Ortoncelli: «i giochetti di parole non cambiano la sostanza. Preoccupazione per l’autotrasporto e le merci»
Nessun muro, ma “gestione dei confini”. «I giochi di parole del presidente dell’Austria Franz Fischer non cambiano la sostanza delle cose: l’Austria oggi ha iniziato a costruire un muro per limitare il transito proprio dall’Italia, e questo avrà conseguenze importanti non solo sociali ma anche economiche». E’ amareggiato e preoccupato allo stesso tempo Nazzareno Ortoncelli, presidente veneto degli autotrasportatori di Confartigianato che prosegue: «il traffico scorrevole e le strade semideserte potrebbero essere solo un ricordo.
Ai valichi alpini che, attraverso l’Austria, uniscono l’Italia all’Europa a breve, arriveranno code chilometriche, controlli minuziosi di persone e merci e, forse, anche muri e reticolati di filo spinato».
Questo l’effetto che avrà la decisione del Governo austriaco che oggi ha avviato i lavori per la riapertura dei posti di blocco ai valichi del confine meridionale per limitare il flusso di immigrati. In totale i valichi in cui saranno riattivati i presidi sono 12. I principali con l’Italia sono 3: il valico di Tarvisio, quello del Brennero e quello di Resia.
«Il ripristino dei controlli da parte dell’Austria – spiega Ortoncelli – avrà un impatto devastante per il trasporto merci su gomma e di riflesso sul loro costo e quindi sui flussi dell’export che penalizzeranno migliaia di piccole imprese che in Europa mandano quotidianamente quantità sempre maggiori di loro prodotti. I controlli infatti riguarderanno il traffico dei veicoli, dei treni e delle persone. In particolare, al valico del Brennero, il più importante per volume di merci, con 2 milioni di veicoli pesanti in transito annualmente, è iniziata proprio oggi la realizzazione di una corsia dedicata alle verifiche di persone e merci limitata da una recinzione così da rendere possibile la registrazione dei profughi».
Mentre gli autotrasportatori sottolineano l’inevitabile aumento dei costi di trasporto delle merci (che stime prudenti valutano attorno ai 170 milioni di euro che si scaricheranno sul sistema produttivo e sui consumatori) e l’impossibilità di effettuare consegne puntuali verso l’Europa, le piccole imprese manifatturiere vivono gli stessi timori ma da una prospettiva diversa. Sono queste, infatti, che dovranno sopportare i ritardi di consegna e i maggiori costi per far arrivare i propri prodotti in Europa. Due fattori che, messi insieme, rischiano di minarne la competitività.
Secondo un’analisi dell’Ufficio studi di Confartigianato Veneto, verso Austria, Danimarca, Francia, Germania Norvegia e Svezia, i sei paesi che hanno introdotto deroghe temporanee agli accordi di Schengen, si concentra oltre un quarto dell’export manifatturiero regionale veneto, per un valore vicino ai 16 miliardi di euro. Solo verso l’Austria l’Italia esporta prodotti per oltre 1,5 miliardi di euro di controvalore, prodotti che, da domani, potrebbero viaggiare a passo di lumaca, oltre che a costare di più.