Fenomeno in attenuazione a NordEst. Stangata sulle vacanze
La deflazione rallenta a luglio e i prezzi al consumo calano dello 0,1%. Lo comunica l’Istat confermando le stime preliminari. L’indice nazionale dei prezzi al consumo, al lordo dei tabacchi, registra un aumento dello 0,2% su base mensile e una diminuzione dello 0,1% su base annua (era -0,4% a giugno).
Il ridimensionamento della flessione su base annua dell’indice generale è principalmente dovuto all’accelerazione della crescita dei prezzi degli alimentari non lavorati (+1,5%, da +0,7% di giugno), dei servizi ricreativi, culturali e per la cura della persona (+0,8% da +0,4%) e dei servizi relativi ai trasporti (+0,7%, da +0,2%). La diminuzione dei prezzi dei beni energetici (-7% rispetto a luglio 2015), sebbene meno ampia di quella registrata a giugno (-7,5%), continua a spiegare la seppur contenuta flessione tendenziale dei prezzi al consumo. Al netto di questi e degli alimentari non lavorati, l’inflazione “di fondo” accelera e si porta a +0,6% (da +0,5% di giugno). L’inflazione acquisita per il 2016 è pari a -0,1% (era -0,2% a giugno). Guardando ai dati congiunturali, l’aumento dei prezzi rispetto a giugno è dovuto principalmente a fattori stagionali che determinano la crescita congiunturale dei prezzi dei servizi relativi ai trasporti (+2,5%) e dei servizi ricreativi, culturali e per la cura della persona (+0,7%).
A luglio sono 16 le grandi città italiane in deflazione, due in più rispetto a giugno. Lo comunica l’Istat nei dati definitivi, dove registra comunque segnali di attenuazione delle dinamiche deflazionistiche registrate nella prima parte dell’anno. La flessione dei prezzi si riduce nel NordOvest (-0,3%, da -0,6% del mese precedente) e nelle Isole (-0,1%, era -0,3% a giugno), nel Centro e nel Sud si azzera (era rispettivamente pari -0,3% e -0,1% a giugno). Nel NordEst, infine, si assiste a un’inversione delle tendenza (+0,1%, da -0,1% di giugno). Tra le città, Milano registra ancora la flessione più ampia (-0,6%, in attenuazione dal -1% di giugno). Seguono Ancona, Bari e Potenza (-0,5% per tutti e tre i capoluoghi di regione) e Palermo e Reggio Calabria (-0,4%). A Roma, invece, il calo si ferma al -0,2%. I prezzi continuano ad aumentare invece soprattutto a Parma e Livorno (+0,6% per entrambe), Verona (+0,5%), Bolzano e Trieste (+0,4% per entrambe).
Il carrello della spesa è più caro per gli italiani anche per effetto dell’aumento degli alimentari sugli scaffali ma la deflazione ha effetti devastanti nelle campagne dove le quotazioni rispetto allo scorso anno sono praticamente dimezzate per il grano duro (-42%) fino al calo del 24%. E’ quanto emerge da un’analisi di Coldiretti sull’andamento dell’inflazione a luglio sulla base dei dati Istat che ha visto rincarare gli alimentari dello 0,6% su base annua in netta controtendenza alle riduzione dei prezzi che si stanno verificando nelle campagne. Nelle campagne è deflazione profonda – sottolinea Coldiretti – con i prezzi crollati per raccolti e per gli allevamenti che non coprono più neanche i costi di produzione o dell’alimentazione del bestiame. Oggi gli agricoltori devono vendere tre litri di latte per bersi un caffè o quindici chili di grano per comprarsene uno di pane. Le coltivazioni come il latte e la carne subiscono la pressione delle distorsioni di filiera e dal flusso delle importazioni selvagge che fanno concorrenza sleale alla produzione nazionale perché vengono spacciati come “Made in Italy” per la mancanza di indicazione chiara sull’origine in etichetta.
L’Istat ha confermato nei dati definitivi di luglio gli aumenti dei prezzi legati alle vacanze degli italiani e, in un solo mese, i prezzi del trasporto aereo passeggeri sono saliti del 21,3%, il trasporto marittimo del 26,5%, il trasporto ferroviario passeggeri dell’1,7%, i villaggi vacanza e campeggi del 19,4%, i pacchetti vacanza dell’11,1%. Solo la voce alberghi, motel, pensioni segna un calo dell’1,3% su base mensile. Si tratta dell’unica voce in controtendenza, ma solo perché nel campione d’indagine dell’Istat prevalgono i comuni che non sono mete turistiche. «Si tratta di una speculazione bella e buona. Aumenti intollerabili, specie in quei settori, come nel trasporto marittimo, dove in molti casi mancano reali alternative ed il consumatore non ha possibilità di scelta – afferma Massimiliano Dona, segretario dell’Unione Nazionale Consumatori -. Un fatto molto grave, il motore economico dell’Italia si è inceppato. Segno che la crisi ed il calo della domanda non ha risparmiato nessuno».
In ogni caso, grazie alla deflazione, secondo l’UNC, una famiglia milanese di 4 persone risparmierà 308 euro su base annua in termini di riduzione del costo della vita. Al secondo posto della classifica dove si risparmia di più, Ancona, dove grazie alla deflazione dello 0,5% vi sarà una minor spesa di 187 euro. Al terzo posto Bari, dove una tradizionale famiglia di 4 componenti risparmierà 165 euro (-0,5%). In testa alla classifica delle città più care d’Italia torna Bolzano, dove l’inflazione dello 0,4% si traduce in un aggravio di spesa, per una famiglia di 4 persone, pari a 216 euro su base annua. Seguono, sempre in termini di aumento del costo della vita, Trieste, dove l’inflazione dello 0,4% determina un aumento del costo della vita pari a 161 euro e Bologna (inflazione +0,3%, + 128 euro). Tra la città meno cara, Milano, e quella più cara, Bolzano, si determina una differenza annua, in termini di spesa, pari a 524 euro (308 + 216).