Prezzo del latte, è allarme rosso tra gli allevatori

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Pan: «il prossimo vertice europeo presenteremo proposte concrete per evitare la chiusura delle stalle, 3.300 nel solo Veneto»

 

mungitura vacca mucca a mano latte 2Il continuo ribasso del prezzo del latte liquidato agli allevatori, specie quelli di montagna che devono sostenere maggiori costi di produzione rispetto a quelli di pianura, ha fatto scattare l’allarme rosso tra i produttori e gli amministratori locali.

«L’accordo sul prezzo del latte è scaduto la settimana scorsa e per i 3.300 produttori veneti si profila il rischio di dover chiudere le stalle se il governo italiano non riuscirà a strappare alla prossima riunione del consiglio europeo dell’Agricoltura un intervento di sostegno» afferma l’assessore all’agricoltura della Regione Veneto Giuseppe Pan che torna ad alzare la voce in merito alla crisi del settore lattiero-caseario, in vista del vertice dei ministri dell’Agricoltura dei 28 paesi Ue, in programma lunedì prossimo a  Bruxelles.

Il problema è generale e interessa tutti gli allevatori, che si vedono liquidare anche meno di 30 centesimi al litro franco stalla, un livello che non copre assolutamente i costi di produzione. «La crisi ha una dimensione europea e può essere affrontata solo  su scala europea: il prezzo del latte alla stalla è ormai inferiore ai costi di produzione non solo per i produttori italiani, ma anche  per alcuni dei nostri competitors, come i colleghi bavaresi. Con il latte pagato ora dalle grandi industrie meno di 30 centesimi al litro, cioè 11-12 centesimi in meno di quanto costa produrlo, gli allevatori possono solo chiudere i battenti e abbattere i loro capi» conferma Pan che al ministro Maurizio Martina ha consegnato un dossier con i dati della crisi del settore in Veneto, e con le misure richieste, da produttori, associazioni di categoria e Regione, per salvare un settore che vale il 10% della produzione di latte italiano e il 17% dei formaggi d’origine protetta.

«Gli interventi possibili, sui quali il governo italiano dovrebbe investire tutta la propria azione di pressing e capacità di alleanza sui tavoli europei – riassume Pan –  sono 1) la tracciabilità di filiera e l’etichettatura; 2) il rafforzamento delle norme per una effettiva organizzazione e rappresentatività del settore, anche ai fini di una vera contrattazione e indicizzazione del prezzo; 3) la revisione del regime “de minimis”, perché in una situazione di crisi generalizzata la soglia degli aiuti alle imprese consentiti in deroga alla libera concorrenza  dovrebbe essere raddoppiata, come si fece nel 2008; 4) il potenziamento della promozione del prodotto verso i paesi extra Ue; 5) la diminuzione del limite del 30%, compatibilmente con il WTO, per la soglia di danno nella gestione del rischio».

Nel solo 2015 gli allevamenti di mucche da latte che hanno chiuso l’attività nel trevigiano sono stati 135, su un totale veneto di 431. I dati, resi noti dall’agenzia Aprolav, sono stati al centro di un confronto promosso da Confagricoltura e Cia che ha visto riunirsi, a Vedelago, circa 150 allevatori provenienti da varie province della regione. «Condividiamo la preoccupazione dei produttori – ha detto Fabio Curto, presidente della sezione lattiero casearia di Confagricoltura Veneto – dato che il latte viene attualmente pagato anche 30 centesimi al litro a fronte di un costo di produzione di 42 e nonostante l’accordo siglato a fine 2015 tra industrie e agricoltori al ministero delle Politiche agricole, che aveva fissato il prezzo a 36 centesimi. Ad aggravare il quadro – ha aggiunto – va considerata la contrazione del consumo di latte stimata, in Europa, attorno al 5% a fronte di un’eccedenza di produzione che si attesta sul 4%». Gli allevatori hanno rivolto un appello alle forze della politica affinché «siano attuate misure-tampone per fronteggiare l’emergenza ed elaborata una strategia, attraverso aggregazioni di soggetti produttori e trasformatori, volta a far tornare centrale nel paese l’economia del settore lattiero caseario».

Spazi per nuove risorse finanziarie non ce ne sono, ma a Bruxelles è aperto il cantiere per “costruire” strumenti anticrisi destinati in particolare ai settori lattiero caseario e delle carni suine. Il commissario europeo alle politiche agricole, Phil Hogan, nel suo intervento a Strasburgo alla commissione Agricoltura dell’Europarlamento, ha assicurato che nelle prossime settimane calerà sul tavolo un pacchetto anticrisi. Le prime proposte dovrebbero essere presentate già al prossimo Consiglio dei ministri agricoli il 14 e 15 marzo prossimi, poi la discussione si sposterà all’Europarlamento e si dovrebbe così arrivare a un pacchetto latte-bis (ma si affronteranno anche altre emergenze a partire dall’ortofrutta). 

Il primo piano latte, varato per garantire un atterraggio morbido del dopo quote con una consistente dote finanziaria di oltre 400 milioni, non ha funzionato. E oggi il settore del latte, con l’exploit produttivo che ha provocato il crollo dei prezzi in Europa, è vicino al collasso. In Italia c’è stato l’ennesimo tonfo della quotazione spot a Verona scesa a 27 centesimi al litro. In questo quadro potrebbero prendere forma strumenti di gestione dell’offerta per ridurre i quantitativi di latte e dare un po’ di respiro ai prezzi. 

Sulla linea dei contributi per disincentivare la produzione è schierata la Francia. Molte paesi, tra cui l’Italia, chiedono il raddoppio degli aiuti “de minimis” (da 15.000 a 30.000 euro). I paesi del Nord spingono anche su azioni di promozione per aprire nuovi mercati e interventi di sostegno all’export. L’Italia insiste sull’etichettatura con l’indicazione dell’origine della materia prima. Secondo la relazione italiana si tratta di una richiesta dei consumatori e tale indicazione in altri prodotti non ha danneggiato la libera circolazione. Ma su questo capitolo ha espresso già la sua contrarietà il Lussemburgo. Il ministro delle Politiche agricole, Maurizio Martina, ha anche sollecitato misure per rafforzare il potere contrattuale dei produttori e campagne di promozione per il latte fresco su larga scala promosse direttamente dalla Ue e infine un aumento dei quantitativi dello stoccaggio privato dei formaggi. 

Intanto su alcuni punti ci sarebbe già lo stop della Commissione. L’aumento del prezzo di intervento è stato bollato dal commissario «uno strumento inadeguato, che invece di far diminuire la produzione avrebbe l’effetto opposto». Hogan è invece favorevole allo «sviluppo di uno strumento di credito all’export per sostenere e incoraggiare i prodotti agroalimentari». Un fatto certo è che finanziamenti extra budget non ce ne sono. Di utilizzare gli incassi delle multe latte non se ne parla, per Hogan appartengono al passato. Un invito è stato rivolto agli stati membri a rimodulare i Piani di sviluppo rurale in funzione anti crisi.