Indagine di Confcommercio gli sprechi degli enti locali: Lombardia virtuosa, bocciata la Sicilia

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Euro soldi bruciati debito
Autonomie speciali tendenzialmente spendaccione. Sangalli: «il rilancio del Paese passa attraverso il taglio della spesa pubblica e degli sprechi, oltre che delle tasse»

 

Euro soldi bruciati debitoDei 176,9 miliardi di spesa locale complessiva, le inefficienze a livello territoriale ammontano a circa 74 miliardi di euro, pari ad oltre il 4% del Pil. E’ il risultato del rapporto sulla spesa pubblica locale presentato da Confcommercio in base ai dati 2013. Di questi, 53 miliardi dovrebbero essere reinvestiti per migliorare la qualità e la quantità dei servizi pubblici locali in ampie aree del Paese, portandoli allo stesso livello della regione più virtuosa, la Lombardia, mentre 21 miliardi «sono le risorse in eccesso netto, non giustificabili e che si possono davvero recuperare».

4,3 miliardi di sprechi rappresentano, spiega la Confcommercio, il 42% della spesa complessiva. Ma la percentuale sale al 67% nelle regioni a statuto speciale, quasi al 65% al Sud e al 48,7% nelle regioni piccole (Umbria, Molise e Basilicata). La Lombardia è invece la regione più virtuosa sia per costi che per qualità e quantità dei servizi offerti, seguita dalle Regioni del NordEst. In coda il Sud, con la Sicilia all’ultimo posto. Più in dettaglio, la spesa pubblica locale pro capite in Italia mediamente è di 2.937 euro, con il picco di due regioni a statuto speciale: Valle d’Aosta (7.159 euro per abitante) e Trentino Alto Adige (6.470 euro per abitante). In Puglia (2.512 euro procapite) e Lombardia (2.587 euro) invece i valori più bassi. A parità di costi, qualità e quantità dei servizi della Lombardia, si potrebbero risparmiare, calcola l’Ufficio studi dell’organizzazione dei commercianti, 350 euro per abitante come media nazionale, in particolare 1.267 euro procapite nelle regioni a statuto speciale e 582 euro procapite in quelle piccole a statuto ordinario. Nella classifica della qualità dei servizi la Lombardia è seguita da Emilia Romagna (0,90 a fronte di una spesa pro-capite di 2.837 euro), Friuli Venezia Giulia (0,86 e 3.666), Veneto (0,83 e 2.631), Trentino (0,83 e 6.470), Toscana (0,75 e 2.836), Valle d’Aosta (0,74 e 7.159) e Piemonte (0,72 e 2.837). In coda inceve la Sicilia (0,27 a fronte di una spesa di 3.300 euro per cittadino), la Calabria (0,30 e 2.627), Campania (0,38 e 2.644), Puglia (0,43 e 2.512), Lazio (0,52 e 3.127) e Abruzzo (0,56 e 2.885).

Se si eliminassero questi sprechi, secondo Confcommercio «il calo della pressione fiscale dagli attuali livelli superiori al 43% a circa il 40% entro il 2019 è una sfida eccezionale, ma possibile» e il Pil dovrebbe crescere di oltre l’1,4% nel triennio 2017-2019. «In Italia si spende troppo denaro dei contribuenti e lo si spende male. Gli sprechi non sono più accettabili dal momento che, in molti territori, soprattutto al Sud c’è un aumento dei costi della pubblica amministrazione e un peggioramento dei servizi. E’ una beffa che aumenta la distanza tra i cittadini e le istituzioni – afferma il presidente di Confcommercio, Carlo Sangalli -. Il governo deve vincere la sfida “quota 40”, secondo una suggestione del ministro Padoan che Confcommercio fa propria e rilancia: cioè portare, nel più breve tempo possibile, la pressione fiscale al 40%. Lo strumento principale è la riduzione generalizzata delle aliquote Irpef. Solo così – conclude Sangalli – trasformeremo la debole ripresa di oggi in una robusta crescita per i prossimi anni».

La presentazione della ricerca ha avuto anche un gustoso botta e risposta tra il ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, e l’ex Giulio Tremonti. Il pretesto per lo scontro è la riduzione della pressione fiscale (ognuno ritiene che sia stato il proprio governo ad aver tagliato di più le tasse), e l’arma utilizzata sono le “slide”. Ad accendere la miccia è il commissario alla revisione della spesa pubblica, Yoram Gutgeld, che illustra i risultati ottenuti negli ultimi due anni dall’esecutivo. Utilizzando alcuni grafici l’esponente del Pd parla della «più grande riduzione della storia di tasse e della spesa», messa in campo del governo Renzi. Poi è il turno di Tremonti, che definisce «piuttosto pittoresco» il modo di esporre i fatti: «riduzione storica? Facciamo che siamo pari dai. Renzi ha rimesso l’Imu e poi l’ha tolta», dice l’ex ministro. E la “spending” «c’è sempre stata, dal governo Ciampi in poi, pur non avendo il sussidio di un commissario». Poco dopo sul palco è il turno di Padoan che attacca: «mi dispiace non avere con me le “slide” da dare a Tremonti, gli avrei fatto cambiare idea». Tremonti però non sembra tanto disponibile a cambiare idea e, direttamente dalla platea, risponde: «le suggerisco un altro uso per le “slide”…» Poi, mentre Padoan sta parlando, lascia la sala. Interventi fiscali e spending review non sono gli unici argomenti su cui l’ex ministro attacca il governo Renzi. Anche la riforma costituzionale, secondo Tremonti, è «una follia, con un Senato regionale che ha competenze internazionali e decide sull’Europa. Io non voglio che il mio paese abbia una costituzione così».