A Verona protesta di Coldiretti in difesa prodotti italiani contro embargo russo

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In 10.000 sfilano con migliaia di trattori per la città. Zaia: «è una battaglia che vinceremo»

 

coldirettiSono circa diecimila gli agricoltori e gli allevatori italiani in piazza a Verona con i trattori contro l’embargo russo che ha azzerato completamente le esportazioni dei prodotti agroalimentari più rappresentativi del “Made in Italy” scatenando una guerra commerciale che ha provocato pesantissimi danni all’economia e la perdita di posti di lavoro.

A due anni dall’entrata in vigore dell’embargo russo e alla vigilia del probabile rinnovo la protesta che coinvolge anche i principali operatori economici impegnati nell’interscambio con la Russia chiedono la fine di una guerra commerciale insostenibile per l’Europa che ora deve affrontare anche i pesanti effetti economici della “Brexit”. Dentro e fuori il Cattolica Center di Verona. In Veneto, scelto perché è la regione più duramente colpita, gli agricoltori hanno portato anche i prodotti rimasti invenduti, dalle mele ai kiwi fino alle pesche, ma anche i formaggi e i prosciutti per denunciare un braccio di ferro insensato e autolesionistico. Una scelta suicida che l’Unione Europea e l’Italia non possono permettersi dopo il voto sulla “Brexit” con la svalutazione della sterlina inglese che rischia di mettere in crisi i rapporti commerciali con la Gran Bretagna, che è il quarto sbocco estero dei prodotti agroalimentari “Made in Italy”. Sono stati anche esposti gli scandalosi surrogati del “Made in Italy” come il “Russkiy Parmesan”, ma anche il salame Milano o la mozzarella “Made in Russia” che sugli scaffali dei supermercati del Paese di Putin hanno preso il posto dei cibi italiani originali i quali rischiano ora di rimanere esclusi per sempre. 

La guerra commerciale con la Russia ha colpito duramente l’agroalimentare “Made in Italy” con un taglio delle esportazioni stimato in 600 milioni di euro nell’arco di due anni, dovuto per circa la metà al completo azzeramento delle spedizioni di ortofrutta, formaggi, latticini, carni e salumi italiani interessate direttamente dall’embargo. E’ quanto emerge dal primo bilancio sull’impatto dell’embargo russo sul sistema agroalimentare italiano a quasi due anni dall’avvio del blocco stilato dalla Coldiretti. L’agroalimentare – sottolinea la Coldiretti – è l’unico settore ad essere colpito direttamente dall’embargo totale sancito dalla Russia con una lista di prodotti per i quali è del tutto vietato l’ingresso, frutta e verdura, formaggi, carne e salumi, ma anche pesce, provenienti da Ue, Usa, Canada, Norvegia ed Australia. A rendere più pesante il bilancio dei danni è però il fatto che al divieto di accesso a questi prodotti si sono aggiunte le tensioni commerciali che hanno ostacolato di fatto le esportazioni in tutto l’agroalimentare e anche negli altri settori, dalla moda ai mobili fino alle auto, in cui era tradizionalmente forte la presenza italiana. Il risultato è che le esportazioni “Made in Italy” nel paese di Putin sono scese al minimo da almeno un decennio con una perdita stimata nei due anni di 7,5 miliardi rispetto ai valori precedenti l’embargo. 

A salire sul podio dei prodotti agroalimentari “Made in Italy” più colpiti direttamente dall’embargo in termini di taglio in valore delle esportazioni sono – precisa la Coldiretti – nell’ordine l’ortofrutta per un valore di 149 milioni di euro, soprattutto per mele, kiwi e pesche, poi i prodotti lattiero- caseari, per un importo di 80 milioni di euro principalmente per Grana Padano e Parmigiano Reggiano, e infine le carni e i salumi con perdite di 39 milioni di euro.

Lo stop alle importazioni di frutta, verdura, salumi e formaggi dall’Italia ha provocato in Russia un vero boom nella produzione locale di prodotti “Made in Italy” taroccati, dal salame Italia alla mozzarella “Casa Italia”, dall’insalata “Buona Italia” alla Robiola Unagrande, ma anche la mortadella Milano o il Parmesan tutti rigorosamente realizzati in Russia. Coldiretti durante la protesta nazionale a Verona ha illustrato il “piano alternativo” che è attivo nell’ex paese sovietico. Il “Russkiy Parmesan” viene prodotto insieme al gorgonzola a 60 chilometri da Mosca nel villaggio di Dubrovskoe, ma nelle principali catene del Paese sono in vendita con nomi italiani mozzarella, ricotta, mascarpone, robiola “Made in Russia”, ma anche diversi tipi di salame Milano, di mozzarelle “ciliegine”, di scamorze, insalata toscana “Buona Italia” e pizza “Sono Bello Quatro Formaggi” con tanto di errore grammaticale, ma anche il Prosecco della Crimea. A far proliferare la presenza del falso “Made in Italy” non è stata però solo l’industria russa ma – aggiungono da Coldiretti – anche molti Paesi che non sono stati colpiti dall’embargo come la Svizzera, la Biolorussia, l’Argentina o il Brasile che hanno aumentato le esportazioni dei cibi italiani taroccati. Nei supermercati russi è possibile trovare scamorza, mozzarella, provoletta, mascarpone e ricotta “Made in Bielorussia”, ma anche salame Milano e Gorgonzola di produzione Svizzera e Parmesan o Reggianito di origine brasiliana o argentina. 

Alle perdite dirette subite dalle mancate esportazioni italiane in Russia si sommano quelle indirette dovute al danno di immagine e di mercato provocato dalla diffusione sul mercato russo di prodotti di imitazione che non hanno nulla a che fare con gli originali italiani. Il rischio riguarda anche la ristorazione italiana in Russia che, dopo una rapida esplosione, rischia di essere frenata per la mancanza degli ingredienti principali. In alcuni casi i piatti sono spariti dai menu mentre in altri sono stati sostituiti da tarocchi locali o esteri senza però che ci sia nella stragrande maggioranza dei ristoranti una chiara indicazione nei menu. Un danno anche per l’economia russa che priva i suoi cittadini di alimenti di qualità particolarmente apprezzati come dimostra il fatto che i turisti russi in Italia sono i più appassionati del cibo “Made in Italy” che acquistano con una percentuale dell’87%, la più alta tra i diversi paesi, secondo le elaborazioni Coldiretti sullo studio “In viaggio attraverso l’Italia”.

Alla crescente domanda di prodotti agroalimentari italiani in Russia, è stato ribadito durante la manifestazione di protesta a Verona, si sta rispondendo con un potenziamento dell’industria alimentare locale. Nuovi investimenti sono stati realizzati per aumentare la produzione di formaggi, che è già cresciuta del 20% negli Urali Centrali, ma sono previsti nuovi caseifici nella regione Sverdlovsk per coprire fabbisogni di formaggi duri e molli, dalla mozzarella al parmigiano. Nella stessa regione è in fase di sviluppo, con nuovi grandi macelli per maiali, anche l’industria della carne e dei salumi. «Come spesso accade, la guerra e le sue conseguenze uccidono il commercio “buono” e fanno proliferare quello “cattivo” e c’è il rischio che per l’export agroalimentare “Made in Italy” nel Paese di Putin si possa giungere ad un punto di non ritorno con la perdita definitiva degli spazi commerciali dopo anni di intensa crescita – ha detto il presidente della Coldiretti, Roberto Moncalvo -. Il rischio è che una volta perso lo spazio sugli scaffali sarà difficile recuperarlo, anche se le tensioni politiche saranno separate e l’embargo eliminato, perché i rapporti commerciali si consolidano e i consumatori russi potrebbero fare scelte patriottiche e non volere più il “Made in Italy” sulle loro tavole».

«E’ un problema con cui ci stiamo confrontando da tempo» ha detto il ministro delle Politiche agricole, Maurizio Martina, intervenuto a Verona per la grande manifestazione nazionale degli agricoltori organizzata da Coldiretti. «Questo confronto – ha aggiunto – naturalmente s’inserisce in un contesto delicato sul piano europeo internazionale. La cosa importante che qui voglio sottolineare – ha spiegato Martina – e su cui lavoriamo con determinazione è che chiediamo all’Europa un passo in più. Chiediamo all’Europa una serie di azioni più concrete». Martina ha poi ricordato che «abbiamo fatto in questi mesi cose importanti sul fronte ortofrutticolo e del lattiero-caseario, ma dobbiamo fare di più. Quindi – ha concluso – ci vuole una reazione del contesto europeo più capace di capire e interpretare il problema che c’è».

Per Martina «c’è una lotta al falso “Made in Italy” che va ingaggiata sempre di più e stiamo facendo tanto anche nel mercato russo. Poi ci sono collaborazioni commerciali e non solo, che si possono sviluppare e questo è un terreno che ovviamente ci interessa far avanzare». 

«E’ una battaglia, ma la vinciamo» ha detto il governatore del Veneto, Luca Zaia, intervenendo a Verona alla manifestazione di Coldiretti contro l’embargo russo. Zaia ha ricordato che «il Veneto ha 350 prodotti tipici, l’Italia 4.500: non possiamo pensare che il futuro sia di dare da mangiare ai nostri cittadini le porcherie che girano per il mondo. I nostri agricoltori, le 160.000 aziende agricole del Veneto – ha aggiunto – non fanno solo un prodotto alimentare, fanno un prodotto alimentare che non fa ammalare. E questo che ci interessa dire. Ed è bene fare queste battaglie contro gli Ogm, a favore della tipicità, contro tutto quello che sono le multinazionali. La vera multinazionale è quella dei contadini» ha spiegato il presidente del Veneto. 

E sull’embargo, Zaia non ha dubbi: «questa è una porcheria che potevano evitare ed è un peso non indifferente, in Veneto si arriva a quasi un miliardo di euro di danni. Pensate solo a tutto il comparto dell’agrolimentare cosa significa per noi il mercato della Russia. Ci siamo andati a infilare in una vicenda internazionale che non ci dovrebbe riguardare». Zaia ha concluso auspicando che «si tolga subito l’embargo e si continui a dialogare con questa comunità russa che noi consideriamo amica e non nemica. Questa Europa invece lo è, perché difende le multinazionali e gli Ogm, è l’Europa che difende il trattato internazionale tra Usa e Europa. Noi siamo europeisti ma non siamo per questo tipo di Europa».