Puppato: «Regione solo rimpalli e sminuimento del problema». Bottacin: «accuse infondate: già dal 2013 abbiamo evidenziato il problema, ma tocca allo Stato fissare il quadro di riferimento che oggi non esiste»
Botta e risposta tra maggioranza e opposizione sulla situazione da inquinamento da Pfas in Veneto ed in particolare sulle soglie di azione.
Secondo la senatrice del PD Veneto, Laura Puppato, «l’inquinamento delle falde acquifere profonde e di superficie con i Pfas, o sostanze perfluoro alchiliche, che in Veneto riguarda un’area di 150 chilometri quadrati e soprattutto l’azienda Mitemi, sarà presto all’attenzione della Commissione di inchiesta sui rifiuti e sulle sostanze di scarto inquinanti»
. «Le mie recenti scoperte sono sconcertanti – continua Puppato -: un carteggio tra il ministero dell’Ambiente e la Regione chiarisce che il Veneto conosce la situazione almeno dal 2013 ed è da allora che traccheggia, pur di non fissare limiti per gli scarichi industriali che garantiscano all’acqua potabile concentrazioni compatibili con la salute umana».
Per Puppato dal 2013 «la Regione Veneto, competente in materia di limiti di concentrazione delle sostanze dannose nelle acque ai sensi della normativa vigente, ha rimpallato le responsabilità e non ha mai fissato i limiti per i Pfas nelle acque di scarico industriale. Questo nonostante una precisa indicazione dell’Istituto Superiore di Sanità. Anzi, con una nota di aprile 2016, la Regione Veneto continua a sminuire il problema, denunciando il fatto che la questione riguarda anche altre realtà a livello nazionale. Com’è noto, gli ultimi test ematici per i lavoratori della Mitemi indicano valori di Pfas 10.000 volte superiori a quelli fisiologici, mentre la stessa Regione Veneto, in uno studio del 2013 pubblicato sul suo sito, ammette l’inquinamento da Pfas nelle acque di falda, superficiali e potabili in ampie zone del Veneto tra cui la Bassa Valle dell’Agno (VI), alcuni ambiti delle province di Padova e Verona e una parte considerevole della rete idrografica. Si tratta di una situazione insostenibile della quale chiameremo a rispondere i vertici regionali».
A stretto giro la risposta dell’assessore all’ambiente veneto Giampaolo Bottacin: «non si può affermare che il Ministero dell’ambiente non è stato tempestivamente informato dalla Regione, perché è falso. Infatti, con lettera prot. 303803 del 16 luglio 2013, la Direzione tutela dell’ambiente ha comunicato al Ministero dell’ambiente, a quello della salute, all’Istituto Superiore di Sanità (Iss), all’Ispra, alla Provincia di Vicenza, all’Arpav, alla Direzione regionale prevenzione e all’Unità di progetto veterinaria che erano iniziate analisi e monitoraggi ed era già stata individuata la fonte principale di emissione. La comunicazione diceva anche che erano «già stati installati adeguati sistemi di trattamento delle acque potabili per l’abbattimento delle concentrazioni, consistenti in filtri a carboni attivi o, in alternativa è stata disposta la chiusura dei punti di prelievo contaminati, o infine provvedendo alla posa di appositi bypass di collegamento con fonti alternative”».
«Per quanto riguarda poi la fissazione dei limiti – aggiunge Bottacin – la contraddizione è della sen. Puppato. La Regione non può fissarli di sua iniziativa. A scopo precauzionale ci siamo basati (anche per quanto riguarda l’Autorizzazione Integrata Ambientale) sui valori obiettivo indicati dall’Europa e confermati dall’Iss, ma che non hanno valore di legge. Deve essere chiaro che i limiti per i Pfas mancavano e per alcuni di essi mancano tuttora e che in base all’art 101 comma 1 del D.lg. 152/2006 devono essere fissati dal ministero. Le Regioni possono solo, eventualmente, rendere i limiti statali più restrittivi (comma 2). Ma per farlo, il prerequisito è che il ministero fissi tali limiti». «Mi pare che la sen. Puppato abbia contribuito solo a fare confusione – conclude Bottacin – su una questione delicata che sarebbe meglio andasse affrontata e approfondita con cognizione di causa prima di fare certe affermazioni».