stato per i lavori di riqualificazione da effettuare. 

Tutti ne avrebbero beneficio: i cittadini che avrebbero case finalmente a norma, lo Stato che limita di molto gli oneri per l’indennizzo a seguito di calamità, il Fisco che incasserebbe i maggiori gettiti garantiti dall’incremento di attività del settore edile oggi in pesante crisi e dalla tassazione sui redditi dei maggiori occupati, garantendo alla fine anche un utile per le casse dello Stato.

Turppo difficile per il Governo Renzi? Speriamo di no.