7 milioni di operai a salario basso anche in Italia.

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Perché solo la Germania è capace di farlo e non anche il NordEst?

Di Giuseppe Pace

 

VetriSpeciali operai lavoro linea bottiglie 2Un  autodidatta esperto di economia, il prof. Fausto Daniele, di Padova, mi riferisce che in Germania ben 7 miloni di operai sono stati assunti con bassi salari, meno di 500 euro mensili per 16 ore settimanali. Ciò gli abbassa il costo del lavoro e permette alla Germania di competere ed esportare di più. La bilancia commerciale tedesca è florida, quella italiana galleggia tra merci importate (siamo il primo importatore europeo di merci tedesche) ed esportate.

Daniele aggiunge che l’Italia è dominata da interessi internazionali della grossa finanza che vuole un esercito di disoccupati e sottoccupati in modo che non cresca il potere d’acquisto e la domanda di merci e servizi per fare restare in crisi ed in ginocchio il Paese. Mi appare un po’ azzardata questa seconda precisazione, ma bisogna riconoscere che, come precisa sempre Daniele, Marx stesso prevedeva un esercito di disoccupati pronti ad essere utilizzati dal capitale.

Il NordEst, ad esempio, dichiara il presidente di Confartigianato Marca Trevigiana su questo quotidiano: «Nella manifattura c’è scarsità di esperienze manageriali disposte a mettersi in gioco». Per far nascere un’impresa occorre “sporcarsi le mani e portare esperienze vissute” anche quando l’obiettivo è cambiare prodotti, materiali e processi. Uno spiraglio può venire dal “grembo” delle imprese attive e reattive, disposte a staccare da sè una nuova esperienza imprenditoriale o “spin off” che si voglia definire. Se i progetti “dormienti” e potenzialmente interessanti incrociano Università, acceleratori e imprese che finanziano, potremmo assistere al fenomeno del “ristart up”. Fare un’impresa in un ambiente già imprenditoriale non è come partire da zero. Contano l’idea e il progetto, ma conta anche chi ti accompagna con metodo e rigore e ti aiuta a non mollare quando magari sei vicino al traguardo. Occorre creare ambienti più favorevoli e superare rigidità che per anni ci hanno accompagnato, come gli steccati tra settori.

Eppure il NordEst ha prestigiose aziende del ramo tessile ad esempio che potrebbero assumere operai a 450 euro per 16 ore settimanali. Il volano sarebbe sorprendente ed anziché de localizzare all’estero, farebbero restare qua la manovalanza, i quadri tecnici e i dirigenti con notevoli assunzioni di disoccupati e sottoccupati a partire da molte donne che non possono permettersi di essee 40 ore in fabbrica per i carichi di lavoro familiare. 

Sempre dalla Marca Trevigiana apprendiamo che «Il settore manifatturiero riduce la dinamica negativa con una perdita di 135 imprese rispetto alle -305 del periodo 2013-2014. Cala l’artigianato (circa 150 imprese) anche per il minore appeal dell’iscrizione all’albo». Anche il dato relativo alle “start up” innovative, ad oggi 77, vede imporsi il settore dei servizi alle imprese, +53 prevalentemente nei comparti dell’informatica e del commercio digitale, rispetto alle sole 14 nuove unità classificate nel manifatturiero. Ciò che preoccupa è proprio la scarsa dinamica di questo settore. La crescita dell’export trevigiano e i primi effetti del rientro di produzioni dall’estero (più sbandierato che concreto) sembrano privilegiare la via della crescita delle imprese già attive, piuttosto che dar vita a nuove imprese. Questo dato, comunque non negativo, ci accompagnerà per il 2016 e anche oltre. 

«Nel Manifatturiero al rallentatore, ma a dare una scossa potrebbero arrivare le “start up. Questa tendenza, insieme ad altri dati, caratterizza il bilancio tracciato da Confartigianato Marca Trevigiana sulla base dei dati del registro delle imprese. Il raffronto settembre 2015 su settembre 2014 e l’analogo periodo 2013-2014 conferma la crisi del settore edile con oltre 200 imprese in meno, valore di poco inferiore alla variazione registrata nel biennio precedente. In buona salute il settore alimentare che continua una lenta crescita. Aumenta l’agglomerato dei servizi alle imprese rilevando +198 realtà nell’ultimo biennio rispetto all’incremento di +140 del precedente biennio. La maggiore crescita si registra nelle attività legate al turismo, in prevalenza alloggi, sia pure nel suo limitato apporto al Pil. Crescono le imprese al femminile (62) e, soprattutto, le imprese giovani (491) trainate da servizi tradizionali e imprenditori  stranieri (132)».

Molti stranieri acquisiscono imprese italiane. Il fondo francese ArchiMed, ad esempèio, specializzato nel settore della salute, ha sottoscritto l’accordo per l’acquisizione di Micromed Spa, società produttrice di dispositivi elettromedicali indirizzati alla diagnosi neurofisiologica, e della sua controllata Micromed France. L’attuale gamma di prodotti Micromed comprende apparecchiature per Elettroencefalografia Digitale (EEG, Video EEG, Stereo EEG), Holter EEG, Potenziali Evocati, Elettromiografia e Polisonnografia, corredate degli appositi accessori. L’azienda svolge le attività di ricerca e sviluppo oltre che la produzione, nello stabilimento principale di Mogliano Veneto, nel Trevigiano. Perché non frenare l’emorragia di nostre aziende in difficoltà? Questo mass media può aiutare lo scambio di informazioni ed essere informati non è poco in economia. In tre anni di attività, “il NordEst Quotidiano” si occupa di economia, politica, società, cronaca, cultura, territorio e ambiente di Veneto, Trentino Alto Adige, Friuli Venezia Giulia, Emilia Romagna e parte della Lombardia (le province di Brescia e Mantova), con uno sguardo alle realtà confinanti di Austria, Slovenia e Croazia. 24 province, 2 euroregioni, quasi 13 milioni di abitanti sottesi.