Il trio di Jaques Morelenbaum, LulaGalvao e Rafael Barata al “Candiani” per l’organizzazione del Centro culturale “Caligola”
Di Giovanni Greto
Il “Cellosambatrio” (Jaques Morelenbaum, violoncello; LulaGalvao, chitarra acustica; Rafael Barata, batteria e piccole percussioni) si è esibito all’auditorium del Centro culturale Candiani di Mestre, nell’ambito della rassegna “Candiani Groove”, curata come sempre dal locale circolo culturale “Caligola”.
In un unico lungo set di 95 minuti, il concerto è cresciuto brano dopo brano, passando da atmosfere cameristiche ad emozionanti esempi di samba e bossanova, arricchiti da improvvisazioni familiari al linguaggio jazzistico. Il trio ha reinterpretato nove dei dodici brani contenuti nel suo primo CD “Saudade do futuro. Futuro da saudade”, inciso per “Biscoito fino” e distribuito in Italia da “Sud Music”, aggiungendone altri cinque. In apertura “Nesse trem que eu vou”, una composizione di Morelenbaum, che comparirà nel prossimo CD. In primo piano il violoncello, suonato con l’archetto, emette un suono assai nasale, che se all’inizio può apparire strano, man mano che scorre il tempo, diventa via via più familiare all’orecchio, in grado di afferrarne le diverse sfumature. Quando Morelenbaum non espone il tema od improvvisa, per lasciare spazio al solo della chitarra, utilizza il pizzicato alla maniera di un contrabbassista. Barata usa spesso le spazzole, sia nei momenti lenti, che in quelli in cui il samba esplode. Una scelta rivelatasi azzeccata, perché dà modo di essere pulsante, senza sovrastare i due strumenti a corde, pur percuotendo con fermezza, avvalendosi di un set di quattro piatti sospesi, oltre ai tamburi canonici, più un tamborim, un wood block, un caxixi e un ago-go. I brani acquistano in tal maniera brillantezza e colori. Rispetto al CD, l’ascolto dal vivo emoziona di più. Prendendo come spunto un incontro di calcio, in studio i musicisti suonano “a porte chiuse”, mentre dal vivo sentono la vicinanza del pubblico che li stimola e li induce a tirar fuori il meglio di sé.
Rispetto alla versione in studio, in “Retrato em branco e preto” di Tom Jobim e Chico Buarque, Morelenbaum ha iniziato con sonorità cavernose che si sono sviluppate in una lunga, toccante introduzione, per un brano che può sembrare malinconico, triste, ma, a pensarci bene, ha in sé una dolcezza che provoca un senso di gioia in chi ascolta. Come diceva il poeta Vinicius de Moraes, per fare un buon samba ci vuole un “bocado” (una piccola dose) di tristezza, altrimenti non se ne apprezza appieno la bellezza. Il trio ha reso omaggio a Tom Jobim anche in “Brigas nunca mais”, composta in coppia con Vinicius, nell’arrangiamento di Lula Galvao. Il pubblico rimane affascinato, quando Morelenbaum parte per l’improvvisazione, aumentando leggermente la velocità, ben sostenuto dall’accompagnamento dei colleghi. Un solo virtuosistico di chitarra, applauditissimo, fa capolino in “Radames y Pelè”, un omaggio di Jobim a due suoi miti, il compositore Radames Gnattali e Edson Arantes do Nascimento, in arte Pelè, “O Rey do Futebol”. Merita un plauso la scelta di brani poco presenti nei repertori di musica popolare brasiliana (MPB), come “Receita do samba” di Jacob do Bandolim”. Il tema, esposto all’unisono dal violoncello e la chitarra, si arricchisce verso la conclusione di arrembanti breaks con la batteria, finalmente in primo piano ad esprimere ritmo, melodia e tecnica. Il concerto si conclude con un omaggio di Morelenbaum ad Egberto Gismonti, con il quale suonò per la prima volta in Italia tra Imola e Bologna: esegue “Salvador”, un samba accattivante. La platea pretende almeno un bis. E allora ecco “Fla x Flu” di Luizao Paiva, un titolo che indica uno dei derby tra squadre carioca (Flamengo e Fluminense). Dopo un inizio con le spazzole a ritmo di samba, Barata dà vita ad un solo di batteria che riesce a riprodurre il respiro ritmico di un samba-batucada, entusiasmante performance di un gruppo di percussionisti che utilizzano strumenti caratteristici quali Surdo, Repinique, Ago-go, Tamborim ed altri ancora. Barata riesce a fare tutto questo da solo. Il pubblico se ne rende conto, rimane affascinato e non se ne vorrebbe andare. E allora a velocità sostenuta arriva un altro classico della MPB, “Samba de uma nota sò” di Antonio Carlos Jobim e Newton Mendonça, che non potrebbe concludere in maniera migliore un concerto iniziato in orario inusuale (18.20), che ha avuto il merito di mettere di buonumore gli spettatori predisponendoli alla colazione della sera.