Padova, una città che ha molto da offrire a chi la visita

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Musei, chiese, Orto botanico, enogastronomia, vivibilità ritrovata: la Città del Santo oggi è nuovamente una méta di richiamo per il turista

 

padova cappella scrovegni interni 1Padova è una realtà dinamica e poliedrica, che intriga il visitatore per le sue molteplici offerte, spazianti dalla cultura alla religione, alla natura, all’offerta enogastronomica, alla ritrovata vivibilità urbana dopo la “cura” imposta dal nuovo sindaco Bitonci dopo anni di lassismo e di degrado urbano. In ogni epoca dell’anno, Padova offre molto al turista per una visita fugace o approfondita.

Il viaggio alla scoperta di Padova non può che iniziare dai Musei degli Eremitani, non fosse altro per la notissima Cappella degli Scrovegni affrescata da Giotto. Essa sorge tra i ruderi dell’antica arena di Padova, eretta probabilmente tra il 60 e 70 d.C. Nel XIV secolo fu acquistata dagli Scrovegni, ricca famiglia padovana di banchieri e usurai, che qui nel 1300 vi fecero erigere il loro palazzo. Tra il 25 marzo 1303 e il 25 marzo 1305 fu innalzata la Cappella dedicata alla Vergine annunziata, per volere di Enrico Scrovegni in suffragio dell’anima del padre Reginaldo, collocato da Dante (Divina Commedia) in Inferno perché usuraio, nel tentativo di riabilitarne l’anima.

La Cappella presenta una semplice architettura: un’elegante trifora gotica in facciata, alte e strette finestre sulla parete sud, all’interno un unico ambiente terminante sul fondo con un presbiterio in cui si trova il sarcofago di Enrico Scrovegni, opera di Andriolo de Santi. Per adornare l’edificio, destinato ad accogliere lui stesso e i suoi discendenti dopo la morte, Enrico Scrovegni chiamò due tra i più grandi artisti del tempo: a Giovanni Pisano commissionò 3 statue d’altare in marmo raffiguranti la Madonna con Bambino tra due diaconi; a Giotto, artista già celebre per aver lavorato per il papa nella Basilica di S. Francesco in Assisi e in S. Giovanni in Laterano a Roma, a Padova nella Basilica di S. Antonio e nel Palazzo della Ragione, la decorazione pittorica della superficie muraria. padova cappella scrovegni interni 2

A Giotto venne affidato il compito di raffigurare una sequenza di storie tratte dal Vecchio e dal Nuovo Testamento che culminavano nella morte e resurrezione del Figlio di Dio e nel Giudizio Universale, allo scopo di sollecitare chi entrava nella Cappella a rimeditare sul suo sacrificio per la salvezza dell’umanità. Caratteristica della Cappella il soffitto, completamente dipinto di blu, che presenta entro tondi le immagini di Cristo tra Evangelisti e Profeti. Il ciclo di Giotto agli Scrovegni, realizzato in appena due anni di lavoro, costituisce il più alto capolavoro del pittore e della storia dell’arte occidentale, pari solamente alla Cappella Sistina di Michelangelo in Roma.

La Cappella degli Scrovegni fa parte del complesso del Museo degli Eremitani, il più antico complesso museale del Veneto ospitato nel chiostro dell’ex convento dei frati. Esso comprende il Museo archeologico e il Museo di arte medievale e moderna. La parte archeologica raccoglie importanti collezioni di reperti archeologici di epoca paleoveneta, pre-romana e romana e ospita una sezione egizia che fu incrementata dalle scoperte archeologiche dell’esploratore padovano Giovan Battista Belzoni (1778-1823). Più ricca e vasta la collezione di arte medievale e moderna. Nella ricca pinacoteca, con opere realizzate dal’300 all’’800 dai grandi maestri della pittura italiana, vi è esposto il Crocifisso di Giotto, opera dell’inizio del ’300, che prima si trovava sopra l’altare della Cappella degli Scrovegni. Segue un importante gruppo di dipinti su tavola del Guariento, tra cui gli “Angeli” provenienti dalla Cappella della Reggia Carrarese. Tra i tanti capolavori del Cinquecento, la “Madonna col Bambino” di Boccaccio Boccacini e alcuni dipinti del Veronese; di grande interesse anche la “Cena in casa di Simone” e “La Crocifissione” di Jacopo Tintoretto. Per il Settecento vanno ricordati “San Giuseppe col Bambino”, “Madonna”, “Cristo nell’orto degli ulivi” di Giambattista Tiepolo del quale è allestita una mostra temporanea sulle principali opere curata da Vittorio Sgarbi.

padova prato della valle panoramicaUscendo dal complesso degli Eremitani si si può dirigere verso un altro dei simboli di Padova, Prato della Valle, una grande piazza di pianta ellittica che, oltre ad essere la maggiore piazza padovana, è una delle più grandi d’Europa (88.620 mq), seconda solo alla Piazza Rossa di Mosca. La piazza è in realtà un grande spazio monumentale caratterizzato da un’isola verde centrale, chiamata “Isola Memmia”, in onore del podestà Andrea Memmo che commissionò i lavori, circondata da un canale ornato da un doppio basamento di statue numerate di celebri personaggi del passato che secondo il progetto originario dovevano essere 88, solo 78 delle quali realizzate. Quattro viali attraversano il Prato su piccoli ponti, per poi incontrarsi al centro dell’isolotto. Oltre che ad uso mercantile, lo spazio fu utilizzato anche per finalità ricreative per rappresentazioni teatrali e corse di cavalli. In epoca cristiana, qui furono martirizzati due dei quattro patroni della città, San Daniele e Santa Giustina cui è dedicata l’imponente basilica che si affaccia sulla piazza che costituisce la più importante opera architettonica di Padova e il più antico luogo di culto della città. 

padova esterno chiesasanta giustina prato della valleFondata attorno al V secolo d.C., alla Chiesa fu annesso successivamente un monastero benedettino e il complesso si arricchì progressivamente di beni e reliquie. Dopo la ricostruzione, a seguito del terremoto del 1117, la chiesa fu demolita nel 1502 per dar posto all’attuale colosso, realizzato tra il 1532 e il 1579 da diversi architetti, e in particolare da Andrea Moroni e Andrea da Valle. La facciata, che sarebbe dovuta essere ricoperta di marmo, probabilmente bianco, non fu mai portata a termine. Sulla gradinata si possono ammirare due grifi in marmo rosso di Verona appartenenti al portale duecentesco. Furono inoltre necessari 85 anni per arrivare alla copertura del tetto che richiese enormi quantità di denaro e di materiali. Ed è per queste ragioni che quando si pensa ad un lavoro interminabile, si dice: “…longo come a fabrica de Santa Giustina”. La facciata in ruvida pietra è entrata a pieno titolo nell’immagine acquisita, in tutto ciò aiutata dall’orizzonte delle otto cupole, che le danno un aspetto rotondeggiante, e dal campanile poggiante sul predecessore medievale, che nasconde interessanti elementi delle fabbriche anteriori e che domina la vastissima mole della Basilica. L’interno, vasto e luminoso, uno dei massimi capolavori dell’architettura rinascimentale, è a croce latina e si presenta diviso da grandi pilastri in tre navate. La luce entra attraverso le cupole finestrate. Per dimensioni (122 metri di lunghezza) Santa Giustina è la nona tra le chiese del mondo, segnata anche nel pavimento della Basilica di S. Pietro a Roma.

A poca distanza da Santa Giustina, un’altra basilica, quella di Sant’Antonio, conosciuta con il nome “Il Santo”, è il centro religioso più importante della città, e meta di migliaia di pellegrini che ogni anno, e in particolare il 13 giugno, festa del Santo, invadono la città per la famosa processione. La Basilica, che fu iniziata nel 1232 per custodire la tomba del frate francescano Antonio, morto a Padova nel 1231, sorge nel luogo ove già dal 1110 esisteva una chiesa dedicata a Maria poi inglobata nella Basilica come Cappella della Madonna Mora. Nel 1229 era sorto accanto alla chiesetta il convento dei frati fondato probabilmente dallo stesso Sant’Antonio.padova facciata chiesa san antonio

La vasta costruzione presenta nella sua complessa struttura una caratteristica fusione di stili: elementi romanici nella facciata a campana, gotici nella pianta del deambulatorio con le sette cappelle, bizantini nelle otto cupole rivestite in piombo e moreschi nei due campanili sottili e slanciati. Il tempio fu subito oggetto di attenzioni e cure, anche da parte del comune di Padova che chiamò i più valenti artisti per decorarlo, a partire da Giotto che pare lavorò per il Capitolo dei Frati, nell’attuale omonimo chiostro. L’interno, a croce latina e a tre navate che si uniscono in semicerchio dietro la tribuna, dove si aprono nove cappelle radiali, è un concentrato di capolavori. Attirano la nostra attenzione soprattutto i monumenti funebri di medici, guerrieri, prelati, letterati.

Bellissimi sono pure i chiostri del convento: il Chiostro del Noviziato, quattrocentesco, che reca monumenti di Giovanni Minello e Andrea Briosco, il Chiostro del Capitolo o della Magnolia, ricco di ricordi marmorei, che corrisponde al nucleo originario del cenobio, da cui si accede al Chiostro del Generale, in stile gotico, un tempo detto del Refettorio, il Chiostro del Museo Antoniano che ospita oltre alla Lunetta del Mantegna che una volta adornava la facciata della basilica (oggi sostituita da una copia), le pale d’altare del Tiepolo e tanti altri capolavori artistici.

Mèta culturale-ambientale di una visita a Padova è costituita dal ricchissimo Orto botanico, Patrimonio dell’Umanità Unesco: fondato nel 1545, è il più antico Orto Botanico Universitario del mondo che abbia conservato l’ubicazione originaria e che abbia mantenuto, praticamente inalterata, la sua originaria struttura, oggi affiancata da una moderna struttura a serra dove sono ricostruiti le piante e i microclimi del pianeta Terra.Padova orto botanico parte storica

Realizzato su un terreno a forma trapezioidale di circa due ettari di superficie, delimitato sui due lati dal canale Alicorno che fino a pochi decenni fa garantiva l’acqua d’irrigazione, un tempo di proprietà dei monaci benedettini di Santa Giustina dove si coltivavano piante medicinali, fu istituito su delibera del Senato della Repubblica Veneta, accogliendo la proposta di Francesco Bonafede, lettore dei Semplici, che deliberò l’istituzione a Padova di un “Horto Medicinale” dove coltivare, osservare, studiare e sperimentare le piante medicinali che allora costituivano la grande maggioranza dei “semplici”, ovvero di quei medicamenti che provenivano direttamente dalla natura. Per questa ragione i primi Orti Botanici si chiamarono “Giardini dei Semplici” (Hortus Simplicium). La possibilità di poter disporre di un Horto dove gli studenti di Medicina potessero ricevere anche una preparazione pratica, oltre che teorica, e si impratichissero nel riconoscimento delle droghe vegetali, consentiva anche di individuare le frequenti sofisticazioni e frodi cui erano soggetti a quel tempo i semplici vegetali, da parte dei fornitori e degli speziali, oltre a fornire una soluzione pratica alle problematiche connesse con l’interpretazione corrette dei testi degli antichi medici greci, arabi e latini, le cui esperienze potevano essere state riprese con errori a causa delle varie trascrizioni e traduzioni avvenute nel tempo.

A causa della preziosità del suo contenuto e per prevenire i continui furti, nel 1552, pochi anni dopo la fondazione, fu costruito un alto muro circolare di recinzione per impedire i continui furti notturni e furono stabilite anche le pene (multe, carcere, esilio) che sarebbero state inflitte a tutti coloro che avessero osato rubare o danneggiare le piante dell’Orto. 

Analogamente ad altri Orti botanici italiani, anche l’Orto patavino, durante i suoi oltre quattro secoli di vita, ha contribuito all’introduzione e alla diffusione in Italia di numerose piante esotiche, alcune delle quali molto note, come il ginkgo biloba, la magnolia, la patata, il gelsomino, l’acacia e il girasole, il lillà, il rabarbaro, il ciclamino persiano, per un totale di circa 70 specie.

La parte più antica è quella racchiusa entro il muro circolare, iscritta in un quadrato e suddivisa a sua volta in quattro quadrati minori, detti “quarti” o anche “spalti” separati da due viali perpendicolari orientati secondo i punti cardinali che rappresentano i quattro elementi: acqua, terra, aria, fuoco. La forma circolare e la caratteristica ripartizione geometrica che suddivide l’area in 16 settori, è ricca di riferimenti e di simbologie cosmologiche, proprie del periodo rinascimentale. Ogni quarto, provvisto di fontana centrale, è diviso a sua volta in 250 aiuole, chiamate areole, disposte secondo differenti ed eleganti geometrie. Nell’Orto sono attualmente coltivate circa 6.000 piante di tutti i tipi, di tutti i climi e continenti, contrassegnate da apposite etichette che riportano oltre al nome scientifico della specie, l’iniziale o la sigla dell’autore che l’ha per primo validamente denominata e descritta, la famiglia di appartenenza ed il luogo di origine e, in questo caso, anche l’anno di introduzione oppure di impianto in Orto.

All’esterno del muro di cinta della parte più antica, c’è l’Arboreto realizzato nella seconda metà del ’700 con numerose piante uniche per la loro età e caratteristiche.

Padova orto botanico nuove serreLa parte moderna dell’Orto è rappresentata dalle serre che ospitano il Giardino della biodiversità, al cui interno sono ospitate circa 1.300 specie vegetali che rappresentano le piante esistenti sul pianeta Terra, da quelle che vivono nelle condizioni più favorevoli a quelle che vivono nelle condizioni più estreme. Le serre simulano le condizioni climatiche dei vari sistemi ambientali: dalle aree tropicali alle zone subumide, dalle zone temperate a quelle aride.