Senza Schengen, maggiori costi per l’economia italiana fino a 10 miliardi di euro

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Secondo l’Associazione artigiani di Mestre i maggiori danni a carico del comparto autotrasporto

 

blocco tir protesta 2Nella malaugurata ipotesi che i Paesi dell’Ue decidessero di ripristinare i controlli ai confini per contrastare la pressione migratoria dei profughi provenienti dal SudEst dell’Europa, per l’economia italiana si potrebbe verificare una ricaduta economica negativa fino a 10 miliardi di euro all’anno.

Il settore colpito per primo, ovviamente, sarebbe l’autotrasporto. I Tir vedrebbero allungarsi notevolmente i tempi di ingresso/uscita alle frontiere, con un conseguente aumento del prezzo delle merci importate/esportate e delle ricadute macro economiche che interesserebbero il Paese: come, ad esempio, la riduzione del potere d’acquisto delle famiglie e il calo dei consumi interni. A fronte di questo “disagio”, i costi derivanti dall’aumento dei prezzi oscillerebbero tra i 4,8 e i 9,8 miliardi di euro all’anno.

I turisti giornalieri e del fine settimana, invece, potrebbero decidere di non trascorre qualche giorno di vacanza in Italia a causa del ripristino dei controlli e dei tempi di attesa: il danno per la bilancia turistica del Belpaese varierebbe tra i 233 e i 465 milioni di euro l’anno. Infine, i lavoratori frontalieri che ogni giorno dovrebbero rimanere in fila per attraversare il confine, subirebbero un costo variabile tra i 53 e i 105 milioni di euro. 

A stimare gli effetti economici che potrebbe dar luogo l’eventuale sospensione di Schengen (complessivamente tra i 5,1 e i 10,3 miliardi di euro pari ad un impatto sul nostro Pil variabile tra lo 0,3 e lo 0,6 per cento) è stato l’Ufficio studi della Cgia di Mestre che ha ipotizzato 2 scenari: uno con controlli meno invasivi, l’altro con un’attività della polizia di frontiera più rigorosa che si tradurrebbero in un aumento dei tempi d’attesa per coloro che devono attraversare i confini. 

Per coordinatore dell’Ufficio studi della dell’Associazione artigiani mestrina, Paolo Zabeo, «le cronache riportano che dallo scorso gennaio la riattivazione dei controlli voluta dalla Svezia sul famoso ponte Oresund, quello che collega Copenaghen a Malmo, ha allungato i tempi di percorrenza di quasi un’ora, con un costo per i pendolari di circa 150.000 euro al giorno. Il blocco a singhiozzo attivato in questi ultimi mesi dal Belgio sui confini francesi, invece, ha allungato le code di 30 minuti. Attese, ovviamente, che penalizzano soprattutto le aziende di autotrasporto che si sobbarcano interamente questi costi aggiuntivi».

«Senza l’accordo di Schengen – chiosa il segretario  della Cgia Renato Mason – l’Europa non sarebbe più la stessa e non potremmo più parlare di mercato unico. In buona sostanza ritorneremmo indietro di 20 anni, con il dubbio che dopo lo stop alla libera circolazione delle merci e delle persone prenda sempre più corpo la decisione di eliminare anche la moneta unica».

L’analisi dell’Ufficio studi Cgia sull’impatto dell’eventuale sospensione di Schengen (accordo sulla libertà di circolazione entrato in vigore nel 1995 e che attualmente coinvolge 26 paesi, 22 dell’UE e 4 non UE), prende spunto dalla pubblicazione di due studi: lo studio francese “The economic cost of rolling back Schengen” redatto da “France Stratégie” consultivo del governo francese e lo studio tedesco “Abkehr vom Schengen-Abkommen” realizzato dal centro studi Prognos AG per conto di Bertelmann Stiftung.

La valutazione dell’Ufficio Studi Cgia sugli effetti che potrebbero derivare dalla reintroduzione dei controlli alle frontiere con la sospensione di Schengen considera 3 effetti:

  • la contrazione della spesa dei turisti dei paesi appartenenti all’area di Schengen in Italia (indicatore “Minore spesa dei turisti internazionali”) per la quale è stata adottata la metodologia dello studio francese con alcune variazioni;
  • il maggior costo subito dai frontalieri italiani che si recano in Svizzera per lavoro, indicatore “Costo sostenuto da lavoratori frontalieri”; anche in questo caso è stata considerata la metodologia francese con alcuni accorgimenti;
  • la mancata crescita derivante da un aumento dei prezzi all’importazione, indicatore “Minore crescita da aumento prezzi importazioni”; per questa variabile è stato preso a modello lo studio tedesco che stima i costi per l’Italia e per gli altri paesi europei: si è scelto di lasciare inalterato lo scenario 1 (incremento prezzi pari all’1%) ma di ridurre l’incremento previsto dallo scenario 2 (dal 3% al 2%).

Ebbene, una minore spesa dei turisti nel nostro paese che potrebbe oscillare tra il 4% e l’8%, comporterebbe  un costo annuo variabile tra i 233 e i 465 milioni di euro all’anno. Per i lavoratori frontalieri, l’introduzione dei controlli alla dogana potrebbe comportare dei ritardi nell’attraversamento  del confine tra i 10 e i 20 minuti al giorno. Queste code potrebbero dar luogo ad un costo annuo tra i 53 e 105 milioni all’anno. Infine, ipotizzando che la reintroduzione dei controlli delle merci potrebbe dar luogo a un forte allungamento  dei tempi di attraversamento delle frontiere con la Francia, l’Austria, la Svizzera e  la Slovenia,  queste ipotesi darebbero luogo ad una perdita media annuale del nostro Pil tra i 4,8 e i 9,7 miliardi di euro all’anno.

L’impatto complessivo di questi tre fattori potrà avere un effetto compreso tra 0,3 e 0,6 punti percentuali del Pil, spaziando da 5,1 a 10,3 miliardi di euro all’anno.cgia effetti abolizione schengen