La “spending rewiew” non riesce ad attecchire. Ultima chiamata per Renzi per ridurre la spesa per rilanciare l’economia
Ancora un brutto dato per l’economia italiana nel suo complesso e per il Governo Renzi in particolare: dal rapporto curato dal Centro Studi di Unimpresa emerge che la spesa della pubblica amministrazione negli ultimi cinque anni è cresciuta di ben 14 miliardi di euro.
Stipendi dei dipendenti delle amministrazioni centrali e costi del funzionamento dell’apparato statele sono dunque in crescita permanente. Non solo: contemporaneamente, tra il 2009 e il 2014, il totale delle uscite del bilancio pubblico sono costantemente salite passando da 649 miliardi a 732 miliardi, in salita del 12%.
Secondo lo studio dell’associazione, basato su dati della Corte dei conti e della Ragioneria generale dello Stato, le spese della pubblica amministrazione sono passate dai 315,2 miliardi del 2009 ai 329,5 miliardi del 2014, in crescita del 4,53%. Si tratta, in particolare, dei costi del personale delle amministrazioni centrali e dei costi di gestione dell’intera macchina statale. Sul totale dei 329,5 miliardi, 88,9 miliardi corrispondono alla voce relazioni finanziarie con le autonomie territoriali; 70,9 miliardi alle politiche previdenziali; 40,9 miliardi all’istruzione scolastica; 32,7 miliardi ai irrito sociali, politiche sociali e famiglia; 18,1 miliardi alla difesa e sicurezza del territorio; 8,4 miliardi alle politiche economico-finanziarie e di bilancio; 7,9 miliardi all’ordine pubblico e alla sicurezza; 6,1 miliardi alle spese per organismi in Europa e nel mondo; 6,9 miliardi all’istruzione universitaria; Il totale delle uscite a carico del bilancio pubblico sono passate dai 649,3 miliardi del 2009 ia 732,1 miliardi del 2014, in crescita del 12,76%.
«La “spending review” è un tema ricorrente per chiunque arriva a palazzo Chigi. Eppure, negli anni della crisi, nei quali tutti i governi hanno avanzato proposte e soprattutto promesse di riduzione degli sprechi, non è stato fatto nulla per risparmiare. E si tratta di mancati tagli e di mancati risparmi che alla fine della giostra gravano sulle tasche dei contribuenti onesti, dei cittadini e delle imprese che pagano le tasse, ai quali viene assicurato che la pressione fiscale verrà abbattuta, ma non è vero» commenta il presidente di Unimpresa, Paolo Longobardi. Il premier Renzi si è sempre vantato di essere un politico di rottura con il passato, ma in tema di conti pubblici egli nel corso dei due anni di governo ha dimostrato di incarnare il peggio del “pomicinismo”, quando spesa pubblica (e, di conseguenza, deficit pubblico) si allargavano a dismisura per soddisfare tutti gli appetiti della famelica clientela dei governanti del centro sinistra di allora.