2015, l’Istat conferma la crescita molto difficoltosa del Paese

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Dopo tre anni di calo, il Pil è aumentato dello 0,8%. Festeggia il Governo, mentre le opposizioni richiamano alla realtà di una situazione sempre più difficile

 

pil lavori in corsoDopo tre anni di continui cali, il Pil del Belpaese è tornato a fare segnare un segno positivo, piccolo e risicato, ma pur sempre positivo. Con una crescita dello 0,8% nel corso del 2015, il Governo Renzi ha brindato, anche se i sogni di gloria sono ancora ben lontani.

Secondo l’Istat nel 2015 il Pil, ai prezzi di mercato, è stato pari a 1.636.372 milioni di euro correnti, con un aumento dell’1,5% rispetto all’anno precedente. I dati disponibili per i principali paesi sviluppati indicano un aumento del Pil in volume negli Stati Uniti (2,4%), nel Regno Unito (2,2%), in Germania (1,7%) e in Francia (1,2%).

Dal lato della domanda interna nel 2015 si registrano, in termini di volume, variazioni positive nei consumi finali nazionali (0,5%) e negli investimenti fissi lordi (0,8%). Per quel che riguarda i flussi con l’estero, le esportazioni di beni e servizi sono aumentate del 4,3% e le importazioni del 6,0%.

La domanda interna ha contribuito positivamente alla crescita del Pil per 0,5 punti percentuali (1,0 al lordo della variazione delle scorte) mentre la domanda estera netta ha fornito un apporto negativo per 0,3 punti. A livello settoriale, il valore aggiunto ha registrato aumenti in volume nell’agricoltura, silvicoltura e pesca (3,8%), nell’industria in senso stretto (1,3%) e nelle attività dei servizi (0,4%). Le costruzioni hanno invece registrato un calo dello 0,7%.

Il Pil in volume – ha spiegato l’Istat – resta ancora al di sotto del livello registrato nel 2000. La crescita del Pil è stata accompagnata nel 2015 da un incremento significativo delle importazioni di beni e servizi (+6%) l’insieme delle risorse disponibili, misurate in termini di volume, è aumentato rispetto all’anno precedente dell’1,9%. Dal lato degli impieghi si è registrato un aumento dello 0,8% degli investimenti fissi lordi e dello 0,5% dei consumi finali nazionali. Il contributo alla variazione del Pil della domanda nazionale al netto delle scorte è risultato positivo per 0,5 punti e quello della variazione delle scorte ha contribuito per altri 0,5 punti, mentre la domanda estera netta ha fornito un apporto negativo per 0,3 punti percentuali.

L’indebitamento netto delle amministrazioni pubbliche, misurato in rapporto al Pil, è stato pari al -2,6%, a fronte del -3,0% del 2014. L’avanzo primario (indebitamento netto meno la spesa per interessi) misurato in rapporto al Pil è stato pari all’1,5% (1,6% nel 2014). In valore assoluto l’indebitamento è di 43.101 milioni di euro, in diminuzione di oltre 5,5 miliardi rispetto a quello dell’anno precedente. Il saldo primario (indebitamento netto al netto della spesa per interessi) è risultato positivo e pari a 25.326 milioni di euro. Il saldo di parte corrente (risparmio o disavanzo delle Amministrazioni pubbliche) è stato positivo e pari a 16.336 milioni di euro, a fronte dei 4.408 milioni del 2014. Tale miglioramento è il risultato di un aumento delle entrate correnti di circa 6,4 miliardi di euro e di una diminuzione delle uscite correnti di circa 5,6 miliardi. 

Festeggia la maggioranza: «gli indicatori sulla situazione economica diffusi oggi dall’Istat sono concordanti e danno un messaggio univoco: l’Italia non è più il malato d’Europa ma un Paese in crescita e in cambiamento – afferma Debora Serracchiani, vicesegretario nazionale del Pd e presidente della regione Friuli Venezia Giulia -. Abbiamo dimostrato che la battaglia per la crescita che stiamo conducendo in Europa è fondata su elementi oggettivi: stimolare la crescita consente di ridurre la pressione fiscale e risanare i conti pubblici».

Per l’opposizione interviene l’economista e capogruppo di Forza Italia a Montecitorio Renato Brunetta, secondo il quale «con la pubblicazione dei dati Istat è saltata la politica economica del governo Renzi, se mai ce n’è stata una. È ormai certo che la crescita nominale del Pil italiano nel 2016 sarà minore della metà, se non addirittura un sesto di quella prevista dal governo. Non avremo infatti il 2,6% contenuto nella “Nota di aggiornamento al Def”, dato da una crescita reale dell’1,6% e dall’inflazione all’1%, ma al massimo, sulla base dei dati ad oggi disponibili, dello 0,4% – sottolinea l’esponente azzurro -. Perché la crescita reale sarà non più dell’1% e l’inflazione acquisita è già di -0,6%. Sei i dati verranno confermati, sarà una vera e propria tragedia». Per Brunetta «il governo dovrà rifare, quindi, tutti i conti e servirà una manovra correttiva tra 5 e 10 miliardi in primavera e un’altra manovra monstre di almeno 40-50 miliardi ad ottobre» per aggirare le clausole di salvaguardia già approvate. «I numeri sono allarmanti, ma ancor più grave è l’atteggiamento del presidente (si fa per dire) Renzi: che la congiuntura economica andasse male si sapeva già da mesi, ma lui ha voluto giocare comunque d’azzardo, facendo una “Legge di stabilità” tutta in deficit per comprarsi il consenso, basata su stime di crescita irrealizzabili» conclude Brunetta.