Individuate le aree a maggiore rischio e le azioni per tenere sotto controllo la situazione
Alla presenza dell’assessore regionale alla sanità, Luca Coletto, e dei vertici della sanità veneta, sono stati presentati i primi risultati derivanti dallo studio di biomonitoraggio che la Regione Veneto ha realizzato con l’Istituto Superiore di Sanità relativamente all’inquinamento da sostanze perfluoro alchiliche (PFAS) rilevato in alcune aree del territorio.
Il problema è stato ed è estremamente complesso sia sul piano sanitario, che su quello ambientale, che su quello giuridico ed è stato affrontato con determinazione, prima di tutto nell’ottica della protezione della popolazione, operando in maniera integrata ed intersettoriale con le Aziende Ulss interessate, con il Dipartimento ambiente, con Arpav, con il ministero della Salute e l’Istituto Superiore di Sanità, con una condivisione delle strategie anche con Enti sovranazionali come l’OMS.
Dal mese di luglio del 2013, quando uno studio nazionale finanziato con fondi europei evidenziò una situazione di inquinamento legata allo sversamento di tali sostanze, l’azione più importante ed immediata è stata la messa in sicurezza dell’acqua potabile che, attraverso l’apposizione di filtri a carboni attivi, ha consentito di ridurre l’esposizione a tali sostanze, garantendo la qualità e la potabilità dell’acqua in distribuzione. La sorveglianza sanitaria e la sorveglianza ambientale sono state condotte in maniera parallela ed integrata per una corretta valutazione del rischio.
È stata identificata la fonte contaminante e delimitata l’estensione della contaminazione. È stata, inoltre, avviata nel 2014 la mappatura dei pozzi privati ad uso potabile, attraverso la collaborazione delle Ulss e soprattutto dei Sindaci, che hanno emanato le ordinanze previste dal provvedimento regionale a tutela della salute.
La necessità di comprendere se l’esposizione nel passato a tali sostanze ne avesse determinato un accumulo nell’organismo, ha portato ad attivare una misura di accertamento, quale quella del “monitoraggio sierologico” sulla popolazione esposta, al fine di ottenere un quadro oggettivo della situazione sull’esposizione pregressa dei cittadini.
Lo studio relativo al monitoraggio sierologico ha avuto l’obiettivo di caratterizzare l’esposizione a sostanze perfluoroalchiliche (PFAS) in soggetti residenti in aree interessate da presumibile esposizione incrementale a questi inquinanti, rispetto a gruppi di popolazione di controllo residente in altre aree geografiche del Veneto.
I comuni maggiormente interessati dalla presenza di Pfas sono Montecchio Maggiore, Lonigo, Brendola, Creazzo, Altavilla, Sovizzo, Sarego; per l’area di controllo sono stati individuati i comuni di Mozzecane, Dueville, Carmignano, Fontaniva, Loreggia, Resana, Treviso.
Lo studio ha previsto la determinazione delle concentrazioni nel siero umano raccolto da un campione di 507 persone di varie sostanze appartenenti alla famiglia dei Pfas, identificati in base a rilevanza espositiva e tossicologica.
Il disegno dello studio prevedeva la partecipazione di soggetti reclutati tra la popolazione generale dei Comuni selezionati; di operatori e residenti di aziende zootecniche. Lo studio sugli operatori e residenti di aziende zootecniche è tuttora in corso. Ad oggi, sono stati prelevati e analizzati 22 campioni di siero dei 120 previsti. I risultati complessivi saranno resi noti non appena L’Iss avrà concluso il lavoro di analisi.
I risultati preliminari sotto forma di analisi statistiche aggregate presentati confermano la presenza di tali sostanze nell’organismo dei soggetti dell’area di maggiore esposizione, identificata con l’Ulss 5 di Arzignano e, in misura minore, con l’Ulss 6 di Vicenza, in quantità statisticamente significative rispetto all’area di controllo (parte dell’Ulss 6 di Vicenza non interessata, Ulss 8 di Asolo, Ulss 9 di Treviso, Ulss 15 Alta padovana e Ulss 22 di Bussolengo).
Le prime elaborazioni preliminari sembrano confermare che la individuazione delle aree dei comuni esposti e non esposti, sulla base dei livelli di Pfas nelle acque con potenziale uso umano, sia adeguata con il disegno dello studio di biomonitoraggio, in accordo con i dati di letteratura che indicano le “acque” come via principale di esposizione ai Pfas. A seguito di questi risultati, la Sanità regionale attuerà tutte le azioni che si renderanno necessarie, oltre a quelle già intraprese, per rafforzare la sorveglianza sanitaria e la presa in carico della popolazione esposta secondo il modello della gradazione del rischio.
Oltre alle azioni di prevenzione e di presa incarico della popolazione già consolidate nella regione, saranno avviati lo studio epidemiologico osservazionale della popolazione esposta e il “follow-up” dei soggetti positivi al biomonitoraggio con cadenza semestrale a partire da gennaio 2017. Inoltre è offerta la possibilità di esami clinici di routine e specifici per i soggetti identificati a maggiore esposizione con cadenza annuale e in esenzione ticket (cod. Pfas), il rafforzamento della formazione agli operatori coinvolti nella gestione del problema, il rafforzamento della sorveglianza sanitaria sulle fasce di popolazione più vulnerabili e il rafforzamento dell’informazione alla popolazione target, oltre a possibili studi sperimentali sui soggetti con le maggiori concentrazioni.
Tutte queste azioni prevedono, a breve, la costituzione di un gruppo di lavoro ad hoc con il supporto dell’ISS, dell’Università e la condivisione con Ministero della salute e l’OMS.
Il coordinamento di alcune linee di lavoro verrà affidato all’ISS con specifico provvedimento.
Il materiale integrale presentato può essere scaricato dal sito https://we.tl/ixEUodcc6d