Il fenomeno è particolarmente grave per i lavoratori dipendenti e i soggetti con tassazione alla fonte e pesano in media per il 31% dei contributi versati da una famiglia tipo
Nel 96% dei casi le tasse che gravano sulle famiglie dei lavoratori dipendenti vengono prelevate alla fonte, ovvero dalla busta paga o sono incluse nei beni o nei servizi che vengono acquistati. Solo il 4% è versato al fisco consapevolmente, vale a dire attraverso un’operazione di pagamento presso uno sportello bancario o postale. A fare i conti ci ha pensato l’Ufficio studi della Cgia di Mestre che per il 2016 ha calcolato in 17.000 euro il carico fiscale complessivo che graverà su una famiglia tipo composta da due lavoratori dipendenti (marito e moglie) con un figlio a carico.
L’obiettivo dell’analisi intende dimostrare che il prelievo effettuato con il sostituto di imposta origina un rapporto tra il fisco e i lavoratori dipendenti molto diverso da quello intrattenuto dai lavoratori autonomi che, per loro natura, sono chiamati a pagare in misura consapevole la gran parte del proprio carico fiscale, fatto che determina un’insofferenza nei confronti delle tasse molto superiore a quella manifestata dai dipendenti.
«Nel momento in cui ci rechiamo in banca o alle poste per pagare il bollo dell’auto, la Tari o l’Imu – segnala il coordinatore dell’Ufficio studi dell’Associazione artigiani mestrina, Paolo Zabeo – psicologicamente percepiamo maggiormente il peso economico di questi versamenti rispetto a quando subiamo il prelievo dell’Irpef o dei contributi previdenziali direttamente dalla busta paga. Nel momento in cui mettiamo mano al portafoglio prendiamo atto dell’entità del pagamento e di riflesso scatta una forma di avversione nei confronti del fisco. All’opposto, quando i tributi vengono riscossi alla fonte, l’operazione è astrattamente meno indolore, perché avviene in maniera automatica».
Sebbene la pressione fiscale sia impercettibilmente in calo, secondo la Cgia rimane ancora troppo elevata e, indipendentemente dalla forma del prelievo, va assolutamente abbassata. Secondo il segretario degli artigiani di Mestre, Renato Mason, «gli ultimi dati disponibili ci dicono che in Italia la pressione fiscale è di oltre 4 punti percentuali superiore a quella tedesca, di 6 punti rispetto a quella olandese, di 9 nei confronti di quella spagnola e di oltre 13 se la comparazione viene eseguita con quella irlandese. E’ ovvio come con questi gap sia difficile competere in campo internazionale. Soprattutto per le nostre piccole imprese che oltre a pagare troppe tasse sono penalizzate anche da un sistema paese poco sensibile alle loro esigenze».
Ritornando ai dati elaborati dall’Ufficio studi della Cgia, emerge che il prelievo fiscale si suddivide in 3 grandi capitoli:
il prelievo “alla fonte”. Con questa disposizione la famiglia tipo versa il 65% del totale del carico fiscale annuo (pari a 11.098 euro). Rientrano in questa categoria i versamenti dei contributi previdenziali Inps, Irpef e le addizionali regionali e comunali Irpef;
le tasse “nascoste”. Ogni qual volta che si fa il pieno all’automobile e si paga le bollette di luce e gas, ci si fa carico anche delle accise, senza contare le imposte che vengono “inglobate” nel momento in cui si rinnova l’assicurazione dell’auto e si paga i bolli dei conti correnti e i dossier titoli. Inoltre, un peso importante per le tasche dei contribuenti ce l’ha l’Iva che viene versata ogni volta si acquista un bene o un servizio. Da quest’anno, infine, il canone Rai non si pagherà più allo sportello, ma sarà “spalmato” sulla bolletta elettrica. Le tasse nascoste pesano sulla famiglia tipo per 5.230 euro (31% del totale);
le tasse “consapevoli”. Ormai sono ridotte al lumicino: da quest’anno solo il bollo auto e la Tari costringono la famiglia di dipendenti a mettere mano al portafogli per un importo di 696 euro (pari al 4% del totale).