Niente Borsa per la Popolare di Vicenza

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banca popolare vicenza protesta azzeramento capitale azionisti
Troppo poco flottante: per l’istituto non arriva l’ok alla quotazione. Il fondo Atlante sale al 99,33% del capitale. Praticamente azzerato l’investimento dei piccoli azionisti. Preoccupazione per la situazione di Veneto Banca

 

 

banca popolare vicenza protesta azzeramento capitale azionistiSalta la quotazione a Piazza Affari della Banca Popolare di Vicenza. Borsa Italiana ha negato l’ammissione alle negoziazioni dell’istituto berico in quanto il flottante non sarebbe stato in grado – spiega la società che gestisce il listino – di «garantire il regolare funzionamento del mercato». 

Troppo deludenti i risultati dell’aumento di capitale da 1,5 miliardi di euro, con sottoscrizioni ferme al 7,66% dell’offerta nonostante il contributo offerto da Mediobanca, impegnatasi in extremis a sottoscrivere una quota del 5%. Con il 91,72% del capitale in mano ad Atlante, il 4,97% detenuto da Piazzetta Cuccia, il flottante sarebbe stato ridotto al lumicino, suddiviso tra 9 investitori istituzionali che avevano prenotato lo 0,1% dell’aumento, altri 6.673 soggetti che hanno sottoscritto il 2,55% nell’ambito dell’offerta al pubblico indistinto e gli “azzerati”, i 119.000 attuali azionisti della banca, la cui quota di partecipazione si diluirà dal 100% allo 0,67% e che resteranno gli unici soci a fianco di Atlante. 

Il fallimento dell’Ipo – su cui ancora giovedì scorso il consigliere delegato Francesco Iorio si diceva “ottimista” – ha spaventato la Borsa, già delusa dall’esito dell’offerta. Il conto più salato l’ha pagato il Banco Popolare (-7,3%), atteso da un aumento di capitale da 1 miliardo per fondersi con Bpm (6,04%), e gli istituti più fragili, Mps (-5,52%) e Carige (-5,33%). «Abbiamo gli advisor che ci hanno coperto e un sacco di banche che vogliono partecipare al consorzio», ha rassicurato il l’amministratore delegato del Banco, Pier Francesco Saviotti. Immediatamente dopo la decisione di Borsa Italiana, Quaestio sgr ha confermato che il fondo Atlante metterà gli 1,5 miliardi necessari a salvare la Vicenza (il 35% del suo patrimonio, pari a 4,25 miliardi). Il fondo, che deterrà il 99,33% del capitale, ha confermato che sosterrà «la ristrutturazione, il rilancio e la valorizzazione della Banca, avendo come obiettivo prioritario l’interesse dei propri investitori». 

La Popolare di Vicenza «è in sicurezza e l’importante è questo», ha detto Federico Ghizzoni, amministratore delegato di Unicredit, la banca che avrebbe dovuto sottoscrivere l’intero inoptato senza l’intervento di Atlante. «L’importante è che la banca abbia capitale a sufficienza per poter lavorare tranquillamente e questo obiettivo è stato raggiunto» mentre il tonfo delle banche dipende dal contenuto ancora «poco chiaro» delle misure varate dal governo per tagliare i tempi di recupero dei crediti. «Il mercato aspetta delle informazioni precise» dopodiché la reazione «sarà positiva». Promuove Atlante anche Ennio Doris, patron di Mediolanum: «ha fatto tutto quello che doveva fare per mettere in bonis» la Bpvi.

Scoramento dal fronte dei piccoli azionisti: per Andrea Arman, coordinatore degli Azionisti Associati Banca Popolare di Vicenza, «quanto è successo oggi non ci sorprende, è un “film” che avevano già ipotizzato nell’ottobre dello scorso anno. E’ una vicenda – prosegue – che non ha una logica economico-finanziaria, ma solo quella della esfoliazione di ricchezza del territorio. Si è trattato di un percorso voluto e pilotato dall’attuale management, lo si è capito dalla scelte e dalla mancanza di confronto con i soci». «Non sappiamo cosa succederà ora, perlomeno non ce la sentiamo di abbozzare un pronostico – prosegue Arman -. L’unica cosa certa è che i risparmi di 110.000 cittadini sono andati letteralmente polverizzati senza possibilità di ritorno. Il tutto sotto gli occhi dello Stato, della politica e della chiesa, tutti indifferenti di fronte a un baratro in cui sono stati bruciati decide di miliardi di euro». «Noi nel mese di dicembre – conclude – avevamo proposto un piano industriale molto dettagliato, costituito da uno spezzettamento e suddivisione della banca, che probabilmente verrà portato avanti in futuro. Da parte nostra, come associazione, andremo avanti con le azioni giudiziarie, ma prima è necessario che la politica metta in campo una commissione d’inchiesta per capire cosa è realmente successo e se ci sono stati ulteriori interessi privati in questi ultimi mesi».

Dopo il fallimento dell’aumento di capitale di Bpvi, cresce la preoccupazione anche per Veneto Banca, anch’essa impegnata in un aumento di capitare da 1 miliardo di euro per rimettersi in sesto.

L’istituto di Montebelluna si prepara a seguire la stessa strada della cugina di Vicenza, con la trasformazione in Spa e l’aumento di capitale per andare in Borsa. Cambia solo l’ammontare della richiesta al mercato: un miliardo contro 1,5. Carlo Messina, amministratore delegato di Banca Intesa che guida il consorzio di garanzia su Veneto Banca, prende tempo, affermando che solo nei prossimi giorni si deciderà sull’eventuale intervento di Atlante, anche se fino a pochi giorni fa questo era uno scenario che escludeva. Ma il risultato della Popolare di Vicenza deve avergli fatto suonare più di un campanello di allarme.