Veneto, la regione avvia il negoziato per l’autonomia con il Governo centrale

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Richiesta autonomia veneto Zaia con gli assessori
Zaia: «via libera anche al referendum popolare. O vince Roma o vince il Veneto»

 

Richiesta autonomia veneto Zaia con gli assessoriLa regione del Veneto ha dato il via alle procedure per chiedere maggiore autonomia dal Governo centrale, negoziando un federalismo a geometria variabile in base all’art. 116 della Costituzione, al fine di riconoscere ambiti di maggiore autonomia al Veneto rispetto alle altre regioni a Statuto ordinario, avviando una procedura che, successivamente al negoziato, porterà all’indizione di un referendum consultivo.

La firma del documento inviato al premier Matteo Renzi è del governatore Luca Zaia: «vogliamo un nuovo Veneto, perché quello che conosciamo è quello a cui il centralismo e la burocrazia statali hanno tarpato le ali. Oggi iniziamo a muovere i primi importanti passi lungo quel percorso che da tempo stiamo tracciando con rigore legislativo e istituzionale per creare la nuova, moderna, efficiente casa dei cittadini veneti. Questo non è l’ultimo, è l’unico treno e non intendiamo perderlo. Perché comunque – ha precisato Zaia –, sia che Roma ci dica sì, sia che ci dica no, abbiamo il dovere di sentire il parere dei veneti: vogliamo che il popolo si esprima».

Zaia sottolinea che «è dal 2006 che con provvedimenti di diversa natura la Regione del Veneto chiede a Roma maggiore autonomia e la Legge di Stabilità dello Stato del 2015 fissa un tempo massimo di 60 giorni entro i quali il Governo ha l’obbligo di evadere anche tutte le istanze pregresse. Ma nella capitale nulla si è mosso. Noi non ci siamo scoraggiati e come Giunta abbiamo deciso di rilanciare questa ormai storica richiesta, ispirandoci a un modello che si chiama Trento e Bolzano, dove i nove decimi delle tasse rimangono lì e dove non esiste un residuo fiscale, cioè la differenza tra tasse versate allo Stato e il ritorno di risorse nel territorio, di oltre 20 miliardi all’anno, come purtroppo accade nel Veneto. Venti miliardi che lo Stato ha interesse a lasciare nell’attivissima realtà veneta in quanto ne producono 60  in termini di Pil».

Zaia ha ringraziato il professor Luca Antonini e il comitato che ha lavorato con lui al  progetto di autonomia, nel cui ambito rientra il referendum consultivo al quale la Corte Costituzionale, lo scorso anno, ha dato il via libera. «Abbiamo fatto – ha spiegato il docente – un lavoro enorme in tempi rapidi, con un censimento puntuale di tutto ciò che blocca, a livello di burocrazia, il Veneto, che può contare su un tessuto imprenditoriale e sociale straordinario e su un’Amministrazione regionale efficiente. Un censimento scientifico di tutti i punti deboli, per farli diventare dei punti forti». Antonini ha poi quantificato in 60 miliardi l’incremento di Pil che deriverebbe lasciando al Veneto i 19,4 miliardi derivanti dall’autonomia. «E’ il più grande investimento che lo Stato italiano può fare», ha dichiarato, prima di citare alcuni esempi. «I fondi per le imprese gestiti a Roma – ha detto – non funzionano più, perché lì non conoscono il nostro territorio. E la sanità veneta non ha paragoni internazionali, come ci dicono i dati Ocse, per cui bisogna investire e sarebbe invece assassinare la sanità del Veneto se, in applicazione della riforma Madia, che fa scegliere a Roma i dirigenti, arrivassero qui ad esempio i dirigenti della Calabria». Quanto alla tecnica giuridica adottata per la richiesta di autonomia, il professore ha spiegato: «chiediamo di utilizzare al massimo, nella bozza di 60 articoli inviata al Governo per la negoziazione, quanto consente l’articolo 116 della Costituzione. Lo Stato spenderebbe meno, perché ci assumeremmo noi la spesa, e l’effetto sarebbe virtuoso per tutt’Italia. La riforma Boschi dell’articolo 116? Non è ancora passata. Ma, se, come non mi auguro, dovesse passare, ricalibreremmo il progetto sulle possibilità lasciate dal nuovo 116 depotenziato sulle materie concorrenti».

Zaia ha firmato la nota ufficiale che, con posta certificata, è stata immediatamente inviata al presidente del Consiglio Matteo Renzi, insieme alla delibera approvata dalla Giunta regionale. «Parte il conto alla rovescia, scattano i sessanta giorni entro i quali il Governo deve esprimersi nel merito – ha spiegato il governatore – e poi, piaccia o non piaccia, i Veneti andranno alle urne. Siamo talmente seri che abbiamo già stanziato i primi due milioni di euro per la consultazione che, nelle nostre intenzioni, andrebbe effettuato in un “election day”, presumibilmente il prossimo ottobre, insieme al referendum popolare sulla cosiddetta riforma Boschi».

«Questa non è un’iniziativa populista e demagogica, come molti cercano ancora di dipingere – prosegue Zaia –, ma un processo legittimo e rispettoso delle normative vigenti. E non ha un colore politico. E’ un progetto che, come disse l’allora Capo dello Stato, Giorgio Napolitano, parlando di federalismo, equivale a una vera assunzione di responsabilità. Sia chiaro: noi a questa sfida ci crediamo, ci stiamo muovendo con concretezza, non stiamo creando illusioni ma stiamo costringendo chi ha la responsabilità politica e di governo di dare finalmente una risposta alla forte e ormai storica domanda di autonomia della gente veneta».

«Se nella capitale prediligono il modello greco a noi piace quello tedesco dei länder – ha concluso Zaia –. Per la prima volta nella storia i veneti potranno votare per decidere sulla propria autonomia: o vince Roma o vince il Veneto. E se, a ottobre passerà il referendum, con una legge ordinaria nei primi mesi del 2017 avremo un’autonomia differenziata». 

Zaia ha risposto anche a chi critica la procedura scelta per la richiesta di maggiore autonomia: «non condivido l’idea di chi dice che l’autonomia cannibalizza l’indipendenza o viceversa. In Europa c’è un esempio chiaro di legalità, in tal senso: la Scozia, che ha avuto l’autonomia e poi ha avuto la possibilità di fare il referendum sull’indipendenza. La Catalunya non ha ancora avuto questa possibilità e il nuovo governatore lo ha annunciato per il 2018: speriamo di riuscirci allora prima noi. Perché non dimentichiamo assolutamente – ha concluso Zaia – il popolo indipendentista, che spero capisca la grande opportunità offerta da questo referendum».

A ottobre, sulla base della scaletta di Zaia, si svolgerà il referendum, «se possibile in concomitanza con quello confermativo sulla riforma costituzionale in fase di approvazione finale al Parlamento». A novembre, se la consultazione popolare ha esito positivo, la Regione Veneto avvia l’iter per il riconoscimento al Veneto «di ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia», cioè una maggiore autonomia legislativa e amministrativa «nelle materie oggetto del negoziato, con le relative risorse finanziarie». Nel 2017 l’iter disegnato dal governatore si conclude con una legge dello Stato che riconosce la maggiore autonomia legislativa, amministrativa e finanziaria.

Ben venga un confronto istituzionale serio, ma non siamo disponibili a perdere tempo in discussioni propagandistiche e strumentali. Lo ha detto il sottosegretario agli Affari regionali Gianclaudio Bressa, commentando le parole del presidente del Veneto Zaia sull’autonomia del Veneto. «Dopo nove anni dalla prima delibera regionale, il presidente Zaia, che nel frattempo è stato anche vice presidente della sua Regione nonché ministro della Repubblica, per la prima volta, è riuscito a presentare una proposta organica nel rispetto di quanto ad oggi consente il dettato costituzionale attraverso il III comma dell’art.116 della Costituzione, a cui speriamo voglia dar seguito e non lasciarla cadere come nel 2008. In questa cornice, come Zaia sa bene, la consultazione per costruire l’Intesa è con il governo. E noi siamo aperti. Non serve alcun referendum». «E’ quanto meno illogico – ha proseguito Bressa – chiamare i cittadini del Veneto a votare nello stesso giorno sulla riforma costituzionale approvata dalle due camere e sull’autonomia che la Costituzione vigente già consente. In più, se come noi pensiamo il referendum confermerà la riforma costituzionale, il quesito sull’autonomia si troverebbe privo di ancoraggio in quanto legato ad una norma nel frattempo decaduta. Allo stesso modo, è quanto meno irresponsabile evocare paragoni con il modello delle Province autonome di Trento e Bolzano, sapendo perfettamente che il Veneto non ha le medesime competenze primarie attribuite alle regioni a statuto speciale. Un esempio per tutti gli enti locali. A Zaia consiglio dunque un esercizio di ragionevolezza e di serietà: avvii la consultazione con il governo rispetto alle richieste presentate nella proposta e risparmi agli italiani inutili costi referendari. Ne guadagnerà anche in termini di propaganda», conclude la nota.Richiesta autonomia veneto zaia lettera al governo