«Non sono le banche o le transazioni commerciali che hanno determinato l’Unione europea, ma uomini politici e Parlamenti lungimiranti»
Per la celebrazione dei 70 anni dell’accordo De Gasper Gruber finato a Parigi tra Italia e Austria circa la concessione di un’autonomia speciale al Trentino Alto Adige, alla tradizionale “lectio degasperiana” di metà maggio nella sede della Fondazione De Gasperi a Pieve Tesino (dove nacque lo statista trentino) è giunto il presidente della Repubblica Sergio Mattarella fresco delle vacanze montane appena concluse in Val Gardena.
Salutato dal presidente della provincia di Trento (mentre sono assenti i vertici della provincia di Bolzano), Ugo Rossi, che nel suo discorso introduttivo ha puntato su politica, responsabilità e autonomia, sottolineando come autonoma significa «di essere migliori della burocrazia statale, migliori del sistema accentrato statale, migliori soprattutto per quanto riguarda le spese», Mattarella ha iniziato la sula “lectio” sul tema “70 anni di una Repubblica europea. La visione e il coraggio di Alcide De Gasperi” affermando che «furono i cittadini a scegliere la forma di Stato con il Referendum, ad eleggere i membri dell’Assemblea Costituente, a determinare la formazione dei governi. Tutto ciò non sarebbe stato possibile senza il coraggio e la visione da statista di Alcide De Gasperi, che più delle difficoltà materiali temeva quelle spirituali e morali di un popolo oppresso, economicamente e socialmente prostrato».
«Sotto la guida dello statista trentino è stata garantita la continuità dello Stato italiano – ha detto Mattarella -, sancendo contemporaneamente la discontinuità rispetto alla monarchia e al regime fascista e poggiando la nuova democrazia, la nuova costruzione democratica, su basi diverse da quelle incerte ereditate dallo Stato liberale. Abbiamo resistito in Italia allora a difesa di un paese che era uscito sconfitto dalla guerra, basta ricordare che le popolazioni di Trieste e di Bolzano non poterono prender parte al Referendum». «Si sono riconosciute allora – ha continuato Mattarella – l’aspirazione all’autonomia di singole regioni, si son poste le basi per una politica di progresso sociale, e si sono avviate grandi riforme. Si sono rafforzate le istituzioni democratiche, senza rinunciare in alcun modo alla dialettica politica dei partiti. Infine si è data al Paese una chiara collocazione internazionale e la prospettiva europea».
Secondo Mattarella «De Gasperi non fu soltanto il protagonista di tutto questo, ma anche il costruttore tenace di una diversa idea di patria. Con l’opzione repubblicana nasce un patriottismo basato su un legame indissolubile tra libera scelta democratica e istituzioni, tra popolo e istituzioni, un patriottismo che può essere giudicato sobrio e solido dopo le ubriacature nazionalistiche della dittatura fascista. Un patriottismo autentico e sentito, non declamato, rispettoso delle culture delle diverse comunità presenti nel Paese. Un patriottismo rafforzato negli anni duri della ricostruzione, un patriottismo dell’esempio del sacrificio e, dunque, non superficiale ed effimero, basato sulle esperienze concrete dell’esistenza quotidiana. Un patriottismo che avverte in pieno la lezione degasperiana di ricostruire un’identità della nazione nel difficile passaggio dalle deluse aspirazioni nazionalistiche e di potenza ad esigenze di ordinamento finalmente democratico di un nuovo ordine internazionale che allora si andava affacciando. E oggi possiamo dire che si tratta di un patriottismo veramente europeo, frutto anch’esso della visione di uno statista che aveva vissuto e aveva colto nel breve volgere di mezzo secolo un cambiamento epocale».
Mattarella ha allargato la sua riflessione utilizzando il pensiero di De Gasperi circa l’Europa: «non sono le banche o le transazioni commerciali che hanno determinato l’Unione europea, ma uomini politici e Parlamenti lungimiranti: non sono le crisi finanziarie che potranno distruggerla, ma soltanto la nostra miopia nel non riconoscere il bene comune. La decisione degasperiana di un’Italia integrata con le democrazie occidentali e per un’Europa oltre ogni revanscismo ha posto le basi per un percorso patriottico antiretorico che può abbracciare tutti i giovani europei spingendoli anche a nuove forme di espressione politica condivisa e sovranazionale – ha osservato il Presidente della Repubblica -. L’Italia ha risentito grandemente della divisione in blocchi raffigurata dalla “Cortina di ferro”, e la Repubblica ha saputo tuttavia contenere e assorbire le spinte centrifughe ed antisistema esterne ed interne, penso al terrorismo e allo stragismo, preservando le libertà democratiche frutto anche di una politica estera rigorosa che trova fondamento nelle scelte degasperiane, l’Atlantismo e l’integrazione europea». «Sono passati soltanto 70 anni che non sono molti per un Paese, ma se guardiamo all’Italia del ’46 possiamo dire che di strada se n’è compiuta molta. De Gasperi – ha osservato Mattarella – assunse la guida della Repubblica con mano sicura, aveva innato il senso dei tempi dei processi dei cambiamenti politici. Volle fermamente il Referendum e riuscì ad ottenerlo. Si trovò di fronte alle impazienze di molti, anche all’interno del suo partito».
Alle parole di Mattarella hanno fatto seguito anche le riflessioni del nuovo arcivescovo di Trento, mons. Lauro Tisi: «nella figura di De Gasperi quello che mi colpisce è il contatto fra le parole, i gesti e la persona. Io sono convinto che adesso abbiamo bisogno soprattutto di questo; cioè di persone che abitano le parole che dicono, di persone che sanno osare anche non aspettando sempre di avere il consenso di tutti, che sanno rischiare, che hanno anche il coraggio di pagare. De Gasperi, che molte volte è stato abbandonato dai suoi, ha avuto la forza dell’idea che è stata più forte dell’opposizione di chi aveva intorno e forse allora sperava in idee grandi, capaci di bucare lo schermo di questa Europa vuota», ha continuato l’arcivescovo. «L’insegnamento di De Gasperi è che alla politica e all’Europa servono uomini più che strategie organizzative e burocratiche. L’Europa – ha concluso mons. Tisi – è diventata una grande macchina burocratica quindi servono uomini, semplicemente uomini». Lo stesso di cui ha disperato bisogno anche l’Italia.