In America il governo obbliga il colosso di Wolfsburg a mettere sul piatto indennizzi per 14 miliardi di euro. La debolezza della Commissione Europea scarica il danno sui consumatori e sull’ambiente
Se si cercano i motivi perché l’Unione Europea è una barca che affonda e che piace sempre meno ai suoi cittadini, un esempio lo si può trovare nella vicenda dello scandalo “Dieselgate”, con i motori prodotti dal gruppo Volkswagen truccati da dispositivi che, in sede di controlli, alteravano il funzionamento per rientrare nei limiti che altrimenti erano superati anche di 10 volte.
Se in America governo, autorità di tutela dell’ambiente e consumatori hanno fatto la voce grossa minacciando Volkswagen di pensanti ripercussioni (anche il ritiro delle autorizzazioni alla vendita dei suoi prodotti sul mercato americano) in caso di mancati provvedimenti per rimediare al danno ambientale e alla truffa nei confronti dei consumatori, costringendo il costruttore tedesco a fare “mea culpa” e a stanziare in tutta una serie di azioni di adeguamento dei motori difettosi e di indennizzi a favore dei consumatori e delle autorità di vigilanza pari a circa 14 miliardi di euro, viceversa in Europa tutto tace e l’amministratore delegato di Volkswagen Matthias Müller esclude esplicitamente che quanto il gruppo ha fatto negli Usa possa essere ripetuto in Europa, nonostante i veicoli difformi siano stati venduti e circolino in misura decisamente superiore rispetto a quella americana.
Flebilmente, fin dallo scorso gennaio la commissaria al Mercato interno Elzbieta Bienkowska ha detto che l’azienda deve indennizzare i clienti europei allo stesso modo di quelli americani, in quanto sarebbe il solo modo «per ripristinare la fiducia nel settore auto europeo». Parole al vento prive di reali conseguenze per i circa 8,5 milioni di consumatori che hanno acquistato auto del gruppo Vw spinte con i motori diesel “truccati”. Se da una parte è ovvio che un indennizzo singolo a livelli Usa sarebbe insostenibile, e potrebbe portare il gruppo al fallimento, Vw nega anche indennizzi di ammontare molto inferiore, appellandosi al fatto che i limiti Usa alle emissioni di ossidi di azoto sono più severi e che la partecipazione ai richiami non è obbligatoria, a differenza che in Europa.
I consumatori europei sono sul piede di guerra: in Germania il presidente dell’associazione consumatori Bundesverband, Klaus Müller, ha detto in un’intervista che «i consumatori in Europa e in particolare in Germania non devono uscire a mani vuote». In Italia, l’Unione consumatori ha definito la scelta «una vergogna, resa possibile dal fatto che, a differenza che in America, le autorità italiane ed europee sono rimaste alla finestra a guardare, mentre i consumatori pagano il fatto di non avere a disposizione una vera “class action” con danno punitivo come negli Stati Uniti».
Se Volkswagen non dovesse mutare la propria posizione rispetto ai legittimi diritti del consumatore europeo, sarebbe utile che chi deve acquistare un’automobile nuova guardasse attentamente all’offerta di altri costruttori: sul mercato sono presenti offerte di valore qualitativo e tecnologico simili a quello del costruttore “furbetto”, che trattano il consumatore da Cliente e non da servo sciocco e che, alla fine, costano pure meno del prodotto “Made in Wolfsburg” e dintorni.