Il libro edito da Salvioni Edizioni, scritto da Bruno Bergomi con le immagini di Oliviero Venturi, è stato presentato nella sede dell’Istituto Svizzero a Venezia
Di Giovanni Greto
“Bianco, Rosso & Blu”, promosso dalla città di Mendrisio in collaborazione con Ticinowine e con il contributo finanziario del Cantone Ticino per la promozione della cultura e della lingua italiane, è stato presentato alla presenza degli autori Bruno Bergomi e Oliviero Venturi, nella sede dell’Istituto Svizzero a Venezia. Il volume è un omaggio alla tradizione vinicola radicata del Canton Ticino, non solo terra di mastri comacini (“gruppi di costruttori e scalpellini attivi nel Medioevo”), privilegiata meta turistica, società del terziario avanzato, ma anche produttrice di vini pregiati.
L’autore dei testi, Bruno Bergomi, scrittore e giornalista della RSI, la radiotelevisione della Svizzera italiana, ha spiegato che l’intera regione ha una superficie vitivinicola di 1.100 ettari, per una produzione di 60.000 quintali, più o meno equivalente ad un grossa cooperativa del Veneto. Però ha una particolarità: è legata al Merlot, il vino simbolo. Ecco allora il libro ripercorrere dalle origini la storia della viticoltura della Svizzera italiana e fotografare la situazione attraverso i cicli vitivinicoli della coltivazione, raccolta, vinificazione, distribuzione e degustazione del vino.
Le origini della coltivazione della vite sono incerte, anche se si pensa che fossero stati i Romani a introdurre e diffondere i primi vitigni, perché così fecero in tutte le loro colonie. Poi non si sa più niente fino all’Ottocento, allorché Stefano Franscini, padre della scuola ticinese, descrisse 17 qualità tipiche di uve nere e 12 di bianche, oltre ad alcuni “cultivar” provenienti dal Piemonte. Tutto sembra andare a gonfie vele, ma tra il 1871 e il 1891 si assiste ad un drastico crollo della produzione: da 52.000 ettolitri (più o meno la produzione attuale) a 17.000. Le cause pare fossero da imputarsi all’apparire di nuove malattie come la peronospora e l’oidio, mentre nel 1897 si diffuse il flagello della filossera. La salvezza arrivò grazie all’agronomo emiliano Alderigo Fantuzzi, il quale scelse quale vitigno principe il Merlot che «per quanto più delicato si afferma come vitigno di qualità superiore e per finezza di prodotto, degno di essere preso in considerazione per sufficiente resistenza alle malattie e al marciume». Il Merlot, dunque, a partire dal 1907, anno in cui si fece una prima serie di innesti, lentamente ma inesorabilmente è riuscito ad imporsi ed oggi rappresenta l’85% delle uve, parallelamente ad una qualità che sta migliorando sempre di più dagli anni ’60. Capitolo dopo capitolo, il libro elenca i diversi distretti vinicoli, tra i quali si impone quello del Mendrisiotto (la regione di Mendrisio), che rappresenta oltre un terzo della superficie viticola e della produzione cantonale di uva e vino.
Accanto al testo, la bellezza di “Bianco, Rosso & Blu” si deve alle foto di Oliviero Venturi, nato a Lugano, fotografo pubblicitario trasferitosi in Italia, che ha colto l’occasione per ritornare a casa, pur non sapendo da che parte incominciare. Percorrendo un anno intero le valli del Ticino e incontrando “le donne e gli uomini del vino”, l’idea di come procedere si è alfine rivelata. Con la sua Nikon, Venturi nel 2014 ha scattato in tutte le stagioni e le ore, arrivando, per esempio, a 5,6,7 scatti prima di scegliere la foto giusta. Simpatica l’idea di fotografare in posa numerosi produttori nelle loro cantine, tenendo presente, come sottolinea l’enologo Francesco Tettamanti nella prefazione, che alcuni di loro hanno cambiato vita. «L’ingegnere, il contabile, l’architetto, il chimico, il dirigente bancario, il macchinista ferroviario si sono trasformati in affermati produttori affiancando chi il vino lo fa da generazioni, conferendo alla filiera produttiva ticinese quell’aspetto così variegato e riccamente diversificato che si è saputa dare nell’ultimo quarto di secolo».